Premio Racconti per Corti 2012 “A chiedere perdono” di Gioacchino De Padova
Categoria: Premio Racconti per Corti 2012Anche oggi mi trovo qui, ad aspettarti, seduto su questa sedia. Poco distante da me una donna, sta guardando negli occhi il suo uomo, seduto di fronte a lei. Allunga una mano verso di lui, c’è solo questo vetro a dividerli. L’uomo vi appoggia sopra le sue dita, poi chiude il pugno, nel gesto di stringere la mano di lei dentro la sua.
Da quando tu sei rinchiusa qui dentro, quante volte ho assistito a una scena come questa!
Volto la testa dall’altra parte, voglio lasciarli soli nella loro intima sofferenza. E, mentre volgo lo sguardo, mi accorgo che stai arrivando.
Sei sempre più magra, hai l’aria stanca, cammini quasi svogliata. Ma il tuo viso è ancora bello, anche se sembra quasi che tu voglia nasconderlo. Porti i capelli lunghi fino alle spalle, sono neri neri, come quelli di tua madre. Sono sempre stati così, fin dal giorno della tua nascita. Cammini seria, con lo sguardo fisso verso terra.
-Ciao, come stai?- ti chiedo quando mi sei di fronte, sperando almeno oggi di sentirti parlare.
Ma tu mi saluti appena, con un filo di voce. Poi ti stringi nelle spalle, come a dire: “ sto come stavo ieri”.
Ti siedi di fronte senza più parlare. Alzi gli occhi verso di me, abbozzi un sorriso. E, in quello sguardo, riconosco gli occhi di quando eri bambina.
Ti rivedo ancora sulla bicicletta, il primo giorno in cui ti avevo tolto le ruotine. Avevi paura, ma l’eccitazione di quella nuova prova ti faceva rialzare subito dopo ogni caduta. Ti rivedo il primo giorno di scuola: con gli occhi lucidi ti seguo con lo sguardo e ti vedo entrare nel portone, mentre lascio a tua madre l’emozione di accompagnarti dentro l’aula.
E poi gli anni del liceo, tu, che, crescendo, inizi a porti domande sempre più scomode. Le tue prime prese di coscienza, le contestazioni, i primi atti di ribellione. In fondo mi piaceva, quel tuo modo di essere, incontaminata. Ma ero sicuro che tu avessi ben chiaro quale fosse il limite e non avrei mai pensato che tutto potesse precipitare come è stato.
Quello che è successo dopo, ancora non riesco a spiegarmelo. Ma sicuramente è stata anche colpa mia, perchè non mi sono mai accorto di nulla.
L’uomo che ti ha messo una pistola tra le mani è ancora in giro da qualche parte, all’estero. Come vedi, la presunzione di “voler salvare l’Italia”, pare essersi trasformata soltanto in un grande desiderio: quello di salvare se stesso.
E invece tu sei qui. Sola. A pagare il prezzo della vostra follia.
Quel giorno toccava a lui. Ma davanti alle grida soffocate di quell’uomo le sue mani tremavano. Proprio in quel momento eri intervenuta tu. Risoluta fino all’ultimo istante. Anche questo devi averlo preso da me.
Eppure Dio solo sa quanto vorrei che quel giorno tu avessi avuto un attimo di incertezza, un ripensamento, un ultimo rigurgito di pietà. Ma i tuoi occhi quel giorno guardavano altrove. Dove non sarebbe arrivata nemmeno la pietà.
Ora eccoti qua. Hai combattuto la tua guerra che ha lasciato solo sconfitti. Ma il mondo fa ancora schifo. Esattamente come prima. Mentre tu stai marcendo qui dentro.
Ora ti alzi. Anche oggi non abbiamo detto una parola.
Ci siamo guardati, con le lacrime agli occhi. Senza fiatare. Abbiamo consumato il nostro carico quotidiano di sofferenza. E adesso ce ne andiamo.
Tu, dentro quella gabbia.
Io, sulla tomba dell’uomo che hai ammazzato.
A chiedere un perdono che non arriverà.
come corto risulterebbe tutto un flashback o sbaglio?? comunque uno spunto molto bello 🙂
Ciao Valentina, ti ringrazio molto per la lettura e il commento.
Nell’eventuale (e improbabile) trasposizione di questo mio racconto in corto, non sarebbe tutto flash back.
Il flash back si renderebbe necessario solo per le scene riferite al passato, quelle dei ricordi paterni:
la bambina che impara ad andare in bicicletta senza ruotine
il suo primo giorno di scuola
lei, adolescente turbolenta durante alcune contestazioni
lei in compagnia dell’uomo che le metterà la pistola tra le mani
la scena dell’omicidio.
Questi flash back andrebbero naturalmente intercalati alle scene riferite al presente, che rimangono tuttavia quelle preponderanti.
Al momento, ma ci sto pensando per la prima volta, mi verrebbe da proporre questa sequenza:
1-la camminata del padre della ragazza per raggiungere il carcere
2- l’entrata nel penitenziario e la scena di lui, seduto nella sala colloqui, che aspetta la figlia e guarda la coppia che si sta parlando attraverso il vetro
3- l’arrivo della figlia che gli si siede di fronte e abbozza un sorriso stanco.
Mentre padre e figlia si guardano negli occhi, inserirei i primi flash back: quelli della bambina che impara ad andare in bicicletta senza ruotine; il suo primo giorno di scuola; lei, diventata adolescente, che partecipa ad alcune contestazioni studentesche
4-Dagli occhi lucidi del padre tornerei al presente, allo scarno colloquio tra lui e sua figlia
5- l’uscita del padre dal penitenziario e la scena di lui che poi si incammina verso il cimitero
6- la ragazza che viene accompagnata da un agente della penitenziaria lungo i corridoi del carcere per essere ricondotta in cella.
Qui inserirei gli ultimi flash back:
lei all’interno di gruppi estremisti,
lei in compagnia dell’uomo che progetta l’omicidio, la scena del delitto (questa potrebbe essere sceneggiata in vari modi, a seconda di che tipo di taglio dare alla rappresentazione), lei che viene catturata, mentre invece il suo uomo fugge all’estero.
6- per ultime lascerei le ultime scene relative al presente: il padre della ragazza sulla tomba dell’uomo assassinato e sua figlia che viene ricondotta nella sua cella mentre le sbarre si chiudono.
Questo rappresenta naturalmente il mio modo di “vedere il racconto”, ma credo che ci siano anche altri modi di pensare a un’eventuale sua rappresentazione.
Devo aggiungere, però, che io ho cercato, seguendo il regolamento del premio, di proporre un racconto che possa costituire un soggetto per una sceneggiatura, ma che mantenga le sue caratteristiche di racconto e non sia una sceneggiatura già fatta.
D’altro canto, eccezion fatta per quello vincitore, tutti i racconti che partecipano alla sezione per corti continueranno a vivere, almeno su questo sito, soltanto come racconti.
Sono sicuro che chiunque sarà il fortunato, o la fortunata, a giochi conclusi, avrà senz’altro modo di trasformare un buon racconto in una buona sceneggiatura per realizzare il corto.
Spero di non essermi dilungato troppo.
Ti ringrazio molto per l’attenzione.
un sorriso, ciao
Sei stato chiarissimo 🙂 e mi piace molto come lo immagini. ovviamente la stesura racconto-soggetto non è già una sceneggiatura, però in un qualche modo chi legge deve già “vedere”
Ti faccio un grande in bocca al lupo!!!
E’ un’idea interessante per un corto metraggio, ma a me piace molto anche come breve racconto. Dopo averlo letto, ho visto anche il commento che hai lasciato per ipotizzare la realizzazione del corto e mi piace davvero. Complimenti!
Mi fa piacere ritrovare qui uno dei tuoi soggetti che preferisco da sempre, che dimostra la tua abilità anche nella versione ‘breve’.
Mi piaceva già in versione lunga – mi piace forse ancor di più in versione ‘corto’, e anche per come ne visualizzi l’eventuale realizzazione.
Per come la vedo io, potresti quasi realizzarlo da solo – nel senso che non c’è migliore regista di te stesso, quando sai quello che vuoi (e tu credo che in questo senso abbia le idee ben chiare 🙂
Inutile aggiungere che ti auguro la miglior fortuna,,
come amico, e mio co-autore nel recente passato.
A presto,
Nikki
Ciao Silvia, grazie.
In effetti io scrivo racconti, mi sono pure avventurato in qualche romanzo, ma con le sceneggiature non ci azzecco granchè.
Per l’occasione, ho provato a inviare questo racconto, perché credo possa offrire spunti anche per un’eventuale trasposizione in immagini, ma il fatto che piaccia come racconto, per me è già una soddisfazione.
Dato che ci sono, ho provato pure a immaginarmi le scene. Magari resteranno delle mie fantasie, ma sono contento che ti siano piaciute. Grazie, ciao
Anche a te Valentina, grazie ancora, per il doppio apprezzamento, sei stata molto gentile.
Dei racconti in concorso, ho letto poco finora. Tra questi il tuo, che mi è piaciuto. I tuoi auguri li ricambierò lì.
Ciao
Ciao Nikki, ti ringrazio.
La versione più lunga, che tu conosci, conteneva, nel titolo e nel corpo del racconto, riferimenti a una canzone che mi sta molto a cuore, perché nata come grido di riscossa contro l’autoritarismo.
In questa, ho ritenuto opportuno non citare quei riferimenti, anche perché non avrebbero avuto ragione di esistere come soggetto di un eventuale cortometraggio.
Invece, ho preferito dare maggiore corpo alla parte intimista, quella legata al rapporto padre figlia, alle immagini dei ricordi di quando lei era bambina. All’incredulità, alla sofferenza e al senso di colpa di un padre che non si fa ragione di come quella ragazzina, crescendo, possa essere diventata una donna capace di commettere ciò che ha fatto.
Sì, credo di avere le idee piuttosto chiare su un’eventuale realizzazione e mi fa molto piacere la tua opinione favorevole al riguardo.
La trasposizione in immagini richiede competenze tecniche che io non possiedo, ma il modo in cui “vedo il racconto” credo potrebbe costituire il mio contributo per la sceneggiatura.
Ma credo che ognuno di noi partecipanti, in caso di affermazione, farebbe del proprio meglio, da questo punto di vista.
Ne sono più che sicuro, almeno per quanto riguarda te, perché so quanta grinta, tenacia e dedizione metti nella tua attività artistica.
E la tua Melissa Davidson, col suo nasino all’insù spiaccicato contro il cristallo del lunotto posteriore, meriterebbe senza dubbio di essere immortalata sullo schermo mentre “quello stinco di santo del Felicidad” se la porta via.
Grazie. E sai bene che adesso non mi sto riferendo alle parole di commento al racconto.
Un sorriso.
Giò
Lo ricordo, il titolo… ma non lo dico.
Credo tu abbia fatto bene ad ometterlo, in questo contesto – hai ragione, nell’ambito del cortometraggio non avrebbe avuto senso.
Certo, tutti quanti noi autori, in caso di vittoria, ci metteremmo del nostro, faremmo di sicuro del nostro meglio per produrre una sceneggiatura adeguata – tuttavia, la tua è una visione proprio bella chiara, da professionista, quasi. Non ti conoscevo da questo lato: magari, chissà, potresti cimentarti – sono certa che saresti abilissimo anche in quell’ambito.
Per quanto riguarda Melissa, ebbene sì – ammetto che la scena del nasino alla francese spiattellato contro il lunotto posteriore del taxi mentre il maniaco si porta via la cinica assassina avrebbe, da sola, una propria dignità artistica – effetto del tipo: ‘la volevi, la popolarità, laida-cinica-schifosa-arrivista-che-non-sei-altro?… Tiè!… Mo’ goditela!..’ sullo spettatore garantito 🙂
A presto,
Nikki
Intenso, pregnante, gran soggetto per un corto. Effettivamente io “l’ho visto” questo racconto mentre leggevo.
Padre e figlia si scambiano appena qualche battuta, sono gli sguardi a parlare e a sviscerare tutto il dramma che stanno vivendo.
Mi fa tanta pena la figura paterna (in genere si trova una madre in certe situazioni!), che vorrebbe quasi essere al posto della figlia e per lei va a chiedere sulla tomba quel perdono fondamentale per un cristiano, che crede nella vita oltre la morte.
Complimenti sinceri sei molto bravo anche tu.
Sono una fan di Nikki, ma ho letto la co-produzione dello scorso anno. Un binomio perfetto. Che stile!
Auguro a tutti e due di vincere ancora, ve lo meritate, “fate paura…siete due mostri…insieme o separati”
Con tanta stima
Rita G.
Ciao Rita, grazie.
L’idea iniziale del racconto era quella di raccontare un rapporto di amore incondizionato, inserito nel contesto di una situazione estrema.
Il rapporto tra genitore e figlio è sicuramente l’esempio più nitido di amore incondizionato e, pensando a una situazione estrema, questa mi è sembrata densa di significato. Un tema drammatico, che purtroppo fa parte della storia italiana, a fare da sfondo alla sofferenza di quel legame padre figlia che, nonostante tutto, non può essere spezzato nemmeno da un gesto di tale gravità.
Per come la vedo io, sicuramente quel padre vorrebbe essere al posto di sua figlia.
E’ lacerato tra l’angosciosa consapevolezza della morte causata dal suo gesto sconsiderato e il dolore di vedere la figlia dietro le sbarre.
Come fosse piegato da due lutti.
E, di entrambi, si sente in gran parte responsabile per non averli potuti evitare.
Così ogni giorno va da lei, parlano poco perché non hanno ancora la forza per parlarsi.
Ma a lui basta vederla, come per dirle: “Sono qui, sono sempre tuo padre e sono ancora qui”.
Poi va al cimitero e chiede perdono.
Può essere un perdono cristiano, ma può anche essere un perdono laico di un uomo che si sente sia vittima che carnefice.
Chiede perdono per sua figlia e per se stesso. Ogni giorno.
Sapendo che non gli verrà concesso, lo chiedo lo stesso, perché in quel gesto cerca una sorta di sua espiazione personale.
Io e Nikki siamo due mostri da far paura?
Non lo so.
Speriamo di poterlo dimostrare, tutti e due. Comunque grazie del complimento.
Intanto facciamoci una risata: io, incontrato all’improvviso dietro l’angolo, di sera, tra il chiaro e lo scuro, un po’ di paura forse la potrei pure fare.
Lei, direi proprio di no.
Grazie, ciao
Nikki, ancora grazie.
Nelle tue risposte mi hai detto diverse cose belle, sia qui che su “The sleepwalker”.
A qualcuna di queste ti ho già risposto.
Il resto a tra poco, che mi trasferisco su un altro tuo racconto.