Premio Racconti nella Rete 2012 “Lettera al nipote” di Vincenzo Lopizzo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012C’era fango sui tuoi mocassini, sempre; cercavo di convincerti a pulirli prima di entrare in casa, ma tu, niente.
Vaghi ancora per le strade di asfalto lucido, al crepuscolo, guardando assorto cartacce, resti di cibo, lattine, siringhe, echi di una farsa consumata negli occhi e nei cuori della più disperata gioventù. C’è ancora tanta tristezza nei tuoi occhi, ramingo bambino nella tua città troppo frettolosa, tu incapace di accettarla, di condividerne le sporche pulsazioni. Forse mi pensi ogni tanto…
Sono vecchia, appartengo al tempo in cui solo il conforto della saggezza dà riparo; eppure non ho altri… che te! Ragazzo cresciuto in un soffio, rifiuti l’altra città, che poi è la stessa in cui vivi, solo un po’ più lucida pulita e sbarazzina, piena di belle vetrine e di stupide ragazzine. Quella che porta lo stesso nome antico, greve, imponente, motivo di terrore tra i popoli che conobbero il clangore dei suoi eserciti. Tu, dolce uomo nelle vesti di un “disadattato“, come impietosamente presunti esperti del nostro cuore ti definirebbero! Non hai ancora percorso tutti i chilometri che ti separano dalla consapevolezza di non amare questa città eternamente bambina; sei certo della sua repulsione, proprio perché non la ami!
Soprattutto il Centro di quella città, non si cura di chi vive invece al Centro della propria ineluttabile povertà, la cara vecchia Periferia, la magra verbale consolazione di dirsi cittadini per non ammettere di essere più miserabili di un morto di fame asiatico o africano! Quanta ipocrisia, mio dolce nipote prediletto! Nessuno ha mai capito le tue aspirazioni, identiche a quelle di tanti giovani cresciuti loro malgrado nell’inganno della Storia: il benessere! Ricordo ancora il grido di tua madre, mia sorella, quando ti gettasti dalla veranda giù a capofitto, nel giardinetto etereo curato dalle mani sapienti di tuo zio!
All’epoca questa orrenda periferia era incantevole angolo di paradiso: la campagna mescolava tenui colori con i primi lampioni e i rumori del tram lontano incuriosivano solamente le tue piccole orecchie di bambino, non creavano l’angoscia del rientro dopo pomeriggi passati a guardare vetrine ove c’erano cose che non avresti mai potuto comprare! Tu, ragazzo semplice, giocavi nel giardino con piccoli animaletti! Adesso le strade attorno alla vecchia casa sono lacere, infette, metalliche e rumorose! Il dolce ricordo è violentato dallo smog, che si fa ogni anno più cupo!
Ti domandi cosa potresti mai chiedere a questa borgata che è già morta sulle spoglie del giardino di tuo zio! Non ti risponderebbe mai, così come non seppe dirti perché ti abbandonarono alle mie cure… Mi ricordo di te fanciullo, ora che ingiallisco coi miei libri, piccolo testardo scricciolo nella casa di zia matta che accumulava tutti quei volumi pieni di storie incredibili. Non volevi ascoltarle però, scappavi ad inseguire il povero gatto, vittima della tua esuberanza! Sgambettavi sui tappeti, eri la gioia dei miei occhi e l’unico motivo per il quale continuavo a sopravvivere dopo che il cancro si portò via il mio amato marito!
Per me eri il dolce bellissimo folletto del bosco che correva ridendo dietro il micio con la cioccolata sparsa sulla splendida cornice della bocca! Beata stringevo i fiori di campo e ti salutavo, pensavo a come eravamo simili noi due… abbandonati al nostro reciproco affetto; e piangevo, mio bambino, piangevo, felice di poterti riabbracciare ancora, di offrirti ancora la cioccolata! Vuoi costruire adesso una realtà che non ti appartiene? La città ti ha distrutto l’anima dopo averti rubato i genitori! (Banale incidente automobilistico, lo definirono i giornali) Sei l’uomo oramai perso nel suo vano orgoglio, triste e senza speranza, a rischio come molti. Non saprei come aiutarti, io ormai sono vecchia, la tua zia non più matta ma tristemente rassegnata. Sei prigioniero di un sogno che non si avvererà mai! La tua inquietudine non aiuterà la volontà di riscatto, tesoro mio, cosa potrei dirti mai per vedere ancora il sorriso sul tuo volto ancora bimbo? Il mio egoismo consiglia di dirti ovvietà codarde: continuare a sopportare tutto il fango, spolverandolo ogni tanto dai tuoi mocassini quando è secco, così viene via meglio, e non lascia troppo il segno. Così potrei ancora vederti, al fine settimana, nella mia casa dai libri sempre più gialli!
Però una voce dentro mi grida di spronarti ad andartene! Vai via, via via! Fuggi da questa città che sta divorando le anime, scappa dai ricordi che attanagliano il cuore senza dargli alcun conforto. Ci saranno altri tramonti, più puliti, più fecondi per quelli puri come te, altrove? Non lo so, nipote mio, però potresti provarci…. e portare un pezzetto di me in fondo al tuo cuore.
Carino, un po’ ridondante. Mi piace la scelta del tu
Mi è piaciuto molto.
Un grande in bocca al lupo
Linda