Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Scacchi in posizione del loto” di Saverio Sam Barbaro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

La porta davanti a me non era in stile orientale e non si apriva con movimento

orizzontale. Lo fosse stata, avrei cominciato a farla muovere lentamente in modo che,

ampliandosi attimo dopo attimo lo specchio visivo, avrei potuto godere di quella

istantanea che imbottiva lo spazio con la sua –sia pur imprecisa- imitazione del cerchio:

i miei allievi erano seduti sul pavimento, le gambe intrecciate nella figura del loto.

Immobili. Silenziosi.

  Non agitarti pensando di precedere l’attimo.

  Fermo.

  Ancora più fermo.

  La foglia del pensiero volteggia nell’aria e ti cade sul capo.

  Senti che ti scivola tra i capelli.

  Non ti muovi: sei tu stesso un inesistente punto nello spazio.

  Non respiri: sei tu stesso il respiro.

  Non parli: sei tu stesso parola muta.

  Tu sei fuori da ogni tempo.

  Tu sei fuori da ogni spazio.

  Tu sei tempo.

  Tu sei spazio.

  Non sei fuori dall’universo: tu sei l’universo.

  Tu non sei tu.

  TU SEI TU…

Aprivo la porta lentamente. Intanto spalmavo lo sguardo sui miei allievi. Avrei dovuto

insegnare loro a disporsi con più precisione. Mi mancava l’armoniosa figura di un vero

cerchio.

  L’armonia possibile può essere solo dentro di te.

  Se sei in armonia dentro di te, è armonia anche ciò che vedi fuori da te.  

I miei ultimi passi erano carezze dei piedi sul tappetino di cui avvertivo la presenza

docile, riservata e fedele. Sosteneva la mia fisicità che non volevo tradire ma che mi

preparavo a sospendere.

  Entrai nel cerchio umano e fui anch’io punto anonimo nell’universo del pensiero che

non esiste nemmeno nel pensiero.

 

Dall’armonia del cerchio, con buona approssimazione, a quella di un tubetto di  

dentifricio. Mi avete capito: ero alla fermata del bus. Tra pochi minuti sarei salita su

quello diretto verso casa. La realtà quotidiana impone spesso a tutti i miseri mortali

come me di sostituire l’estetica con la fuligginosa e scombiccherata realtà quotidiana. 

Ma qualcuno non me ne diede il tempo. “Posso averti sulla mia macchina? Ti porterò

dove vorrai. Sarò il tuo tassista.”

  Mi voltai verso il giovane dai capelli lunghi e neri annodati dietro a formare un

codino.  La sorpresa fu grande, e gradevole, quando lo riconobbi. “Tu?” sorrisi.

  “Ti dà fastidio vedermi?”

  “Al contrario. Sei sparito come un folletto delle tenebre.”

Mi invitò a seguirlo con un cenno furtivo, come avrebbe fatto un agente segreto verso

un suo ancor più segreto collaboratore.  Con il risultato che tutti quelli alla fermata del

bus se ne accorsero scambiandosi tra di loro occhiate incuriosite. Sentii persino una

donna di mezza età dire a quella che aveva di lato: “Una donna di quarant’anni non

dovrebbero accettare l’invito di un ragazzo di vent’anni o poco più. Una vergogna”.

  Riuscii anche a sentire la risposta allusiva dell’altra. “Vergogna, doppia, per le

invidiose che vorrebbe essere al suo posto”. 

  Gli andai dietro sino ad una traversa lì vicino e salii sulla sua auto. Subito mi

diede dei grandi occhiali da sole. “Con questi sarà più difficile riconoscerti.”

  Lo accontentai ma poi restai perplessa davanti al grande cappello di paglia dai colori

vivaci che voleva calarmi sulla testa. Lo fermai. “Vuoi che attiri l’attenzione di tutti

con questo coso in testa, in pieno inverno? Gli occhiali sono sufficienti.”

  Ci staccammo dal marciapiede immettendoci nel traffico. “Devo prepararmi ad un

torneo di scacchi da giocare contro il computer. Saremo in tanti,  a guardare la

scacchiera sull’enorme monitor alla parete del locale e a muovere simultaneamente i

nostri pezzi.”

  “Non ci ho mai giocato, stento persino a ricordare le regole della tombola” risposi.

  Mi fissò mentre si districava al volante tra una macchina e l’altra.  “Sei la migliore

istruttrice di yoga che conosca. La tua arte potrebbe restituire tranquillità a chiunque.”

  Gli sorrisi. “Complimento gradito. Sono lusingata.”

  “L’ansia mi ha divorato sin da piccolo,” riprese, “ è per questo che ho sempre perso le

partite più importanti. Non mi riferisco solo agli scacchi ma a tutte quelle che la vita mi

ha messo davanti. Aiutami a liberarmi da questo insetto aggressivo chiamato ansia. Tu

sola sai come fare.”

  Lo fissai negli occhi nel momento in cui si fermò davanti al semaforo. “Come fare,”

gli feci eco,  “lo sai bene, ed io posso solo ricordartelo. E darti qualche semplice

consiglio per migliorare la respirazione. E’ importante immettere con regolarità l’aria

nei polmoni. La stessa aria che viene da ogni parte del mondo, anche dal paese in cui,

secondo molti, sono stati inventati gli scacchi, l’India. Un’aria sempre nuova e sempre

antica. Forse la stessa respirata dall’inventore degli scacchi, tanti secoli fa, e da colui

che, ugualmente tanti secoli fa,  –guarda caso- anche lui in India, ha concepito la nobile

arte dello yoga.”

  Nei suoi occhi brillò una luce di incanto. “Sei un meraviglioso tranquillante.

Dovrebbero riprodurti in pillole e metterti in vendita in tutte le farmacie del mondo.”

  Scossi la testa. “A proposito di quiete e tranquillità.  Il semaforo è verde e da dietro ti

stanno strombazzando pronti a venire qui con il proposito di darti la quiete eterna.”   

  Ripartimmo e lui riattaccò. “Mio padre è stato il primo maestro di yoga della città.

Nella palestra che ha fondato ci passava più tempo che a casa, lo ricorderai di certo

anche tu, che sei stata la sua allieva prediletta.  Altrimenti non ti avrebbe affidato un

piccolo numero dei suoi allievi perché tu li guidassi. Ma molto presto in numero più

grande, uno dopo l’altro, hanno confessato di preferire te a mio padre. Alla fine lui non

ce l’ha fatta più e, con un pretesto, ha dismesso gli abiti di allenatore sparendo. Per

ripicca, ha poi convinto il proprietario del locale, un suo caro amico, a darti lo sfratto.

Non ti sto svelando un segreto. Tra un mese dovrai lasciare quel locale.” 

  Dovetti dar fondo a tutta la mia esperienza di yoga per dare ai polmoni la giusta

 

quantità di aria. “Il proprietario ha deciso da solo” mentii con voce incerta.

  Fermò la macchina davanti alla mia abitazione. “Ti chiedo di allenarmi in tutto

segreto, se è necessario anche a casa tua. Aiutami almeno a vincere il torneo, se non ti

va di avermi troppo tempo tra i piedi. Posso contarci, almeno per quello?”

  “Lasciami riflettere” risposi mettendo un piede sull’asfalto.

  Entrai a casa e andai dritta sotto la doccia. Stranamente rinunciai a mescolare l’acqua

calda con la fredda senza capire perché facessi così. Rabbrividivo sotto il getto gelido.

Ma resistei al supplizio. Intanto mi interrogavo se era lecito fare un torto ancora più

grosso a chi mi aveva istruito nello yoga. Uscii e mi preparai la cena, poi, come da

routine,  prima di andare a letto, accesi il computer. Nella posta c’era un messaggio.

                                       Mia cara ex allieva,

è da qualche giorno che penso di parlarti. Ma  chi si affida al valore di antiche

discipline deve pur sapere approfittare delle moderne opportunità, se non configgono

con la morale. Dunque, mi affido alla mail che stai per leggere. Con la quale ti

confesso –ma tu lo avrai già capito- che è stato triste vedere i miei allievi preferirti a

me.  Così  ho deciso di andare via. Non avrei dovuto. Non ho dato prova di

opportuna e dignitosa  autodisciplina. Ne è prova il fatto che ho cresciuto un figlio

nevrotico. Con una colpa in più. Gli ho chiesto di abbandonare la palestra per

sottrarlo al tuo insegnamento.  Un errore fatale. Il suo  sistema nervoso si sta

collassando.  Ora deve sostenere un torneo a cui tiene molto. In caso di fiasco  mi

sentirei il  primo responsabile.  Stasera stessa, quando rientrerà a casa, gli proporrò di

tornare da te.  Spero di convincerlo. Ne avrà sicuro giovamento.  Inoltre, con il suo

ritorno, tutti sapranno che è immutata la mia stima nei tuoi confronti.  Oh, prima che

ne che me ne dimentichi.  Se non riuscissi a convincere il proprietario del locale che

ospita la palestra a revocare l’avviso di sfratto ti metterò a disposizione un buon locale

di mia proprietà che potrai usare a titolo completamente gratuito.

                   Un grazie di cuore dal tuo ex maestro                                                                

  Lessi l’ultimo rigo e mi alzai di scatto cercando di non ascoltare le voci che mi

venivano da dentro. Vi sono momenti che hanno un tono esagerato. Quindi andai ad

aprire la finestra della stanza da letto. Tra tutti gli insegnamenti del mio ex maestro,

quello di lasciar circolare l’aria in casa durante la notte era l’unico che non avevo mai

messo in pratica. Non sopporto il freddo e l’inverno era rigido. Rabbrividendo, mi

infilai sotto le coperte. L’istinto mi spingeva a rabberciarmi tutta contro me stessa.  Ma

restai immobile come una statua.

Non ti muovi: sei tu stesso un inesistente punto nello spazio.

Non respiri: sei tu stesso il respiro.

Non parli: sei tu stesso parola muta.

Tu sei fuori da ogni tempo.

Tu sei fuori da ogni spazio.

Tu sei l’universo.

Tu non sei tu.

TU SEI TU…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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