Premio Racconti nella Rete 2012 “Il ciliegio di Ahitina” (sezione racconti per bambini) di Carmela Tuccari
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Il piccolo paese di collina circondato da verdeggianti limoneti, vigne e uliveti aveva completamente cambiato il proprio aspetto discreto dopo l’arrivo di ruspe, gru, pale meccaniche e quant’altro … Si erano visti in giro mostri che vomitavano cemento da una proboscide a serpentina e draghi dalle bocche spalancate che anziché fuoco sputavano dalle fauci ferro e mattoni. E, come per incanto, venivano fuori rettangoli, cubi, parallelepipedi, neanche fossero stati costruiti dalle abili mani di bimbo con i mattoncini Lego!!!
Persino il modesto quartiere a due passi dal centro storico era stato stravolto da quella smania di abbattere ed edificare. Delle tante casette, dalla facciata ora rosa ora gialla, che nascondevano cortili e giardinetti, ne era rimasta una soltanto, costretta tra palazzi alti e anonimi, solitaria e stramba, con i due stanzoni e l’ampia cucina che davano su un cortile dove, al centro, troneggiava la piccola cisterna circondata da vasi fioriti. Da un cancelletto di ferro si accedeva al giardino, un fazzoletto verde, ultimo quadrato rimasto della vasta distesa di antichi agrumeti.
La proprietaria, acida e scontrosa, si era rifiutata di vendere ai costruttori quel piccolo paradiso. Non aveva ceduto alle loro lusinghe. Non aveva bisogno di soldi lei! … diceva. Viveva con poco, mangiava frutta di stagione e si nutriva delle carni di conigli e galline che allevava, e di queste ultime vendeva anche le uova fresche.
Era una donnetta bassa e larga, alquanto sgraziata, con le gambe storte e magre che le impedivano di muoversi speditamente. Si trascinava, infatti, da una parte all’altra del suo dominio con fatica. Negli ultimi tempi poi, dopo numerose cadute e varie fratture riportate, camminava appoggiandosi ai muri e sospirando ad ogni passo un lamentoso “ahi”, ahi, ahi”, inframmezzato da parolacce.
Così qualche buontempone aveva pensato bene di aggiungere al suo vero nome, che era Tina, il prefisso “ahi” e per tutti era diventata Ahitina!
Lei però, anche se scorbutica, era generosa con i vicini e regalava la verdura e la frutta del suo giardino, soprattutto le ciliege del grande albero che vi si trovava nel bel mezzo e stendeva i suoi rami come un enorme ombrello sugli aranci, i limoni e i mandarini dalle lucide foglie e, quando si riempiva di fiori, era come se indossasse un velo da sposa, diventando una gioia per gli occhi e per il cuore!
La donna viveva da sola, non aveva né fratelli né sorelle, e l’unico essere a cui era veramente affezionata era il gatto Nerone, che però era una “gatta femmina”, lei ci teneva a dirlo.
Perché avesse scelto quel nome altisonante che non era certo riferito al colore del pelame, di un grigio sporco poco appariscente, nessuno l’aveva mai capito.
Nerone aveva fatto di quell’appezzamento di terra il suo regno. Restava ore ed ore accovacciato sul muretto, sornione, come se dormisse, e poi scattava come una molla per dare la caccia a topi e lucertole. Spesso sconfinava nel territorio vicino ed era diventato lo spauracchio delle massaie distratte che abitavano ai piani bassi e, di tanto in tanto, vedevano sparire pezzi di carne, formaggio o prosciutto, roba lasciata incustodita sul tavolo di cucina. Per la verità erano in tanti a non sopportarlo, aggressivo com’era, ma si guardavano bene dal farlo notare alla sua padrona che diventava ancora più furiosa della sua gatta, al solo sentirla accusare.
Anche Sal temeva quel gattaccio, avendo creduto, con l’ingenuità dei piccoli, alla storiella raccontatogli dalla mamma che a far sparire i giochi lasciati in giro era proprio “lei” la gatta “Nerone”. Eppure ne seguiva affascinato i movimenti dal suo balcone che dava direttamente sul giardino di Ahitina.
Gli piaceva pure osservare gli alberi che cambiavano aspetto col mutare delle stagioni e si divertiva a dar loro un volto ed espressioni diverse come se si trattasse di persone … Così quando si era accorto che il grande albero in mezzo al giardino non dava più fiori, non metteva le foglie e non produceva ciliegie, frutto di cui era assai ghiotto, si era molto rattristato.
Ormai erano passati tre anni, il ciliegio continuava a non fiorire e alzava gli enormi rami come dita adunche di strega a graffiare l’aria. Nessun uccellino vi faceva più il nido. Il “gatto” Nerone si era fatto vecchio e spelacchiato, ma continuava come sempre a dare fastidio a tutti. Sal era diventato “grande”, frequentava già la prima elementare ed aveva imparato a leggere. Continuava a non riporre i giocattoli nel baule colorato e a controllare le scorribande del gattone nel giardino di Ahitina.
Quel giorno, come sempre, si era svegliato appena la mamma aveva spalancato le persiane per far entrare la luce del mattino ed era balzato dal letto per correre in cucina. Lo aspettava il suo cartone animato preferito! Prima, però aveva schiacciato il nasino contro il vetro della porta-finestra accorgendosi subito che c’era qualcosa di nuovo. « L’albero di Ahitina ha i puntini rossi !!! » aveva gridato. « Avrà preso il morbillo ». La voce cavernosa del fratello maggiore lo aveva raggiunto da sotto le coperte. Perché mai sua madre si ostinasse ad aprire le persiane così presto non gli era chiaro. « Stupido pigrone » aveva risposto per le rime il fratellino « magari avrà i brufoli come te!!!» e si era avviato verso la cucina.
« Mamma, mamma » continuava a ripetere, tirandola per la vestaglia « il ciliegio di Ahitina è tutto coperto di puntini rossi, vieni subito a vedere ».
Conoscendone l’insistenza la madre lo seguì e poté constatare che la corteccia dei rami era rigonfia in diversi punti. “Saranno le gemme?” si chiese “Un albero secco, che chissà perché quella donna così attenta e precisa non aveva fatto tagliare, può rinverdire dopo tre lunghi anni?”. Non parlò. Non voleva deludere il suo bambino …
Infastidito più che mai dal chiarore, dalle voci, dal trambusto, il ragazzo tredicenne si alzò a malincuore. Alto e dinoccolato, perennemente annoiato, con passo strascicante si avvicinò ai vetri stropicciandosi gli occhi. Abitualmente si alzava all’ultimo momento e spesso, eludendo la sorveglianza della madre, evitava perlomeno di lavarsi i denti … Ma la curiosità era stata più forte della pigrizia.
Anch’egli si accorse delle minuscole bolle, ma non voleva darsi per vinto, mentre Sal continuava a ripetere « Guardate è un miracolo … » « Si, un miracolo! Un albero che risorge dopo tre anni! Ahahahah! Ahitina potrebbe aprire ai turisti facendo pagare loro un euro per ammirarlo. Diventerebbe più ricca di zio Paperone con i tanti citrulli creduloni che ci sono in giro!!! » lo rimbeccò il fratello. In quel periodo gli piaceva fare il bastian contrario.
Sal era sul punto di scoppiare a piangere, quando l’altro fu colpito da un particolare. « Guardate » disse meravigliandosi egli stesso « nell’incavo dei due rami, giù in basso a destra ci sono tre foglioline!!! »
« Siiiiiiiiiiii !!! » urlò il piccolo « finalmente si è svegliato !!! ». Pregustava già il gustoso sapore delle ciliegie rosse e carnose e pensava all’arrivo degli uccellini che, con il loro canto, avrebbero allietato tutto il vicinato.
Aveva dimenticato l’interessante episodio del cartone, bevve il suo latte e si lasciò vestire senza fare capricci. Per la prima volta era contento di andare a scuola.
Non vedeva l’ora di raccontare alla maestra la storia di un vecchio albero che aveva dormito per tre lunghissimi inverni e si era risvegliato proprio il primo giorno di primavera.
E’ veramente una bella storia. Sono contenta per Sal !
Grazie. è anche una storia vera che dovrebbe far riflettere come sia importante salvaguardare la natura.