Racconti nella Rete 2009 “Scala reale” di Bettina Bartalesi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009
Ore 12.00. Piombino porto.
Alfredo, quarantun anni, sta guardando il tizio che gli sta davanti e si domanda se sia meglio alzare i tacchi o fargli assaggiare il destro di uno che scarica casse al molo da quindici anni.
(Alfredo non fare così…)
-Di chi cazzo è questa voce? Taci o mi tappo le orecchie!-.
L’uomo dall’altra parte del vetro –cassa 01-, continua a scuotere la testa. Ha una valenza negativa quel suo modo di fare che ad Alfredo gli sta proprio sulle scatole.
<<Non posso signore>>, dice il cassiere, <<il conto è scoperto. Se ha un attimo di pazienza le chiamo il direttore>>.
(Pazienza? Cos’è la pazienza Alfredo? Io dico che l’hai finita, poi…fai te!)
<<La pazienza è a zero!>>, risponde Alfredo <<…sta peggio del conto corrente, anzi, uguale al fondo di bottiglia del tizio che sta seduto qui fuori, sulle scale. La pazienza è in astinenza…>>.
A me servono duemila euro per stasera. Loro non aspettano. Sono stati chiari che di più chiaro c’è solo la morte.
<<Lascia stare bello!>>, dice Alfredo che gira i tacchi e si dirige all’uscita.
Fuori. Il tempo è visibilmente cambiato, la stagione turistica è chiusa e a inizio ottobre le mareggiate possono uscire fuori dagli abissi come bestie in corsa dalle gabbie.
Una tipa, trent’anni, gli passa d’accanto avvolta in un tailleur nero fumo, calze grigio topo, scarpe rosso sangue. Che culo! Esclama Alfredo a voce così alta che quella si gira e lo fulmina con lo sguardo.
(Giornataccia, oggi!)
-Ti ho detto di tacere. Non hai capito che non ti ascolto?-
Giù al porto…
Ieri, l’ennesima partita. La fortuna girava dalla mia e non c’erano santi a proteggere nessuno, e nemmeno demoni. La sala galleggiava nel fumo che uccide, ma meglio della noia che prima ti spappola il cervello. Gli ultimi fogli da cento li ho stesi sul tavolo, gli assi mi strizzavano l’occhio dentro la mano destra ed erano in quattro, mentre io con la sinistra mi strizzavo qualcos’altro. Il tipo a me di mano aveva la faccia di chi c’ha una doppia coppia e anche di uno che scopa poco. Occhi suini, capelli appiccicati alla pelle color mare in risacca –sempre un po’ oleoso-. L’altro, baffi e orecchie a punta, sedeva con lo sguardo tipico di chi non c’ha un cazzo.
Venti minuti prima…è entrato lui però, che a differenza del primo c’aveva l’aria di chi scopa, e pure parecchio.
<<Chi è?>> ho chiesto a Seneca, barman che organizza gli incontri, insieme a martini e ghiaccio.
(Quello, lì è nero nell’anima! Lascia perdere Alfredo.)
-Parli, parli…ma qui comando io-.
Seneca ha alzato le spalle, come per dire “che ne so io…”, e invece secondo me lo sapeva benissimo. E’ entrato nel bar e le mani hanno iniziato a prudermi. Barba di tre giorni, Cohiba tra i denti, e collo del maglione fin sopra la gola, sul tavolo acqua tonica. Da lì avrei dovuto capire che era uno che si voleva tener sveglio fino a notte fonda. Si è seduto al nostro tavolo e ha lanciato la partita. Ti mangio…come un pesce lesso; ti spacco le ossa come a un pollo perché qui, tu non ci dovevi venire. Questo è territorio mio!
No, non può avermi letto nel pensiero, ma giuro che i suoi occhi neri mi hanno trapassato da parte a parte quando ha buttato una scala reale con la faccia più indifferente che io avessi mai visto.
Seneca si è avvicinato….<<Basta Alfredo! Va’ a casa che è meglio>>.
<<Meglio un cazzo! Che ore sono?>>, ho risposto io.
Ha guardato l’orologio Seneca. <<Le tre del mattino>>.
<<Bene, tra un’ora torno!>>.
Ho fatto un giro veloce lungo il porto; c’era solo un gatto che frugava nella spazzatura. Nemmeno la luna c’era a illuminarmi i passi. Al vicolo di Case Chiuse ho bussato al bandone.
<<Che vuoi ancora?>>
<<Me ne servono altri cinquecento>>. Una risata ha fatto il giro di mezzo porto vecchio, poi è tornata lì a farci compagnia.
<<No bello….Cinquecento son passati tre ore fa. Tu ci porti il resto domani e hai chiuso>>.
(Gira il culo Alfredo, prima che a questo gli parta il nervo…hai sentito?)
-Niente ho sentito!-
<<Cinquecento ora. Lo capite? Sì o no?>>.
<<Hai perso ancora…e non sono soldi tuoi!>>.
Orso, due spalle come un tir, cicatrici fin dentro l’ano mi ha afferrato per la gola e mi ha puntato il coltello nel fianco, tanto per spaventarmi.
<<Duemila, entro domani. Sparisci!>>.
Ho fatto per andarmene: <<Oheee Alfredo…che non ti venga in mente di scappare. Che tanto sappiamo dove stai di casa>>.
Il gioco delle carte…una brutta bestia, ora vado a letto però, perché la testa mi scoppia, domani passo in banca e rimedio a sto casino del menga! Poi, ho chiuso…
(E chi ci crede Alfredo?)
-Come la notte, solo come il gatto lungo il vicolo, solo. Sono SOLO, tu non ci sei. Non ti sento-.
Sogni.
Meglio non pensare. A barba da tre giorni dovevo stargli lontano. L’aria si è fatta pesante e quasi non riesco a respirare. Puzzo di fumo come un coscio allo spiedo. I mobili li devo cambiare prima o poi, ma nella poltrona finta sky s’è formata la parte migliore di me, il mio fondoschiena, e quando torno da lei mi accoglie senza troppi giri di parole. A barba da tre giorni però se lo becco gliela faccio pagare. Mi calano le palpebre…la doccia la faccio domattina.
(Dormi che è meglio Alfredo…dormi e non pensare!)
-Ho sonno…ma se ti fai vedere nei miei incubi ti sparo in mezzo agli occhi. Intesi?-
(Intesi Alfredo…ora però dormi.)
La notte concede spazio solo a timidi, buoni propositi finché le braccia diventano pesanti da non sentirli più e qualcuno viene a prenderseli! Gli incubi però mai.
Orso è tornato e mi spinge in ginocchio sopra l’asfalto, dietro a un furgone adibito al trasporto di pesce. Il puzzo si sente da fuori e so che da questa posizione nessuno può vedermi. Mi punta il coltello alla gola: <<Caccia fuori i soldi o ti apro il collo in due…che pensavi non ti trovavo?>>. Come fare a dirgli che ho sbagliato? Altro tempo mi serve…
<<Ho sbagliato Orso!>>.
<<E a me che me frega? Dove stanno i soldi?>>.
Gli incubi sono lupi insaziabili e se c’hai la coscienza sporca non esiste appiglio per il risveglio.
Ho sudato. Mi sono sciolto letteralmente nella mia paura più grande, quella di morire e adesso ci sguazzo dentro come a una grande pozza.
Al porto non ci posso tornare. Guarda un po’ come si riduce un disgraziato! Che ci sta a fare questo davanti alla banca? E’ ubriaco da non reggersi in piedi. Tra poco, la filiale chiude. Quasi, quasi mi siedo anch’io sugli scalini e aspetto. Aspetto che mi venga un’idea. Ci sarà un’idea da qualche parte…
(Strizza bene il cervello…Alfredo e fattene venire una da Dio…)
-Sshhh!! Voglio silenzio, per favore-.
I dipendenti della banca escono in pausa pranzo…dentro ci dev’essere rimasto solo il direttore. Vedi te, chi torna indietro? Lei… due fianchi da paura e tiene una borsa scura in spalla. Un’erezione improvvisa preme contro i pantaloni. Alfredo cerca di nasconderla e si gira verso il barbone che se ne sta seduto sullo scalino, due metri più in là. Anche lui si volta a guardare il tailleur che ancheggia come una barca in mezzo al mare.
<<Bella ehh?>>, dico a “faccia da mummia e vermouth” che si è pure leccato i baffi per l’eccitazione. Quella però -quando meno me lo aspetto-, si volta e gli ricambia lo sguardo.
Ohhh che siamo matti? A me mi ha fulminato, mezz’ora prima, e a questo poco ci manca che gli fa l’occhiolino. Si dirige all’ingresso della banca come se cavalcasse una passerella. Il tipo si è alzato per seguirla. Tiene la bottiglia vuota dentro il sacchetto carta-pane, se non che lo lascia scivolare lungo il fianco e adesso è entrato, pure lui. Da fuori non vedo granché, solo un riflesso scolorito di un paio di mani alzate, dietro il vetro tirato a lucido. Stanno davanti alla cassa 01, il tipo di stamani: <<se ha pazienza le chiamo il direttore…>>.
Lo vedo…di fianco è accorso il direttore. Cazzo! Una rapina!
Chiamo aiuto? Mi getto dentro al bar qui davanti e urlo “C’è in atto una rapina!”, no, chiamo i carabinieri e scappo….anzi, entro dentro e faccio casino.
Uno stridere di freni mi blocca i pensieri. Auto nera, niente targa, modello BMW. Meno di un minuto –si abbassa il finestrino vetro scuro-, mentre un revolver mi prende le misure da dieci metri di distanza. Barba da tre giorni, mi punta contro una T65 e ha lo stesso sguardo di ieri sera, “sta fermo…mi vuol dire”; il suo, un tempismo perfetto, da scala reale! Escono al volo, tailleur nero fumo e “faccia da mummia e vermouth”, si lanciano dentro l’auto che li aspetta a motore carico. La borsa però si è aperta e due mazzette di contanti scivolano sui gradini.
E’ un attimo, Barba da tre giorni e io ci siamo fissati…mezzogiorno di fuoco era niente in confronto…lasciali a me stronzo! Questo è il mio territorio! Nero, come il fumo delle acciaierie, stridente come le sirene delle petroliere lungo il porto… questo è l’inferno!
Ha sgommato, l’auto, e io mi sono precipitato sulla provvidenza, taglio da cinquanta euro.
Stasera al molo ci torno e Orso dovrà mordersi le mani.
(Alfredo….son soldi rubati!)
-Hai ragione, non posso tenerli…li piazzo sul tavolo da gioco e vediamo che succede!-
Ottima scrittura, storia fulminante, ironia sottile. Complimenti
Grazie Marcello, del tuo giudizio critico mi fido e se a te piace ho già fatto SCALA REALE! Bettina Bartalesi
Ciò che penso è già stato sintetizzato a pieno dal commento che mi precede,
vorrei solo fare un appunto,
tutte le volte che leggo qualcosa di tuo mi sorprendono i temi,il linguaggio,è un’altra Bettina che stà scrivendo o meglio,è quella parte nascosta che poco esce tra i sobborghi dell’Impruneta.
Hai proprio fatto Scala Reale zietta, BRAVA!!!
Cara Vale apprezzo il tuo commento…e sono felice di sorprenderti. Ognuno in fondo è un po’ Dr Jeckyll e un po’ Mr Hyde. Io, di sicuro!
Grazie per avermi letto. Smack!
Mi piace. Mi ha colpito soprattutto la struttura del dialogo scelta per il protagonista. Credo che il linguaggio utilizzato sia in linea con la storia narrata e pertanto aiuta il lettora ad immergersi nella vicenda e a leggere tutto d’un fiato il racconto. Complimenti e in bocca al lupo!
Di tuo avevo già letto il racconto breve per Giallo comico e, prima, il racconto vincitore di Orme gialle di un paio di anni fa. Del primo m’aveva convinto la concitata rabbia che spingeva verso il finale drammatico e verosimile; del secondo m’avevano suggestionato i “quadri” allusivi e minimalisti. Scala reale sta in media res, con ottima resa. Brava!
Graziano, ora che so che lo hai letto, una parte di me e del protagonista ALFREDO è già gratificata! Il tuo commento mi onora! GRAZIE. Bettina
Ciao Bettina,ho apprezzato del tuo racconto lo stile asciutto e senza fronzoli,anche a me il lato oscuro delle persone e dei personaggi delle storie ha sempre affascinato.Brava,se vuoi puoi leggermi,anch’io racconto temi forti,almeno è quella l’intenzione.
un saluto
Livello molto alto, apprezzo il genere. Se non lo hai mai fatto lanciati in un romanzo. Potresti rimanere stupita. Di te stessa.
E magari stupire gli altri.