Premio Racconti nella Rete 2012 “La radio di montagna” di Giorgio Kioussis
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012LA STAZIONE RADIO DI MONTAGNA
Inizio delle trasmissioni, inizio delle trasmissioni, inizio delle trasmissioni.
Notiziario mutuato dalle condizioni climatiche, le nubi della neve. I segnali iniziano ad ondeggiare,
seguono le folate del vento che fa sbattere le antenne sul tetto di acciaio ondulato. Gli apparecchi
dei nostri ascoltatori sono già accesi, illuminano i salotti in ombra, dando forma alle cornici sugli
scaffali, i quadri indistinguibili. Nonostante la qualità gracchiante, qualcuno deve ascoltarci. Ci
ascolterà.
I dirupi screpolati che ci dividono da voi, nostri cari, non impediranno che voi ci sentiate. Mettiamo
la musica, la scegliamo con cura, prima di iniziare; nella speranza che tutti, ma soprattutto i ragazzi,
ne siano soddisfatti. C’è un particolare ordine, anche se i dischi si scelgono da soli. Possiamo
schiarire la voce senza produrre disturbi. Attendete ancora un po’.
La neve si appiccica ai vetri spessi il doppio dei vostri vetri. Ci ricopre come se fossimo un suo
lamento notturno, esasperati dall’idea che si possa svegliare. La temperatura del nostro stabilimento
è irreale, la neve sta sudando durante il sonno. Fa troppo caldo. La nostra piccola realtà tiepida, che
si avvolge i piedi nudi fra le lenzuola, potrebbe venir meno; il nostro dio inverno può essere
capriccioso talvolta.
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…….. Un bambino deve ancora sintonizzare il suo apparecchio radio……………………………………………….
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Potremmo registrare le nostre voci e proporvele all’infinito, forse lo stiamo già facendo. No. Si
sentirebbe scorrere il nastro. Non c’è nessun inganno. Non ascoltateci più. Attendete sempre. Stiamo
tergiversando.
( Vi chiederete perché parliamo al plurale. Troppo noioso dite? Avete ragione, non siamo la
televisione).
Volano dei jet sopra la montagna della radio, o montagna cablata, o semplicemente la montagna
dato che la montagna è venuta prima della radio. Superano la velocità del suono, il Mach 1; entrano in
regime supersonico. Nel momento esatto della penetrazione della barriera del suono, il velivolo si
trova il regime transonico, dato che il punto di massima velocità si trova all’esterno della massa. E
come risultato si ha una nuvoletta che scompare subito. I rombi assordanti sono 3, sono trasmessi in
diretta, dato che gli apparecchi sono accesi e ben funzionanti. I rumori assordanti sono piuttosto simili, e si scambiano fra loro. Forse non sono velivoli.
L’idea della radio è poter parlare senza essere contraddetti. Il telefono non c’è. Non c’è una linea
verde, uno spazio per le chiamate, niente. Il confronto è lacerante. Se insoddisfatti, basta spegnere la
radio. Le conversazioni si costruiscono giorno per giorno, ma è difficile ricordare quelle del giorno
prima. Si ammassano insieme in una dimensione simile ad un’interferenza, come le frequenze AM
che talvolta danno spazio a spiriti, che parlano attraverso quarti di tono orientali, sitar che male
accompagnano i fischi e le urla nei cuscini.
Queste conversazioni tardano a venire; qualcuno ha posto il microfono vicino alla finestra, vuol
sentire che effetto suscita sugli ascoltatori, anche se non può saperlo. Niente telefono. Gli animi
dondolano sulle stesse note, c’è una sonnolente impazienza.
“Perché abbiamo una redazione se nessuno scrive?!?”
(Questo commento non si è sentito, per fortuna).
Nessuno scrive perché niente è mai stato scritto. Si soffermano tutti per qualche motivo, si guardano
le mani, versano l’acqua dalle bottiglie alla caraffa, dalle caraffa ai bicchieri, e dai bicchieri di
nuovo nella caraffa. Sembra che nessuno se la beva mai quest’acqua, il colore, o l’assenza di colore,
sembra sbiadito dall’usura del travaso.
Un disco si libera della tensione e si fa avanti, richiesto dall’altra parte dei cavi; i ripetitori solo per
caso hanno captato questo desiderio.
“In dreams I walk with you
In dreams I talk to you
In dreams you’re mine all of the time
We’re together in dreams,
in dreams”
Non solo l’amore religioso del richiedente si districa in una dimensione onirica; l’intera stazione,
con uno slancio di fantasia, si spiralizza in un sogno. Le lucciole descrivono circuiti della loro stessa
luce all’interno delle sue palpebre. Vere palpebre, fatte però di acciaio ondulato. Coperte a
profusione scendono dalla cima della montagna, con piccole maioliche stellate di freddo.
Le trasmissioni saranno sospese a tempo indeterminato.
Fine delle trasmissioni, fine delle trasmissioni, fine delle trasmissioni.
Mi piace molto questo ritmo, bravo.