Premio Racconti nella Rete 2012 “6-0, 6-0” di Lea Torrisi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Stava in piedi sul molo e guardava il ritmico movimento delle onde, trasferendo tutto se stesso , le sue fibre , il suo sangue, le sue ossa, in quell’acqua che si muoveva. Infine anche il suo respiro si adattò a quel ritmo e vi si abbandonò completamente.
Lui era il mare e il mare teneva sua madre tra le braccia. Fu così che la ritrovò.
E lei da quelle profondità gli parlò. Sentiva la sua voce, la stessa che la sera gli dava le ultime raccomandazioni: ” ripassa la lezione per domani, fa’ che la pagina scritta sia l’ultima immagine che i tuoi occhi vedono prima che ti addormenti, così la tua mente continuerà a vederla nel sonno e domani sarai più preparato!” , erano le ultime raccomandazioni del giorno, ma a lei sembrava fossero le ultime della sua vita.
Fausto aveva iniziato i suoi studi a sei anni compiuti perché sua madre voleva che fosse davvero pronto a iniziare la sua carriera scolastica che, per lei, era quanto di più impegnativo le persone dovessero affrontare nella vita e lo aveva tenuto per mano, studiando con lui tutto, di nuovo , a iniziare dalle vocali. Doveva essere il migliore, perché doveva essere migliore di lei e lei aveva concluso i suoi studi con un centodieci , ma senza lode. In ogni momento della sua vita scolastica sua madre interveniva con le sue spiegazioni, delucidazioni , chiarimenti. Tutto assumeva dimensioni spaventose per il povero Fausto, che a sei anni, sentiva parlare di Aristotele quando doveva soltanto capire il significato della parola “causa”.
“Mamma ho una bella notizia! Ho avuto otto nel compito d’italiano, la professoressa mi ha detto che sono stato bravo”.” Allora era quasi perfetto! – rispondeva lei – che cosa hai sbagliato? Probabilmente hai fatto errori banali , che la prossima volta potrai evitare. Pensa: poteva essere un compito perfetto, potevi avere un nove! “. Insomma una delusione. Fausto andava a chiudersi in camera e si distraeva giocando. Aveva capito che non avrebbe mai avuto gratificazioni. Tutto quello che riusciva ad ottenere era sempre suscettibile di perfezionamento, non avrebbe mai superato i traguardi che si ponevano davanti a lui tutti i giorni. Era inutile provarci.
Inutile provare a ribaltare il set: 4-6 a favore dell’avversario. Ma il secondo set riparte da 0-0 , non c’è un ostacolo da superare. Fausto pensava alle battute eseguite alla perfezione durante gli allenamenti, quando il sorriso muto dell’allenatore gli diceva: “perfetto Fausto, sei il migliore qui! Con te i tornei a squadre li vinciamo tutti, ti faccio giocare in squadra con l’allievo più scarso, perché solo con te può uscire dal match senza subire la sconfitta e poi , per “schiacciare” l’avversario, ti faccio giocare anche il singolo, otterremo una vittoria dopo l’altra…”. Questi pensieri erano il carburante per il suo braccio sinistro, col quale afferrava la sua Wilson con una forza e una precisione non comune fra i ragazzi del circolo. Nel frattempo il secondo set era giunto al risultato di 4-0 in suo favore e lui non ci aveva ancora fatto caso . Ancora un 40-0 e si sarebbe aggiudicato il quinto game, ma fu proprio in quel momento che l’angoscia lo prese. L’inizio del sesto game aveva portato un punto al suo avversario, allorché scivolando sulla terra rossa non era riuscito a rispondere ad una volle sotto rete.
Non sarebbe stato più un 6-0, non un set perfetto, inutile provarci, inutile pensare di farcela. Vide sua madre fra gli spettatori sulla gradinata, il suo viso era angosciato.
Se non è un punteggio pieno , non è un punteggio utile. Perse quel match e tanti altri ancora. Insicuro, incapace di accettare ogni risultato , qualsiasi livello raggiungesse. Continuò ad impegnarsi a fondo solo nel gioco virtuale, chiuso in camera sua. Era cresciuto, ormai aveva raggiunto la maggiore età, mentre qualcuno gli aveva spiegato che il gioco è un bisogno fisiologico della mente e che esso risponde alla necessità di sostituire se stessi con un personaggio ideale. Per lui doveva essere così perfetto che neanche la realtà virtuale era in grado di offrirglielo. Ma Fausto aveva capito come fare, costruì il suo personaggio ideale in un gioco inventato completamente da lui. Sua madre lo sapeva, lo aveva visto, sbirciando ogni tanto in camera sua; per questo prese quel dischetto, ne fece una copia e la spedì, a sua insaputa, al concorso internazionale che metteva in palio una notevole somma di denaro e un contratto di lavoro, con la più grande casa produttrice di applicazioni tecnologiche . Lui non aveva nessuna intenzione di partecipare ad un concorso. Il suo lavoro non era perfetto, non valeva la pena provarci. Dopo un mese arrivò una lettera, che invitava Fausto, proclamato vincitore, a presentarsi presso la sede per sostenere una piccola prova formale e prendere possesso dei suoi premi. C’erano due settimane di tempo, un periodo che doveva bastare alla madre di Fausto per dirgli della partecipazione forzata al concorso, della piccola prova formale. Avrebbe dovuto superare una, sia pure piccola, prova! Lei sapeva come sarebbe andata: come l’otto nel tema d’italiano, come il set ribaltato in 5-7 da 5-0, e come tutte le altre vittorie che, essendo piccole diventavano grandi sconfitte; sarebbe rimasto chiuso in quella camera per il resto della sua vita e lei non avrebbe potuto far nulla per convincerlo, o forse, qualcosa c’era : era la sua esistenza che aveva fermato quella di suo figlio, ma una madre dà la vita al figlio, non gliela toglie, piuttosto esce di scena. Questo era quello che doveva fare lei. Così scelse il mare. Le furono necessarie tantissime bracciate per perdere il fiato e le forze, ma alla fine ce la fece: sparì tra le onde. A casa sul suo comodino un messaggio per Fausto:” E’ ora di apprezzare i piccoli risultati, provaci”. Accanto la lettera che comunicava la vittoria del concorso. Ci riuscì. Raggiunse rapidamente notevoli risultati, alternava studio e lavoro, trovando il tempo anche per giocare a tennis, diventò un famoso esperto in informatica e spesso nelle riviste apparivano articoli che parlavano dei suoi successi, e , naturalmente , era riuscito a laurearsi, voto : 110 e lode.
” A piccoli passi, Fausto “, quell’aria scaturita dall’infrangersi del mare sugli scogli tornava a ripetergli sempre.
Un racconto breve deve trasmettere al lettore delle sensazioni intense, come un lampo che esprime in pochi secondi tutta la forza di un temporale. Non è facile. Ma nella nostra epoca i messaggi diventano sempre più brevi , perché non c’è tempo, non c’è pazienza per la lettura. E così, la parola da segno, simbolo che unisce significato intensivo ed estensivo, diventa suono, veicolo di sensazioni con-fuse. E’ quindi leggere al di là della trama, al di là del significato, l’anima dell’autore nei segni del racconto la comprensione del racconto stesso. Al di là della composizione di tali segni occorre cogliere le singole emozioni evocate in ogni parte del racconto. Qui la fusione con l’acqua, elemento nel quale si consuma la nascita e la morte, l’angoscia del misurarsi con gli altri, che può portare all’annichilirsi totale dell’uomo, il riscatto di chi torna a vivere al prezzo di una morte, il compenetrarsi della vita del figlio in quella della madre e viceversa, sono gli elementi che trovano il loro specchio nelle parole. Grazie per avermi dato l’opportunità di esprimermi.