Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Strike” di Annamaria Vargiu

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Questa notte ho ricominciato a sognare.

Lui è morto finalmente.

Dicono che la vittima si affezioni al carnefice come ad una persona cara, che non riesca più a farne a meno.

Perché allora io sono soddisfatta? Perché invece di sentire quel mattone opprimente che toglie il respiro e ti getta nella disperazione, sento un senso di leggerezza, di libertà?

Tutto era cominciato sei anni fa.

Uscendo dall’ufficio lo avevo visto fermo nell’androne che parlava con il dirigente delle vendite. Non avevo potuto fare a meno di passargli davanti, quando ero arrivata alla loro altezza avevo pronunciato un buonasera tra i denti e mi ero affrettata ad uscire. Avevo sentito i loro sguardi seguirmi penetranti e avevo avuto la precisa sensazione di essere stata oggetto di commenti.

Essere argomento di commenti mi era familiare. La mia figura slanciata e prosperosa mi creava non poche difficoltà di rapporti. Tutti si creavano  di me un’idea estremamente lontana dalla realtà. Pensavano che fossi sensuale, appassionata o addirittura depravata.

Il rosso dei miei capelli e le mie labbra carnose contribuivano a trarli in inganno. Quelli che mi si avvicinavano restavano dapprima interdetti: il mio atteggiamento e la mia ingenuità erano reali o abilmente recitati? Scappavano spaventati non appena si rendevano conto che tutto era proprio vero e che la conquista si faceva difficoltosa . Quelli che avevano resistito erano diventati i miei migliori amici e i miei più strenui difensori.

La vita non mi aveva risparmiato.

Ero rimasta sola a quindici anni.

I miei erano morti in un incidente frontale in una notte d’autunno quando la pioggerellina sottile che fa tanto bene alla campagna, rende le strade simili a piste di bowling dove le auto scivolano come palle in cerca dell’ equilibrio che le porti all’ambito traguardo. Purtroppo l’auto che procedeva nel senso inverso a quella dei miei era stata lanciata da una mano inesperta e aveva fatto strike colpendo in pieno il bersaglio sbagliato.

Erano stati tre anni di inferno quelli fino alla maggiore età, anni nei quali i miei zii si erano fatti la guerra per potermi accudire e gestire il discreto capitale e l’azienda che mi erano stati lasciati in eredità. La finta pietà, l’interesse camuffato da dolore mi aveva accompagnato negli spostamenti da un’amorevole zia ad un’altra a seconda delle decisioni dei giudici.

A diciott’anni finalmente avevo ripreso possesso del mio appartamento e della mia vita, lasciando da ingrata qual ero, le accoglienti case dei parenti affidatari.

Avevo richiamato la vecchia Gelsomina, l’unica che aveva versato lacrime vere, la sola che nonostante avesse perso il lavoro con la morte dei miei, aveva continuato a seguirmi, a consolarmi e consigliarmi di nascosto dagli affettuosi parenti. Era stata l’unica spalla su cui piangere, l’unico riparo al dolore, alle delusioni dei primi amori e degli inevitabili tradimenti delle amiche del cuore. Da lei potevo rifugiarmi, ricevere  conforto, ma nessun consiglio, Gelsomina era troppo vecchia, troppo lontana dalle dinamiche giovanili dei nostri giorni. Si limitava a esporre le sue perle di saggezza antica, universale, valide per  l’eternità e per questo eternamente inascoltate.

La ritrovavo, tornando da scuola, indaffarata in cucina a rendermi accettabile un vuoto che lei riempiva di profumi appetitosi e brontolii affettuosi.

Si muoveva in silenzio, vegliava discreta. Osservava  furtivamente con acuto sguardo investigativo tutti gli amici e i vari corteggiatori che frequentavano di volta in volta casa mia, ma anche lei era stata inizialmente ingannata dalla sua buona educazione e dalla sua premura.

Dopo il primo fuggevole incontro me lo ero ritrovato davanti nell’ufficio vendite assunto dal responsabile  per sostituire l’efficiente Gregori che aveva finalmente potuto ritirarsi nella sua casetta in campagna a godersi l’agognata pensione.

Un sorriso aperto, franco, stupendamente perfetto, aveva accompagnato un’ educatissima forma di presentazione, che riuscì elegantemente e con simpatia a giustificare un’assunzione non del tutto ortodossa. Non ero stata informata, in qualità di proprietaria e presidente dell’azienda, che si fosse proceduto senza colloqui, ma solo sulla base di un curriculum indubbiamente semi falso, e di una parentela assolutamente certa.

I giorni immediatamente seguenti l’assunzione erano stati di grande lavoro e professionalità, che mi avevano convinta che forse era stata la scelta giusta e che Gregori aveva trovato un valido successore.

Lo incrociavo casualmente e di sfuggita all’uscita e ci limitavamo a uno scambio di saluti e a sguardi sempre un po’ più prolungati e intensi. I suoi occhi di un nero profondo, mi scivolavano addosso con ammirazione, ma senza le oscenità che ero solita leggere negli sguardi degli altri uomini.

Passarono alcuni mesi nei quali i nostri rapporti furono esclusivamente di carattere lavorativo, anche se

inavvertitamente il clima degli incontri diventava sempre più cordiale e quasi familiare.

Il giorno del mio ventottesimo compleanno fui svegliata, come sempre in quell’occasione, dal profumo della cioccolata calda e del pan di spagna che si sarebbe trasformato più tardi in una torta certamente bellissima e golosa. Avrebbe messo a dura prova la mia volontà di non ingrassare ma restò per sempre intatta.

Insolitamente il campanello di casa squillò e  quando aprii la porta, mi trovai di fronte a uno splendido mazzo di fiori colorati  dal quale sbucò il volto di un piccolo garzone di fioraio impaziente. Mi porse i fiori e al mio impacciato tentativo di dargli la mancia urlò, mentre si precipitava giù per le scale, Già fatto!

Rientrai con le mani che tremavano stringendo il bouquet e il cuore che aveva preso un insolito ritmo tribale.

Aprii il biglietto che l’accompagnava,già sapendo il nome che avrei trovato, ma mi sorpresi nel vedere al posto degli auguri un orario e un secco “A stasera”

Aspettai con ansia che l’ora segnata arrivasse e contrariamente alle mie abitudini, mi truccai leggermente e indossai un abito che metteva in risalto le mie forme.

La serata fu magica. In un altro momento e con un altro partner avrei avuto i conati di vomito di fronte a tanto romanticismo e formalità. Non mancava niente all’incontro alla Pretty  woman: candele, musica e… anello con diamante!

Accettai la proposta di matrimonio con entusiasmo e quella notte non riuscii a dormire… né a sognare.

Fui semplicemente agitata e disorientata. Non riuscivo a capire come fosse accaduto , come mi ero ritrovata promessa sposa senza averlo mai progettato, né tanto meno desiderato.

I giorni che seguirono furono di febbrili preparativi, il carosello di cose da fare per il matrimonio era talmente vorticoso che non mi lasciava il tempo di riflettere e presi decisioni … a dir poco originali.

Consigliata dal mio amorevole e innamorato fidanzato (quanto mi faceva ridere questa parola quando la pronunciava con sussiego Gelsomina riferendosi a lui!), lasciai nelle sue mani molto del mio lavoro mentre io mi occupavo di rinfresco, abiti e cerimonia religiosa. L’unica cosa dalla quale mi estromise totalmente e fermamente fu la scelta e la preparazione del viaggio di nozze che doveva essere una sorpresa . Ero lusingata ma nello stesso tempo un  curioso languore attanagliava il mio stomaco , visto che per questo motivo si era fatto cointestare il conto corrente, senza che quasi me ne fossi resa conto.

Il grande giorno arrivò e fu perfetto sotto ogni aspetto. L’ammirazione e l’invidia furono grandi. Mai visto sposi più belli, innamorati e fortunati.

Il momento della partenza arrivò e stremata e curiosa salii sull’aereo con destinazione… atollo privato.

Quando arrivai nel paradiso terrestre non ci misi molto a rendermi conto che quello era l’anticamera dell’inferno  che prima o poi avrebbe spalancato per me le sue porte.

Tra palme, acque cristalline e sabbie bianche il… nulla! Una volta accompagnatici nel nostro tucul a 2000 stelle provvisto di tutti i comfort, l’addetto dell’hotel ci lasciò soli.

Soli.

Sette giorni di “amore” assoluto.

Nient’altro.

Quando mi accingevo ad avvicinarmi al frigorifero venivo fermata con un abbraccio e invitata a mangiare la bellissima frutta esotica. Alle mie  proteste dapprima divertite e poi sempre più risentite, venne opposto inizialmente un sorriso e un “ti voglio sempre così:magra e bella”, poi uno sguardo duro e minaccioso.

Se volevo tuffarmi venivo bloccata perché il troppo sole poteva far male alla mia pelle delicata.

Cercai il mio cellulare, disperatamente, ma scoprii che lo aveva sequestrato per non disturbare l’atmosfera e l’incanto della luna di miele.

Non vedevo l’ora di tornare a casa per potermi ribellare, dargli un calcio nel di dietro e ritornare nuovamente single.

Mi sbagliavo.

I due giorni che precedettero la partenza ritornò normale, dolce e premuroso. Si scusò della sua apprensione.

Mangiammo di tutto, facemmo meravigliose nuotate e la notte mi sfiorò con delicatezza e mi portò con dolcezza in paradiso.

Una volta a casa, dopo i primi giorni di inviti e ricevimento di amici e colleghi, la ragnatela cominciò a prendere la sua affascinante forma. Con la motivazione che non dovevo stancarmi,e che dovevo prendermi cura della casa e del marito, mi allontanò piano piano dall’ufficio. Gelsomina fu liquidata con una somma ingente, che non avrebbe mai  potuto immaginare neanche nel sogno più ardito, perché ormai era troppo anziana e sarebbe stato una crudeltà costringerla ancora a lavorare.

Lo lasciavo fare incantata dal suo dolcissimo amore, finché….

Una mattina mi svegliai per una sensazione di freddo improvvisa e mi accorsi che dal letto erano sparite le coperte. Gli chiesi ridendo che fine avessero fatto e fu l’ultima volta che sorrisi.

I suoi occhi gelidi accompagnarono la risposta ancora più agghiacciante: “Sono ben chiuse nell’armadio. Le riavrai stasera al mio ritorno.” Al mio sguardo sbigottito rispose : “Ti sembra bello rimanere a letto al caldo a poltrire mentre tuo marito è fuori a sgobbare? Devi essere solidale. Alzati e mettiti al lavoro. Stasera al mio rientro voglio che tutto sia perfetto e splendente.” Il tutto con il tono più tranquillo e normale che si possa immaginare. Mi sorrise, mi sfiorò le labbra con un bacio e uscì chiudendo a chiave la porta dietro di sé. Dopo un momento di disorientamento, una furia cieca mi assalì e mi misi a cercare freneticamente il telefono, le chiavi, il cellulare….tutto sparito! Cercai allora il mio cappotto e mi gettai sul letto decisa a non rialzarmi fino al suo ritorno: mi avrebbe trovata così. Dopo un’ora decisi che non era la giusta soluzione. Mi dovevo vestire, aspettare che aprisse la porta e scappare giù per le scale  e andare di filato alla polizia. … E se mi avesse bloccata e fatta del male?  E la polizia che avrebbe potuto fare? Avrebbe magari creduto ad un semplice litigio tra sposini.

No. Neanche questa era una buona soluzione. La testa cominciò a girarmi. Non sapevo che fare. Mi gettai di nuovo sul letto e mi addormentai. Non ebbi neanche incubi.

Ero solo sprofondata in un nero totale. Un abisso senza fondo.

Il rumore della chiave nella serratura mi riportò alla coscienza.

“Amore, dove sei? Guarda cosa ti ho portato? Tesoro, ma sei ancora a letto?  Non ti senti bene?”

Non potevo crederci! Mentre pronunciava queste parole mi si avvicinò con un bouquet di rose gialle Le tue preferite , le appoggiò sul letto e mi prese con dolcezza tra le braccia mi baciò con delicatezza il collo e mentre io scoppiavo in singhiozzi mi cullò con dolcezza. Poi mi aiutò ad alzarmi e mi portò in cucina dove sotto il mio sguardo esterrefatto preparò una leggera e gustosa cena.

Durante la cena restai nel silenzio totale, mentre lui come se non se ne accorgesse, mi raccontava amabilmente della giornata in ufficio.

Terminata la cena mi accompagnò a letto e con dolcezza mi prese, incurante della mia assoluta rigidità.

Questa scena si ripeté non so per quanti giorni fino a che una sera, dopo avermi trovata di nuovo addormentata avvolta nel mio cappotto, mi afferrò per i capelli e mi trascinò in cucina. Io sorpresa nel sonno non riuscivo a capire cosa fosse quel dolore lancinante alla testa. Tornai completamente cosciente quando un getto d’acqua fredda raggiunse il mio volto e sentii la sua voce calma che mi diceva: “Ora per favore, pulisci tutto questo schifo. Sono cinque giorni,allora erano cinque i giorni ,che non fai un cazzo. Vuoi che porti via anche il cappotto? Vediamo signor presidente di azienda che sai fare con scopa, secchio e spazzolone.”

“Tu sei pazzo!” urlai “Io mi metto a gridare dalla finestra e ti faccio arrestare, Sporco animale”

Un sorriso gli increspò le labbra “Fallo. Urla. In preda ad una crisi isterico-depressiva è facile gettarsi dalla finestra. Dal basso sembrerà che sto cercando disperatamente di trattenerti.”

Mi porse la scopa e sempre tirandomi per i capelli mi costrinse a rialzarmi.

“Amore, non temere, ti darò una mano. Mentre tu spazzi, lavi e spolveri io cucino. Non è così che fanno gli sposini innamorati?.” La sua voce era sincera. Calma e sincera.

Il terrore si impadronì di me: era pazzo o solo sadico?

Non riuscivo a capirlo. Sapevo solo che era pericoloso, molto pericoloso.

Dovevo restare calma e studiare una strategia. Nei giorni seguenti, mi feci trovare sempre docile e con la casa in ordine, ma qualche motivo per assestarmi un pugno sul fegato che mi lasciava tramortita per un bel po’, lo trovava sempre. Una sera prima che il rito del pugno si compisse, il suono del campanello spezzò l’atmosfera da incubo, ma ne aggiunse un altro. Mi fissò gelido: “Chiunque sia non osare mostrarti infelice. Ricorda hai un marito che ti ama e ti aiuta anche per i lavori domestici. Che per amore asseconda questa tua strana mania di essere casalinga a tempo pieno.”

Mi abbracciò e baciò delicatamente e aprì. Il viso impassibile di Gelsomina si stagliò rassicurante nel vano della porta, avrei voluto correrle incontro gettarmi tra le sue confortanti braccia, ma un impercettibile sguardo gelò il mio entusiasmo.  Mi limitai ad abbracciarla e baciarla tremante. Avrei voluto che capisse tutto, così da sola come aveva sempre fatto, invece la sua domanda mi lasciò di stucco.

“Maria, cos’hai? sei così pallida! Forse sei in attesa? Sarebbe veramente una bella notizia.”

“Brava la nostra Gelsomina ha subito capito tutto!” Intervenne immediatamente lui

“In effetti Maria ha un leggero ritardo , per questo non viene più in ufficio. Però non ne vuole sapere di farsi aiutare da nessuno in casa all’infuori di me”

“Beh, potrei venire io a farle un po’ di compagnia”

Sì, ti prego sì! Signore fa’ che lo convinca

“Perdonaci Gelsomina, ma Maria quando non ci sono vuole solo riposare. Te lo dico io, perché lei avrebbe paura di offenderti”

“Vuol dire che verrò ogni sera, quando ci sei anche tu , dopo cena, a rigovernare e a prepararvi una tisana per la notte.”

Fermò  con foga sul nascere le sue proteste. “Non tentate di dissuadermi. Ho deciso. Maria per me è una figlia ed io so essere discreta. Voglio fare qualcosa per il mio futuro nipotino” Poi sorridendo: “Posso preparare un caffè per tutti? La tisana la porto io domani ”

La sua voce suadente la raggiunse come una folata di zefiro profumato “Certamente andiamo in cucina”

“No, voi andate in salotto, vi mettete comodi ed io lo preparo e ve lo porto, ne approfitto  anche per prendere  le gocce per il mio malandato cuore.”

Facemmo come ci aveva detto. Dal salotto la vedemmo armeggiare con la caffettiera e prepararsi un cucchiaino con le gocce. Per tutto il tempo lui mi tenne abbracciata con fermezza. Gelsomina tornò e mise a turno nelle nostre mani, una tazzina di caffè fumante. Mi sentii finalmente rincuorata.

Quando se ne andò un brivido mi attraversò il corpo, il suo volto era di pietra. Non riuscivo a immaginare cosa stesse pensando, non osavo muovermi. Il suo pugno mi arrivò improvviso allo stomaco, provocandomi un getto di vomito. La sua voce suadente arrivò attraverso il ronzio delle mie orecchie che annunciava una perdita di coscienza.

“Amore, già cominciano le nausee per la gravidanza! Devi stare attenta, potrebbe venirti un’emorragia interna e … addio Maria e il suo bambino. Non voglio rimanere vedovo così presto! Gelsomina poi chi andrebbe a trovare tutti i giorni.”

Al mattino mi ritrovai per terra con la faccia sporca di vomito. Lui già non c’era più.

Ripulii tutto in fretta e misi ogni cosa a posto.

Al suo rientro mi salutò con dolcezza, non una parola su quanto accaduto la sera precedente, cenammo con tranquillità e se qualcuno ci avesse osservato avrebbe pensato che in quella casa regnava una perfetta armonia.

Il campanello squillò e Gelsomina arrivò con le sue tisane “Ne ho portate diverse, così potete dirmi quali preferite” Mi guardò con un sorriso complice “Non temere, nessuna è controindicata al tuo stato”

Mi chiedevo come facesse a non capire, la vecchiaia le stava facendo perdere la sua acutezza, o il desiderio di diventare nonna, in lei che non aveva potuto essere mamma, le offuscava completamente l’intelletto.

Scelse una tisana profumata e molto aromatica, che doveva avere effetto rilassante e mentre era in infusione pensò anche alla sua salute preparandosi le solite gocce.

Per il cervello le devi prendere le gocce,altro che per il cuore, pensai  stizzita.

Appena se ne andò scappai in bagno con la speranza di sfuggire alla punizione, ma fu un grosso sbaglio, lui mi raggiunse in fretta e afferratami  la testa me la infilò nel cesso tirando poi lo sciacquone. Pensai che la mia ora era arrivata e che sarei morta affogata. Dopo interminabili minuti lasciò la presa ed io temendo ulteriori brutalità non osai tirala fuori e rimasi così, la testa infilata nel water, fino a che la paura diminuì e mi resi conto che lui era uscito dal bagno. Non osavo asciugarmi i capelli, il phon poteva trasformarsi in un’arma mortale,  avvolsi un asciugamani intorno ai capelli grondanti e mi diressi al letto. Mi accolse con un sorriso dolce e mi abbracciò con tenerezza.

Aspettavo la venuta di Gelsomina come un incubo e non più come una speranza. Ormai ogni sera si consumava il rito: tisana, gocce, brutalità.

Le sevizie diventavano sempre più selvagge e fantasiose, tanto che il suo volto aveva cambiato colore e stava diventando livido,  a volte dopo un maltrattamento inflitto con più furia era costretto a stendersi e a riprendersi dall’affanno che lo scombussolava.

Non so per quanti giorni questa tortura è andata avanti so solo che ieri sera, dopo avermi sferrato un violento calcio tra le gambe, non sono maschio ma  ho provato comunque un dolore lancinante, si è accasciato al suolo e si è  portato le mani al petto.

“Presto chiama un’ambulanza … il cuore!”

“E con cosa la chiamo, non ho telefono!?” ho detto calma guardandolo rantolare.

“Nel…. mio …cappotto…” Le parole gli uscivano a spruzzi sibilanti. Come i fiotti di bile che sputavo dopo i pugni al fegato.

“E se pure la chiamo, con che cosa apro poi la porta?”  Sentivo la mia voce arrivare da lontano, come da una vecchia radio.

Un lato del suo volto stava diventando sempre più scuro e le sue mani si allungavano imploranti verso di me. “Nel … cassetto del co … modin…o”

Mi sono avviata lentamente verso la camera da letto, ho aperto il comodino e preso le chiavi. Il contatto con quell’acciaio freddo mi ha dato un senso di liberazione. Sono ritornata da lui. Ormai il suo volto aveva assunto un colore viola scuro e la sua bocca si apriva e si chiudeva come quella del mio povero pesciolino rosso quando era saltato fuori dalla sua vaschetta. Negli occhi un bizzarro sbigottimento. Ho sorriso e aperto il suo cellulare .  Ho composto il 118.

All’operatore  ho detto con voce rotta “Mio marito. Presto. Temo un attacco cardiaco.”

“Dove si trova, ci fornisca l’indirizzo esatto”

L’ho comunicato e subito aggiunto “Presto, perché temo che sia già troppo tardi. Non respira più”

I suoi occhi erano rimasti fissi nel suo stupore. La bocca aperta nel tentativo di fare entrare un’aria che gli si opponeva e le braccia tese verso di me, in un ultimo tentativo di abbraccio o di aggressione.

Ho fatto il numero di Gelsomina e l’ho pregata di venire.

E’ arrivata insieme all’ambulanza. Lo hanno portato via e noi dietro in taxi. Il medico lo ha visitato con cura, ma non ha potuto  che comunicarmi, con tutto il rammarico di circostanza,  l’avvenuto decesso per “Infarto fulminante”. Mi ha spiegato che purtroppo è abbastanza frequente anche in organismi giovani. Dopo aver riempito i documenti necessari e fattomi le sincere condoglianze di rito mi ha affidato al personale addetto per l’espletamento di tutte le pratiche burocratiche.

A casa, finalmente sola con la mia Gelsomina, mi sono abbandonata ad un liberatorio pianto.

” È finita ormai, non devi più aver paura di niente”

L’ho guardata interdetta. Lei ha aggiunto con la solita bonaria determinazione “Ora vai a farti una doccia calda e poi ti metti a letto” Ho obbedito tranquilla.

Quando sono uscita dal bagno dalla camera da letto era sparita ogni cosa potesse ricordarmelo, anche le lenzuola e le coperte erano state cambiate.

Gelsomina mi ha  aiutato a sistemarmi e mi ha rimboccato le coperte come soleva fare quando ero bambina.

Ho respirato con voluttà il profumo di bucato pulito. Prima di lasciarmi andare ad un sonno finalmente sereno, non so bene per quale motivo  ho detto:

“Hai visto? Era lui ad aver bisogno delle gocce!”

Uno sguardo  ambiguo e un sorriso inquietante sono apparsi sul suo volto ” E le ha avute. Ogni sera. Insieme alla tisana”

Loading

21 commenti »

  1. Ho letto con molta attenzione questo racconto, per una questione di affetto, di stima. All’inizio la storia mi ha preso del tutto, poi è arrivato alla mente il momento di realizzare che sono tante le donne che si trovano a vivere storie come questa. Alla fine i miei occhi, e i miei sensi, sono affondati in un brodo di giuggiole, adoro la magia che chi sa scrivere riesce a dare ad un racconto, seppure breve, come questo, quella magia che sottende ogni vita umana e la intreccia con le altre, quella che evidentemente si era creata sin dall’inizio tra Gelsomina e la protagonista. Un grazie sincero per un’intensa emozione. Travolgere un lettore con così poche parole è bravura di pochi!
    Luigi

  2. Sotto quanti aspetti può nascondersi la follia?!?
    Maria si imbatte in un tipo di follia, che non essendo riconoscibile al primo impatto è certamente la più pericolosa e difficile da affrontare. Per fortuna in suo aiuto interviene un angelo di nome Gelsomina che con amore e discrezione riesce a farla uscire dall’abisso nel quale era sprofondata.
    Complimenti all’autrice di questo racconto che ha affrontato un argomento quanto mai attuale e lo ha fatto con grande maestria tanto da dare al lettore molteplici spunti di riflessione nel contesto di una lettura piacevole e coinvolgente.

  3. Pienamente d’accordo con i precedenti commenti, penso che questo non sia un semplice racconto da leggere tra i tanti, ma una storia su cui soffermarsi vista la molteplicità di riflessioni che stimola ad ogni passo. Trovo le prime due frasi di una forza estrema: da un lato la volontà di ricominciare a sognare (arma indispensabile per superare le difficoltà del vivere), dall’altro lato la morte. Credo che sia stato il contrasto tra queste due frasi ad avermi spinta in una lettura serrata fino alla fine con una fluidità che non mi aspettavo…davvero tutto d’un fiato e per questo grande merito ad Annamaria.
    Parola dopo parola, i luoghi, i personaggi, le situazioni che la mia mente immaginava si traducevano in sensazioni vere che percepivo come realmente vissute. E così, mi son ritrovata ad oscillare tra l’incredulità per la violenza subita dalla protagonista e la consapevolezza che la realtà odierna offre “racconti” ben più increduli di questo. Leggendo, le finestre della mente si sono spalancate su mondi che per quanto lontani dalle nostre realtà, chiuse nel proprio quotidiano, ci sembrano impossibili, ma la forza di parole semplici aiutano ad avvicinarci a problemi forse ancora troppo taciuti nella nostra società.
    Ma non solo, di contorno c’è anche la perdita dei genitori, la mancanza di affetti sinceri, la finta pietà da cui difendersi, la difficoltà nel ricevere un bene disinteressato, l’illusione di un amore perfetto…tutti aspetti che nel bene e nel male caratterizzano il percorso di vita di ognuno di noi.
    In conclusione, davvero un bel racconto, giusto nella descrizione di particolari in grado di convogliare l’immaginazione sulla strada della realtà, tutto con un linguaggio chiaro, fluido e stimolante.
    Grazie Annamaria.

    Carmen

  4. Grazie ai tre lettori per i lusinghieri commenti, ed anche per aver colto ognuno aspetti diversi del racconto. Annamaria

  5. Annamaria, ciao. Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Ho avuto emozioni forti, come se fossi in casa con loro e vedessi realmente la follia del marito.
    L’unica cosa che non mi spiego è come abbia fatto lei a resistere in quel modo, senza ingegnarsi per potersi difendere in qualche modo. O fuggire.
    Essendo amante di thriller, ho apprezzato l’intrusione della vecchia badante-mamma che, per proteggere la figliastra, si improvvisa assassina.
    😉 Attendo di conoscere il tuo parere sul mio racconto, se vorrai leggerlo.

  6. Caro Davide, grazie per il commento. Dici che non ti spieghi come abbia fatto la protagonista a resistere senza difendersi, nella realtà purtroppo moltissime donne sopportano per anni, a volte per tutta la vita violenze di ogni genere, basta leggere le cronache e guardare le statistiche della violenza sulle donne. E’ un tasto questo veramente molto amaro! Ciao e a risentirci nel tuo spazio.

  7. Una trama agghiacciante nella sua assolutamente plausibile verità. Probabilmente l’unica cosa che potrebb erenderlo più pregannte e incisivo è la lunghezza: credo che potrebbe essere scritto con la metà delle battute, e questo, forse, ma solo è un’opinione personalissima, potrebbe dare più peso specifico ad alcune frasi e parole che altrimenti un po’ si perdono.
    L’incipit è da brivido. Complimenti.
    Grazie anche per avermi letto.

  8. E’ proprio vero che il mondo è bello perchè vario! Pensa Ilaria che la maggior parte delle persone che hanno letto il racconto, mi hanno invitato a farne un romanzo, perchè a loro dire è troppo breve!. Rispetto le opinioni di tutti naturalmente , perchè i commenti arricchiscono comunque. Grazie per i complimenti.

  9. ciao annamaria,è difficile leggere tutti i racconti perciò vado un pò ad istinto,sono contenta di aver letto il tuo.Mi piacciono le trame forti ed ho apprezzato il linguaggio deciso e i passaggi veloci,essenziali senza troppo soffermarsi sulle sensazioni che vengono fuori da sole dall’incisività delle descrizioni.Complimenti,parlare di questo tipo di argomenti non è semplice,e lo hai fatto bene senza sentimentalismi,lasciando al lettore il giusto spazio di reazione.Piccola osservazione:il finale,va bene così,ma è superfluo secondo me ” E le ha avute. Ogni sera. Insieme alla tisana”,io avrei chiuso senza questa frase.Visto che ti piacciono le trame forti se vuoi puoi leggermi.( siamo anche insieme nell’antologia della lussuria di perrone…),ti leggerò anche lì.
    in bocca al lupo

  10. Ciao Annamaria,
    ho letto il tuo racconto e credo che tu sia riuscita nella prova più difficile per lo scrittore:afferrare il lettore e non mollarlo più. Mi sono sentito travolto dai drammatici avvenimenti della protgonista, ho fatto il tifo per lei e ho atteso la fine dell’incubo con il fiato sospeso fino alla liberazione. Un continuo crescere di tensione:avvincente.
    Per quanto riguarda la forma, non solo mi piace il tuo modo di scrivere ma ha il valore aggiunto del racconto è dato dall’assenza di epiteti o volgarità tanto di moda, soprattutto nei racconti thriller e che solo raramente sono giustificati.
    Nel pregarti di dare un’occhiata al mio racconto, ti faccio i miei complimenti e in bocca al lupo.
    Alessandro Colosimo (ZENONE)

  11. Rabbia. E’ quello che nasce e cresce nel lettore scorrendo la trama del racconto. Mi rendo conto che la violenza non è mai la soluzione giusta, ma chi può biasimarmi se dico che metterei volentieri due dita in gola a quell’aborto mancato di uomo? E poi perchè definirlo uomo? Essere vivente di sesso maschile regredito allo stadio primordiale forse rende più l’idea di quello che penso. Purtroppo la cosa più triste è che questo racconto altro non è che uno spaccato di molte realtà che troppo spesso rimangono nascoste. Mi complimento che l’autrice per l’insieme dello scritto e principalmente per essere riuscita a non usare volgarità in una situazione in cui era fin troppo facile cederci dentro. L’epilogo del racconto riesce a sfamare in qualche modo la mia sete di vendetta, ma sono tristemente convinto che si esca sempre sconfitti con un omicidio. Ma una situazione del genere come la si può risolvere se non in questo modo? Comunque ancora complimenti per essere riuscita a “tirarmi dentro” completamente e, se dovessi proprio trovare un difetto, sarebbe quello della lunghezza del racconto…come dicono a Parigi “sa di poco!”.

  12. Complimenti Annamaria, un gran bel racconto, forte, terribile, coinvolgente, che ti prende completamente. In particolare, ben riuscito il personaggio di Gelsomina, Hai saputo renderlo in pieno, senza descrizioni, senza inutili orpelli. E’ un personaggio decisamente inquietante, un angelo custode, capace di comprendere al di là delle parole, ma anche di un gesto estremo per salvare la sua “protetta” Una persona certamente decisa e generosa ma anche spaventosa:averla vicino dovrebbe far venire i brividi! Molto ben resi anche la violenta follia dell’aguzzino e la spaventata apparente rassegnazione di lei.
    In bocca al lupo. Valeria

  13. Complimenti vivissimi, uno dei migliori racconti che ho letto del concorso di quest’anno. Non c’è una frase in più, né una in meno, e tutte contengono le giuste parole. Il linguaggio che hai usato (abbastanza semplice) è il più adatto, e fa risaltare ancora di più il crescendo dei fatti, che si succedono in maniera magistrale. Non manca ovviamente un adeguato approfondimento psicologico dei personaggi…insomma: brava! Andrea Ercolini

  14. Grazie a tutti per i commenti. Sono veramente felice che il mio racconto susciti emozioni così forti, e nello stesso tempo riceva anche positive recensioni di valore letterario. Annamaria

  15. Il dramma devastante della violenza che distrugge la vita di molte donne suscita in tutti rabbia, indignazione e un forte senso di impotenza.
    Sentimenti a cui si aggiunge, molto bene evidenziato in questo racconto, il terribile senso di solitudine vissuto dalla protagonista in uno scenario di un’ordinaria follia.
    Trattare un tema così difficile non è facile, quindi ti arriva il primo BRAVA.
    La scelta poi di raccontare in prima persona, in maniera quasi distaccata, dà un notevole spessore realistico alla vicenda e sottolinea la tua straordinaria capacità espressiva. Ed ecco il secondo BRAVA.
    In un crescendo angoscioso di sofferenza la narrazione, mai banale, procede con ritmo cadenzato verso un finale veramente sorprendente, degno di un thriller d’autore. E a questo punto il terzo BRAVA è d’obbligo. Complimenti.
    Ester

  16. Sono rimasta colpita dlla tua capacità, non so fino a che punto consapevole, di evidenziare un’assenza completa di amore fra i due protagonisti. Con una scrittura essenziale hai saputo cogliere l’incapacità della donna di guardarsi dentro e chiedersi cosa provasse veramente per lui, è accaduto tutto troppo in fretta. E’ un racconto che fa riflettere sulla necessità di riconoscere l’amore aldilà delle ingannevoli apparenze, purtroppo non è facile!
    Ancora una volta hai fatto centro!
    Ciao, Aurora

  17. Appena finito di leggere il tuo racconto, è rimasta in me la sensazione netta di aver letto una fiaba per adulti, bella, avvincente con tutti gli ingredienti canonici di questo genere: la protagonista, l’antagonista, l’aiutante, l’elemento magic, la risoluzione finale, il tutto condito da suspence in crescendo. Già ti conoscevo come una scrittrice dai colpi di scena, adesso ti sei rivelata anche una scrittrice di thriller.
    Ciao, Paola.

  18. Grazie anche a Paola e Aurora, è veramente sorprendente vedere come ogni persona coglie aspetti diversi di uno stesso scritto.E’ tra queglii elementi della scrittura che mi sorprendono sempre, e che mi danno la carica e mi spingono a continuare.

  19. Ciao Annamaria,
    mi associo agli altri commenti.
    Il tuo racconto è davvero coinvolgente e trascinante, oltre ad essere stilisticamente ben scritto. Insomma è semplicemente bello!
    Chi legge si lascia trasportare fino in fondo, e dispiace quando si arriva alla fine, perchè si vorrebbe proseguire nella lettura… Complimenti!
    Mi fa piacere se vorrai leggere il mio racconto e dare un tuo parere.
    Monica

  20. Ciao Annamaria,
    veramente bello e coinvolgente il tuo racconto. Trovo che tu abbia affrontato il tema della violenza sulle donne in maniera incisiva, raccontando una delle purtroppo tante storie che possono accadere tra le mura domestiche.
    L’ho letto tutto d’un fiato e ho apprezzato moltissimo il finale, brava Gelsomina!
    Anna

  21. Ciao Annamaria,
    intanto ti ringrazio per il tuo giudizio sul mio racconto, inoltre volevo farti i complimenti per il tuo.
    “Strike” è davvero un racconto molto coinvolgente; hai uno stile letterario molto interessante e piacevole. La povera protagonista ne ha passate tante nella sua vita, ma alla fine è riuscita ad ottenere la “felicità”.
    E’ proprio vero che a volte morte significa rinascita….
    Claudio

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.