Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella rete 2012 “Fari lampeggianti” di Maria Opici

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

A scuola le chiamavano la Cozza e la Vongola. Si dondolavano davanti alla vetrina di McDonalds all’incrocio fra corso Buenos Aires e viale Tunisia, aspettando il momento buono per entrare.

Il corso era affollatissimo, come ogni sabato pomeriggio alle tre. Un sacco di gente andava su e giù a guardare le vetrine degli ultimi saldi di fine febbraio.

Martina la Vongola, lunga, piena di punti neri e di extension, punto e linea come un alfabeto Morse, era convinta di essere la versione mora di Lady Gaga e si muoveva come lei. Denise, la Cozza,  non sapeva come fosse entrata in testa quell’idea alla sua amica .

“Waa è troppo bella sta canzone” urlò Martina, porgendo un’auricolare a Denise.

“Bah, che schifo” rispose la Cozza, che per un mese si era sparata Bad Roman a manetta nelle orecchie e ora non ne poteva più.

Il marciapiede era per metà invaso dagli abusivi che costringevano la folla a rallentare per non calpestare la merce taroccata, posata a terra su rettangoli di vecchie lenzuola ingrigite dallo smog.  Piccoli elicotteri di plastica telecomandati roteavano sulle teste dei passanti. Un uomo alto, che accompagnava una tipa bionda profumatissima, andò a sbattere la fronte sull’ala di uno di quei piccoli velivoli e imprecò furioso. Volarono un paio di insulti, mentre gli altri ambulanti giravano la testa e guardavano altrove laggiù, verso l’orologio digitale di piazzale Loreto.

Martina la Vongola si guardò riflessa nello schermo del cell. Le extension gliele aveva fatte la nuova fidanzata di Tamar, suo fratellastro. Si toccò una ciocca e scosse freneticamente il capo, poi se li arruffò per dargli volume. Era preoccupata per i suoi capelli. Quando li lavava, non molto spesso a dir la verità, intere ciocche restavano nel lavandino. Andando avanti di questo passo si sarebbe ritrovata a quarant’anni come quel Carlo del libro di storia. O forse non ci sarebbe neppure arrivata ai quaranta, e neanche ai trenta se era per quello, lei già lo sapeva. Le pareva di sapere già tutto, di capire tutto quello che c’era da capire. La realtà era lì per terra, precisa  e sporca come il marciapiede di corso Buenos Aires. Solo il futuro le metteva ansia, come  una galassia irraggiungibile. Le sembrava che il tempo fosse troppo veloce e troppo lento allo stesso tempo, e intanto i suoi capelli  dimagrivano e si spegnevano lentamente.

Denise la Cozza saltellava da un piede all’altro per il freddo. Gettò di sbieco un’occhiata fra le vetrofanie I’m lovin it e take away di McDonalds, ma rigirò subito la testa. E’ il vetro che deforma, pensò, ma si sentì pesante, anche se non aveva mangiato ancora nulla dalla sera prima. A casa sua non cucinava nessuno e a pranzo mangiava da sola qualcosa di già pronto che sua mamma, comperava di corsa all’Iper, oppure aspettava di andare in corso Buenos Aires a fare markette food, come diceva lei.

L’unica cosa che le restasse, date le circostanze.

Intanto Martina aveva iniziato in solitaria il loro gioco preferito, il fari lampeggianti lo chiamavano.

Una delle due fissava un passante, sbattendo le palpebre. Occhioni maliziosi, molto truccati e iridi dilatate. Se quello agganciava si andava dentro da McDonalds prima in bagno e poi a far la coda con i soldi guadagnati. In bagno entrava solo la Cozza, che era più sviluppata, la Vongola stava fuori a fare la guardia.

Ci sono cose che tutti condividono e McDonalds è uno di queste. Hamburger ripieni, farciti, fritti. Ci piace, pensa la Cozza, fai ok col pollice alzato. Sì, siamo tutti d’accordo su alcune cose. Tutti amiamo il countdown di fine anno, giusto? Ok, Mc Donalds è così, piace a tutti. Sapori americani, panini soffici conditi con cipolle, pancetta, salsa di senape e di cereali. Formaggio fuso,  maionese e peperoni. Totalmente gustoso. Denise desiderava solo questo: affondare i denti in piccoli brani di carne senza pensare a tutto il resto.

Martina, con gli auricolari nelle orecchie e gli occhi truccatissimi, osservava alternativamente i passanti e lo schermo del suo cell, aspettando che arrivasse un messaggio e con la bocca faceva grosse bolle rosa che scoppiavano subito. La cicca, oramai troppo masticata, sapeva solo di plastica. Era nauseata, ma non ce la faceva a restare senza mordere qualcosa.  Lo stomaco vuoto le gorgogliava a intermittenza, ma lei non era come Denise, che avrebbe ingoiato qualunque cosa pur di sopravvivere, una vera cozza.

Martina si era  allontanata di pochi metri dall’ingresso verso viale Tunisia. La libertà sta in sella  al suo cavallo. La scritta con la vernice spray era stata fatta da poco sull’unica porzione di rivestimento del palazzo di fianco rimasto libero. Le venne in mente Alex, anche lui era un writer. Scrutò le facce che ondeggiavano verso di lei. Sbatté le palpebre. Fari lampeggianti. Alcuni infastiditi, altri con curiosità ne incrociavano lo sguardo, molti occhi, la maggior parte, la oltrepassavano come raggi laser , ignorandola. Si sentiva fiacca e il rumore cupo del traffico le risuonava come un concerto di  tamburi da un orecchio all’altro. Decise di mandare un sms ad Alex, il suo amore da una settimana, “6 my protein in qst vita ke fa paura”. Era una frase che qualcuno dei suoi amici aveva linkato su facebook da una pagina con una foto romantica, che quando la vedeva le veniva da piangere e non sapeva perché. Era il quarto messaggio che mandava ad Alex in un’ora, ma non aveva ancora ricevuto nessuna risposta. Osservò imbronciata per alcuni istanti lo schermo del cell sperando di sentire le note di Alejandro che annunciavano l’arrivo di un nuovo sms.

Doppio Cheeseburger o big Mac? Che dilemma. Da bambina, quando apriva il frigorifero,  Denise si sentiva come un piccola extraterrestre davanti a una fantastica astronave piena di luce. Allora non  mangiava quasi nulla, ma le piaceva riempirsi la faccia di luci. Il colore e l’odore di quel luogo freddo e proibito le ricordava il mocio e i secchi d’acqua sporca  che suo padre usava per pulire i pavimenti dell’ospedale.

“Chiudi il frigo, che sprechi la corrente!” Le urlava sua madre. Altri tempi, allora non lo sapeva quello che le sarebbe successo. Poi scoprì di avere una voragine e così ci precipitò dentro.

 

La Vongola, tornò indietro verso l’incrocio, facendo dondolare gli orli della gonnellina di jeans che sporgevano di pochi centimetri, da sotto il giubbotto nero. L’ingresso era sovrastato dalla grande emme gialla su sfondo rosso e la porta si spalancò all’improvviso al suo arrivo, come davanti a una star di Mtv. La fotocellula aveva intercettato lei, la Lady Gaga mora di Corso Buenos Aires. Martina si esaltò, lei sì che era una stragnocca, non come la Cozza chiatta e giallina, e si mise a cantare a squarciagola  verso il  riflesso filiforme sul vetro della porta, che intanto si era richiusa. Teneva entrambe le mani premute sugli auricolari, china in avanti con le ginocchia incrociate leggermente flesse, come se le stesse scappando per davvero e non ne potesse più, come aveva visto fare alle rockstar, quelle vere.

Intorno la battaglia dell’ora di punta s’era fatta più aspra. Ora era Denise, ferma all’incrocio come una pesante palla da booling pronta al lancio, che apostrofava sbattendo gli occhi  coloro che passavano di lì con quel suo sorriso incerto e sgraziato. Alcuni uomini sembravano non  crederci e si rigiravano di nuovo a guardarla, per vedere se si erano sbagliati, oppure no. Davvero quella ragazzina insaccata nei fouseau a quadretti, che avrà avuto si e no quattordici anni, ci stava provando? Quando se ne accorgeva Denise, sicura di restare impunita, data la ressa,  urlava dietro a quegli uomini “Bavoooso!” e con le unghie tinte di turchese e decorate con i brillantini indicava il poco di collo che aveva, poi  scuoteva la testa a destra e a sinistra come aveva visto fare nei video hip hop dalle ballerine nere. Non era sicura, però, che l’effetto fosse proprio lo stesso.

Martina lo sapeva, la Cozza con quegli uomini ci giocava solo, non ci sarebbe mai andata con un adulto, erano i ragazzi che voleva agganciare, magari quelli carini che non si fidanzavano con lei, ma che in bagno a fare roba erano disposti ad andarci e a pagare pure. Non ne avevano mai parlato proprio bene, ma Martina era sicura: Denise non l’aveva mai fatto fino in fondo, come lei del resto, anche se si vantava del contrario. E cosa facesse la Cozza rinchiusa dentro al cesso del McDonalds erano affari suoi, il fatto è che usciva con i soldi, 10 euro a botta, e quello era ciò che importava.

Erano amiche per la pelle, per questo si criticavano ferocemente. Ma delle due era sempre Denise quella che ci restava più male, che si sentiva a disagio. In effetti se a Martina toglievano la testa, quel che restava si poteva definire anche attraente, magra com’era, mentre se a Denise tagliavano via la testa quel che restava era sempre una massa rotonda, meglio non pensarci. Per fortuna esisteva il Big Mac.

“… zzo guardi? Bavoooso!”  Denise ne aveva agganciato uno con i suoi fari lampeggianti. Un anziano trentenne con una faccia da evaso e una busta del Lidl fra le mani, uno sfigato, come al solito. E con uno così vecchio mica ci andava dentro.

“… zzo ridi?” Denise si rivoltò come una serpe verso la Vongola che se la rideva a crepapelle.

“…markette food!” a Martina piaceva torturare Denise,  si sentiva impietibile, come diceva lei. “Ma fatti un fidanza vero, uno come Alex che bacia da dio.”

Martina stava diventando insopportabile. In realtà Denise credeva ancora che l’amore fosse una figata, soprattutto quello dell’ottocento dove le persone morivano di passione come Romeo e Giulietta, per non parlare di Piero e Francesca, che li avevano messi all’inferno perché si amavano. Ma esisteva davvero un amore così? Denise ci credeva e ci sperava, ma intanto doveva riempire il vuoto che si creava sempre dentro di lei, tutte le volte che smetteva di guardare il mondo fuori e precipitava a pensare a ciò che le capitava dentro.

“Si vede sai che te le sei fatte le extension!” disse Denise facendole una smorfia. Che acconciatura strafiga c’aveva la sua amica del cuore. Ma sul tema capelli la Vongola era molto suscettibile.

“Perché al mattino non fai colazione con un po’ di sviluppina così magari oltre che le tette ti cresce anche il cervello?”

“Stronza”.

“Stronza sarai tu”.

La Vongola riguardò lo schermo del suo cell. Ancora niente. Presa dalla nostalgia andò a riguardare gli ultimi messaggi che Alex le aveva inviato e che risalivano al giorno prima. Frasi profonde, piene di illuminazione. “Prendimi xké la vita è breve” e ancora: “Nn capisco ke zzo pensava dio mentre creava il mondo”. Lei lo capiva invece, capiva tutto di lui, la sua rabbia e il suo disgusto per l’ipocrisia, molta e l’ignoranza, infinita dell’universo, tutto. Alex era speciale, era un writer e non giudicava come uno della massa. Lei lo amava, ne era assolutamente certa. Per lui aveva scritto dei versi che gli aveva mandato su Facebook “Se potessi mettere il mio cuore sopra al tuo  trasformerei le ragnatele della tua solitudine in zucchero”. Diventava sentimentale tutte le volte che ricordava quella frase, che sentiva profondamente sua, ma che in realtà aveva rubato in un blog di emo.

A Denise venne voglia di un Happy Meal, quello dei bambini, che ci mettevano dentro anche il giochino. Un pasto felice con la sua famiglia lei proprio non se lo ricordava, forse c’era stato quando ancora  papà lavorava in ospedale, ma il ricordo era sparito, inghiottito nel buio della sua testa. E lei era entrata dentro il tunnel del suo tubo digerente, che  alla fin fine si era trasformato  in un vicolo cieco, come il suo intestino.

Markette food, tutte le volte lo faceva e tutte le volte stava sempre più male, non per come s’era procurata il cibo, ma per quanto aveva mangiato. Eppure lei sognava di baciarsi nell’oscurità al pallido chiarore della luna con un bellissimo ragazzo moro dagli occhi azzurri, stringendosi a lui in lungo abbraccio e sentire che il tempo rallentava e, lei lo sapeva, ogni secondo sarebbe durato anni, immenso come la felicità.

Il tempo di un bacio vero.

Roba rarissima, chissà se le sarebbe mai successo.

Si girò verso la Vongola. Martina aveva agganciato uno. Ok, si andava dentro.

Loading

14 commenti »

  1. Interessante, anche se un pò crudo, l’accostamento bulimia e
    svalutazione di sè al punto tale che il corpo può essere fatto usare da
    altri per pochi spiccioli.

  2. In effetti è un pò crudo, mi rendo conto, ma stando spesso a contatto con gli adolescenti mi sorprende e mi sconcerta sempre l’incoscenza e l’autolesionismo di certi comportamenti. Da un lato c’è la mancanza di consapevolezza di se stessi, del proprio essere e del proprio corpo e dall’altro lato il desiderio di trasgredire che a volte, come nel caso delle due protagoniste, diventa chiara aggressività verso una società adulta capace solo di mercificare (anche i corpi) e consumare. La bulimia, sentirsi dei sacchi vuoti da riempire, contiene una tale carica di aggressività verso se stessi che può essere solo sedata attraverso l’azione compulsiva dell’introdurre cibo spazzatura. Quando percepisci che non c’è niente intorno al tuo tubo digerente puoi anche dati via per pochi spiccioli.

  3. Racconto scritto davvero bene. La storia è triste, ma vera. L’adolescenza è un periodo molto difficile, l’autolesionismo è sempre dietro l’angolo, tra la poca stima di sè, la voglia di indipendenza e il bisogno costante di omologazione. Un periodo buio spesso, un periodo di scoperte. Bisogno di riferimenti certi. Anche per noi genitori.
    Si, questo racconto mi è piaciuto. Brava.

  4. Carissima sei davvero molto brava. Mi sono piaciuti sia la storia, triste e verosimile, che lo stile efficace nel descrivere situazione e stati d’animo. Complimenti e auguri..

  5. Grazie a entrambe per avermi letto

  6. Complimenti è scritto davvero bene, mi è piaciuto molto.

  7. Storia di drammatica attualità, scritta bene. I validissimi ricorsi alla gestualità, che per molti giovani è davvero importante, completano e colorano i ritratti delle due protagoniste. L’inclinazione ad accettare ed adattarsi ad una condizione così desolante attinge certamente alla miseria culturale del contesto in cui si muovono, ma più di questo, si comprende, alla mancanza di dialogo nell’ambiente familiare in cui, come in un fast-food, si servono al massimo piatti pronti e frasi fatte. Il finale lascia amarezza e senso di impotenza. Ti faccio i miei migliori auguri. Donatella

  8. Grazie Luisa e grazie Donatella. Sì, la descrizione dei gesti e delle azioni dei personaggi serve a rendere meno didascalico il racconto e a vivacizzare i personaggi. Questa è una delle cose più importanti che ho imparato al corso di scrittura creativa che, con buonapace dei numerosi detrattori, in realtà ha un grande merito: farti riflettere su alcuni meccanismi della narrazione.

  9. Mi è piaciuto molto il realismo di questo racconto e la crudeltà “innocente” tipica delle adolescenti. Lo stile minimale è efficace e rende perfettamente la crudezza del tema.
    Complimenti Maria, in bocca al lupo 🙂

  10. direi il migliore che ho letto fino a ora, tecnicamente parlando. lo stile è perfetto per la storia, i personaggi sono sviluppati bene. a essere pignoli, qualche imprecisione qua e là è sfuggita (virgole tra soggetto e verbo, incisi che mancano di chiusura), ma nel complesso è scritto come va scritto un buon racconto.

  11. Grazie Antonello per la lettura e il commento. Eggià qualche errore è sfuggito, d’altra parte l’ho inviato alle 23 del 7 giugno e la fretta si sa…

  12. Maria, a cena sabato eravamo sedute a tavoli diversi. Segregata tra il muro e il piatto non ho avuto la possibilità di venire a fare la tua conoscenza. Spero ci sarà presto un’altra opportunità. Un saluto. Donatella

  13. Ciao Donatella, in effetti sabato è stato difficile conoscere tutti e noi gruppo milanese a cena abbiamo fatto un pò le separatiste (ce ne scusiamo!!). D’altra parte alcune di noi si conoscono da diversi anni, dato che frequentiamo la stessa scuola di scrittura creativa (di Bruna Miorelli alla libreria Feltrinelli). Anch’io spero ci possa essere un’altra possibilità di conoscenza diretta. I racconti stampati nel volumetto mi sembravano persino più belli!! Esperienza divertente!! A presto, allora. Ciao Maria Angela

  14. Hai ragione Maria Angela. Sfoglio ancora il libro come fosse un’edizione rara. Ho avuto un battesimo con padrini e madrine di eccellenza. Ora bisogna trovare il coraggio di riprovarci… Spero di incontrarti presto! Donatella

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.