Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Balli quadri e un pò di filosofia” di Saverio Sam Barbaro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

L’anziana insegnante di ballo non gradiva la presenza di estranei ed io mi fermai davanti alle due mezze ante che sbarravano l’ingresso allo stanzone superandole solo con lo sguardo. Otto giovani ballerine agitavano le gambe in uno sfrenato can can sotto il suo occhio vigile. Al suo lato potevo anche notare l’insegnante in seconda. Era la mia giovane e graziosa compagna. La sera prima, distendendosi proprio lì, sulla moquette dove ora saltellavano le allieve, quando tutti erano andati via ed eravamo rimasti solo io e lei, mi aveva concesso focosi momenti di amore. Ritmicamente mi ero mosso su di lei immaginando di sentire il can can e cercando di seguire a tempo con ogni mio su e giù del mio corpo sul suo corpo ogni evoluzione della musica. E poiché il mio amplesso non era ancora finito quando si era smorzata dentro il mio orecchio l’ultima immaginaria nota di quella musica scintillante, e mi era sembrato di udire l’attacco del Gran Valzer verdiano, avevo trasformato il movimento del mio corpo dal su e giù su e giù ad un destra sinistra destra sinistra. Cambiavo tipo di ballo. Anche l’eleganza di un valzer, così come lo spumeggiante can can meritava di essere interpretato. Eravamo lì, sul pavimento destinato al ballo e il ballo necessita di simbolismo ed interpretazione. Non era il momento per fare riflessioni, quello, lo sapevo bene, ma il pensiero mi era nato spontaneo e non ero riuscito a spingerlo fuori dalla mente. Quindi mi ero abbandonato ad un’ulteriore riflessione: la passione per il ballo ci spinge ad agitarci, ma è lo stile che poi deve guidare i nostri movimenti. Lo stile, dunque, non può che

essere  il guinzaglio dell’istinto. D’improvviso mi ero accorto che stavo perdendo concentrazione. La mia vigoria iniziale, tra strampalate mimiche di balli e riflessioni varie, si era indebolita e, tra poco, si sarebbe trasformato in un falso amplesso.

Avevo fissato la mia compagna. Stava con gli occhi chiusi, la testa reclinata da una parte. Non si era accorta di nulla. Ma io avevo fretta di smettere. Infine ero esploso in un orgasmo freddo e liberatorio.

Oggi ero dietro le ante, in sala di attesa, e ci restai ancora per una manciata di minuti. Poi, all’orario previsto, l’anziana donna batté le mani. “Stop. Andate a rivestirvi. Continueremo domani.”

Un attimo dopo entravo urtando contro la piccola onda delle ragazze che uscivano dallo stanzone. Il sipario umano mi nascose la mia compagna alla vista. Finalmente le arrivai vicino. Stava sussurrando qualcosa ad un signore anziano, ben vestito, vicino alla quale c’era una bambina in tutù. Mi vide ma non mi sorrise con il calore che mi ero aspettato.  A sorpresa abbassò ancora il tono della voce, poi prese confidenzialmente quello da un braccio allontanandosi in modo che non sentissi nulla di ciò che dicevano.

 

Il mio motorino sfrecciava nel cuore della città impennandosi d’improvviso davanti ai semafori. Nel portafoglio c’era un pezzo di carta con il nome di una via e un numero.

Me l’aveva dato il mio migliore amico. “Ecco. Qui c’è l’indirizzo del luogo in cui la tua ragazza si incontra con quel tipo.”

Presi il pezzettino di carta che mi tendeva. “Ti devo qualcosa, per l’indagine?”

Lui aveva sorriso. “Ti ripeto quanto già detto qualche giorno fa. Per uno che lavora per un’agenzia investigativa pedinare una donna di nascosto è roba da dilettanti. Dammi solo le spese per la benzina, il resto vale come regalo per i tuoi diciotto anni che avrei dovuto farti sette anni fa ma ero squattrinato.”

Un angolo del labbro mi si era mosso senza che il cervello lo avesse ordinato. Poi la mia bocca era andata per conto suo aprendosi ad una bugia sputata d’istinto. “Non è per gelosia. La mia ragazza frequenta un pericoloso estremista e voglio vederci chiaro.”

“Estremista?” Lui aveva riflettuto. “Ho letto di questa roba di estremisti, ma c’erano una volta, quando noi non eravamo ancora nati o eravamo bambini”…Si era interrotto riflettendo con la mano sotto il mento “No, non ricordo di aver mai conosciuto un estremista tra i miei amici giovani,  solo giovani disoccupati.”

“Ora ti metti a fare il sociologo.  Per Giove! Certo che ci sono ancora gli estremisti.”

Arrossivo. Se ero andato da lui una ragione doveva pur esserci: molto spesso avevo notato che lo sconosciuto e la mia compagna si scambiavano strane occhiate dentro la scuola da ballo dove lui andava ad accompagnare la nipotina. Vi erano giorni in cui lei spariva rifiutandosi poi di rivelarmi dove era stata.

 

Continuavo a sfrecciare sul mio motorino attraverso la giungla urbana. Mi domandavo

se a spingermi ad agire fosse solo la gelosia. Mentre aggiravo un bus che mi ostruiva il passaggio, mi dissi che mi sarebbe piaciuto scrivere sopra delle riflessioni sui motivi  che possono spingere una giovane donna a tradire il proprio compagno. Avrei potuto allargare l’orizzonte delle mie riflessioni  con uno studio sulle differenze tra i tradimenti di oggi e quelle perpetrate ai tempi dell’antica Roma.

Mentre affrontavo l’ultima curva prima della meta mi accorsi che il mio risentimento verso la mia compagna stava affievolendosi e questo avrebbe tolto efficacia alle mie

azioni. Stronza, mi dissi senza molta convinzione, meriteresti due belle sberle in faccia.

Fermai il motorino davanti al portone dell’edificio indicato nel biglietto e, senza

curarmi di assicurarlo con una catena al palo della luce, mi precipitai verso il portone. Poi mi diressi verso le scale rinunciando all’ascensore. Salivo verso il secondo piano

chiedendomi se la gelosia fosse un sentimento legittimo. La mia tesi di laurea era stata Controllo delle emozioni e aggressività.  Ma si trattava di accademia, la vita vera è tutta un’altra cosa. I tradimenti sono difficili da digerire. Se avessi appurato che lei, la

stronza, davvero mi tradiva, sarei riuscito a mantenermi calmo? Devo confessare, però, che si insinuava un dubbio nella mia mente. Del genere: sino a che punto sono controllabili, le emozioni? E in quale fascia di popolazione sfuggono più facilmente al controllo? Tra i giovani o tra gli anziani? Tra i ricchi o tra i poveri? Tra gli occidentali o tra gli orientali? Ma poi mi imposi di metter fine alle mie riflessioni, rischiavano di rendere lento e impacciato ogni mio gesto. Ed io, ora, dovevo agire come un vero

detective e sentirmi come un vero uomo, un uomo tradito e pronto alla vendetta.

Arrivai sul pianerottolo, cautamente mi avvicinai alla porta e lessi il nome sulla targhetta.  Intanto tornavo a ripassarmi nella mente la parte che mi ero preparato. Infine suonai. La pausa di attesa fu lunga e, mentre stavo per schiacciare di nuovo il campanello, la porta, con lentezza, cominciò a muoversi. Dalla stretti apertura fece capolino il viso dell’anziano incontrato alla scuola di ballo. “Desidera?”

“Ha ricevuto la cartella delle tasse?”

Quello mi studiava diffidente. “Ma, sa che lei ha un viso conosciuto?”

Lo studiavo. Era di almeno sessantacinque anni. La mia compagna, come me, solo

di venticinque. Poi, a sorpresa, e con violenza premetti la mano contro la porta allargando l’apertura e costringendolo ad arretrare. Quindi, ignorando la sua espressione piena di sconcerto, entrai. “Faccio parte di un comitato che va in giro per incitare i cittadini a non pagare le tasse.”

Lui mi fissò. “Sono sempre più pesanti, lo ammetto, ma come si fa a non pagarle? Lo stato sociale crollerebbe e sospenderebbero i servizi pubblici. No, guardi, io non sono interessato a questa forma di protesta. Su uno sconto sono d’accordo. E’ sacrosanto. La  pressione fiscale del nostro paese è tra le più alte al mondo, una vergogna. Ma a non pagarle del tutto, proprio no. Quindi, vada via. Lei ha modi incivili di comportarsi.”

Girai uno sguardo per la stanza. “Vive solo?”

I muscoli del suoi  viso si contrassero in una smorfia di contrarietà. “Non violi la mia

privacy e se ne vada. Mi sta facendo saltare la mosca al naso.”

Lo penetrai con lo sguardo sino a che non mi fu spuntato un sorrisino ironico. “Lei ha  uno strano nome, ma non mi sembra uno straniero.”

“Non lo sono. Il nome sulla porta è del proprietario. Io sono solo un suo ospite.”

Scossi la testa. “Vive solo ma riceve spesso le visite di una giovane donna. E’ così?”

Mi squadrò contrariato dal basso verso l’alto. “E anche se fosse che gliene importa?”

“Sono un detective privato. Molto privato.”

Ebbe un silenzioso sussulto. Spalancò gli occhi su di me. Gli angoli della bocca tremolarono. “Un… Chi la paga per scandagliare su di me?” gridò nervoso.

“Provi ad indovinare.” Lo studiavo. Sembravo aver colpito nel segno.

Andò verso il tavolino al centro e, per un minuto, restò curvo ed immobile con le mani su di esso dandomi le spalle. Poi di colpo si girò. “Vuole ricattarmi?”

“Pensi quello che vuole.” E restai muto attendendo che proseguisse.

“L’ha mandato mia moglie? Avanti, dica. Se è così, sono disposto a pagare il suo

silenzio.” Cominciava ad allargarsi sul suo viso un’aria disperata. Ebbe una lunga pausa di riflessione. “Venga con me.” Quindi andò verso una porticina aprendola.

Gli andavo dietro e mi fermai guardando sulla sua spalla.  Nella piccola stanza vi erano dei quadri sul cavalletto o alle pareti. In uno di questi vidi la figura di una donna coperta da un minuscolo slip.  Era seduta su uno sgabello davanti a qualcosa che

sembrava il bancone di un bar a cui girava le spalle. Aguzzai lo sguardo ed ebbi un

tuffo al cuore. Era lei. La mia compagna.

Mi raschiai la gola tentando di articolare la voce. Ero rimasto senza parole. “Quella ragazza… Chi è quella ragazza?” Parlavo avvicinandomi al quadro.

“Una ballerina. Come tutte le ballerine, ha un corpo sodo e definito che si adatta alle esigenze di un pittore.”

“Che tipo di esigenze? Intende come modella per uno che dipinge?”

“Fatti miei. E dato che lei è un detective, saprà tante cose. Tranne una.”

Lo fissai in silenzio e lui continuò. “L’Arte rivela ai cuori ciò che la scienza non rivela alle menti. Non è una frase mia ma la sento mia. Sino a che è possibile, voglio dedicarmi solo all’Arte. Ma sino ad oggi, con il lavoro di mezzo, e tutti gli impicci che ci sono in una famiglia, non mi è stato possibile. Ecco perché non ho detto a mia moglie che sono in pensione. Da un anno esco di casa dicendo di andare a lavorare in

azienda. E invece vengo qui. Poi la sera rientro in famiglia. Quella ragazza è l’unica a sapere la verità, a prescindere dal tipo dei rapporti che possono esserci tra me e lei, e che non svelerò mai a nessuno. Le dico solo che, ancora per qualche tempo, voglio vivere da clandestino prima che mi consegni come ostaggio permanente effettivo a mia moglie e a tutti gli altri familiari.” Prese il portafoglio in mano. “Quanto?”

“Lo rimetta in tasca e mi ascolti” dissi. “Le prometto che manterrò il suo segreto.

Senza che lei debba darmi un solo centesimo. Le chiedo una cortesia soltanto.”

Tacque in un’attesa piena di ansia.

“Le donne sono meravigliose, tutte, ma ora non è il momento di parlare di donne.” Andai verso il tavolo e scostai una sedia. “Si metta davanti a me e mi aiuti a capire come si può organizzare al meglio lo stato sociale in funzione delle tasse, visto che la vedo infarinato sull’argomento e, dato che è anche un artista, mi aiuti soprattutto a capire quale rapporto lega la scienza all’Arte. Non dica di no, la supplico. Deve comprendermi. Lei adora l’Arte, io la Filosofia.”                                  

 

 

 

 

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1 commento »

  1. complimenti un bel mix di argomenti miscelati da un ottimo scrittore.A proposito di chi è quella frase?

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