Premio Racconti nella Rete 2013 “La studentessa fuorisede” di Giuseppalfonso Mascolo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Non pensavo che dopo aver finito le scuole superiori, il mio sogno si sarebbe potuto avverare in così breve tempo, offrendomi la possibilità di venire a Roma a studiare per una laurea in Scienze Politiche o Psicologia.
I pensieri di tutti i giorni erano concentrati sempre lì, sulla mia vita nella capitale con tanta gente ma soprattutto con gente che non ti avrebbe guardato con quell’aria da curiosità pettegola o di maldicenza provinciale così come accadeva nel mio piccolo paese di cinquemila anime del centro-sud.
E’ fatta Iole, dissi tra me e me, appena salita sul treno in quel caldo sabato di settembre, carica di bagagli e con l’immancabile valigia riempita da mamma con tante cose buone da mangiare che secondo lei sicuramente non avrei trovato nella grande città.
Sfilano veloci gli alberi, i prati verdi, le mie montagne mentre rileggo distrattamente la stessa rivista una, due, cinque volte per nascondere a me stessa qualche lacrima che cerco inutilmente di soffocare rivedendo i miei accompagnarmi alla stazione, ricordando le ultime raccomandazioni prima di separarsi dalla figlia, dalla nipote, dall’amica, consapevoli dell’avventura che avrebbe affrontato questa ragazza di vent’anni, trascorsi sempre in famiglia e senza grilli per la testa.
Dai, siamo quasi a Roma, il treno sbuffa complice, quando intravedo le prime case della periferia.
Brutte, sporche, piene di antenne e parabole senz’anima ma pur sempre case di Roma, la mia adorata Roma.
Si intravedono i Castelli Romani, ecco il traffico di tutti i giorni, con il treno che improvvisamente ha ripreso a rianimarsi mentre i viaggiatori premono per avviarsi disordinatamente all’uscita dei vagoni.
Devo telefonare a Maria, una cugina della tabaccaia del paese che già studia a Roma da tre anni per sapere dove abita e andare da lei a dormire, per le prime notti o almeno finché non troverò una casa.
L’aria della città mi fa bene e mi aiuta a spiegare all’autista distratto di un taxi la via dove abita Maria, sorretta da un entusiasmo che mi ricorda l’infanzia.
Una piccola traversa della Tiburtina, un tassametro che urla cifre a me finora sconosciute per un tragitto così breve e finalmente un abbraccio forte con lei, che sa di solide amicizie di paese anche se non ci siamo mai conosciute prima.
I giorni successivi sono solo corse impazzite da un posto all’altro della città, per chiedere informazioni a vigili svogliati o impertinenti autisti d’autobus, su come iscriversi all’università o fare una spesa ragionata per nutrire me e la mia amica con soldi che sembrano essere scontenti di convivere con il mio portafogli.
Costretta ad una povertà imprevista per un bilancio confuso delle mie finanze, accompagno spesso di sera senza poter consumare qualcosa Maria in avvilenti tour tra piccoli bar o desolanti pizzerie dove riecheggiano frasi e commenti che inequivocabilmente mi riconducono al mio paese con tutte le sue retoriche contraddizioni dalle quali ero fuggita.
Non posso!Ho pianto e sognato troppo a lungo per rimanere schiacciata dai miei fantasmi del passato. Voglio conoscere gente nuova, ragazzi divertenti, voglio ballare e sognare, basta con uomini che ti rivolgono la parola solo se hai le stesse caratteristiche dialettali delle loro regioni di provenienza!
E così mi trasferisco in una camera in affitto di un appartamentino di San Lorenzo dove vive già un’altra ragazza, Grazia, che dopo avermi aiutata in un esame di Scienze Politiche perché trafitta dalla mia esagerata ingenuità, mi aveva proposto di condividere con lei le spese mensili di un’indipendenza che, come avrei scoperto, successivamente, era molto dura e non profumava di libertà così come aveva pensato l’illusa emigrante del centro-sud.
Le differenti origini geografiche di Grazia, la sua divertente ospitalità e la sua caparbia voglia di vivere sono diventate così per me l’unica alternativa ad una permanenza romana scivolata pericolosamente verso un anticipato rientro nella casa paterna.
Notti insonni a parlare, studiare, cucinare da sole o per altri sperduti amici di altre regioni, italiane o straniere, accompagnate sempre da una inesauribile gioia di vivere e dall’incosciente desiderio di sognare una vita migliore.
Quasi al termine degli esami, Grazia aveva conosciuto Luca, un bellissimo ma equivoco ragazzo della periferia romana con il quale, dopo lunghe giornate di schermaglie inevitabili, era capitolata innamorandosi perdutamente di quel maledetto poco di buono.
Si, dopo alcuni mesi di amore a senso unico lei si era accorta che le conseguenze delle loro disinibite avventure notturne avrebbero ridotto moltissimo la sua libertà personale trasformandola, così come accade a molte altre, in una mamma reale.
Mentre io riuscivo a laurearmi in tempo pur avendo in corso una storia che definirei medioevale per i tempi lunghissimi ed insoliti che impiegò Ciro, un ragazzo meridionale a dichiararsi innamorato di me, Grazia invece al termine della gravidanza fu lasciata senza scrupoli da Luca invaghitosi perdutamente di una ragazzina di diciassette anni dell’est Europa.
Quante lacrime, quante parole inutili in quei momenti, quante carezze dolorose sul viso della fragile Grazia che alla fine per non impazzire ma soprattutto forte della sua caparbietà, aveva reagito, ricominciando a studiare senza tralasciare i suoi doveri di madre.
Sono passati quasi nove anni e Ciro, dopo essere stato lasciato da me, perché in questa nostra relazione senza emozioni nata forse solo per inevitabili ed improrogabili necessità fisiologiche tra un uomo ed una donna ed incapace di comprendere le mie motivazioni, si era arruolato nelle forze armate con le quali credo ora sia all’estero senza troppi rimorsi.
Maria, la mia prima amica a Roma, non era riuscita a laurearsi perché aveva mentito alla sua famiglia comunicando il superamento di esami che in realtà non aveva mai sostenuto.
Si è sposata nel suo paese con il capo-stazione, un gran bravo cristiano che però non è mai stato a Roma.
Quel bastardo di Luca gestisce una pizzeria finanziata dal padre.
Non si è laureato e spesso fa uso di cocaina per risolvere i suoi problemi vecchi e nuovi, forse per dimenticare di essere stato padre.
Iole, la sottoscritta, è seduta su un divano, in una splendida giornata calda di giugno al centro di mille fiori, in un piccolo terrazzo della vecchia casa di San Lorenzo alla quale si è aggiunto un altro piccolo appartamento attiguo comprato recentemente con mille sacrifici mentre Grazia prende il sole su un lettino vicino a me sfacciatamente in topless.
Stefano, suo figlio, che ha ormai quasi dieci anni gioca in camera sua con una indistruttibile Playstation accompagnato da un telefonino cellulare che squilla in continuazione.
Lavoro da tempo presso un famoso settimanale per donne dopo essermi laureata in Scienze Politiche come Grazia, che nonostante tutti i problemi con Luca, ora lavora come assistente universitaria, da precaria, si intende.
Adesso viviamo tutti e tre insieme ma soprattutto sono otto anni che ho una bellissima storia con Grazia, tutti trascorsi con una gioia che nessun uomo avrebbe mai potuto offrirci e con i suoi occhi profondi e lucidi che mi parlano d’amore ogni volta che mi guarda.
Le nostre famiglie, dopo tante incomprensioni, hanno finalmente capito le nostre scelte e spesso vengono a trovare Stefano e le figlie romane.
Tra i mille rumori di S. Lorenzo, squilla il telefono, è l’università per Grazia, lei annuisce e mentre parla mi guarda e sorride, perché dall’altra parte c’è una ragazza di fuori Roma, del sud, che vorrebbe discutere la tesi con lei…