Premio Racconti nella Rete 2012 “Incognita, ovvero la storia di X” (sezione racconti per bambini) di Eleonora Branchesi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012C’era una volta X e oltre ad X non c’era niente.
X era fatto come una specie di coso a forma di cosa: avete presente quei cosi che cosano? Ecco! Proprio così!
X viveva da solo, nel niente, il che non era affatto divertente.
Se ci fosse stato qualcun altro che, passando di là, gli avesse chiesto: “Ehilà, cosa fai di bello?”, X avrebbe risposto senz’altro: “Niente!”. Siccome, però, non c’era nessuno, X stava lì, senza fare né dire niente, finché un bel giorno…
“Ci sono!” pensò, e trovò finalmente sé stesso in tutto quel niente.
Ma, a parte l’entusiasmo iniziale, ciò non migliorò la sua situazione: in effetti X non ne sapeva un acca di chi o che cosa fosse “sé stesso”.
Non si perse d’animo, però, e si concentrò a pensare a quell’acca finché essa, magicamente, si materializzò. La cosa davvero incredibile è che l’acca si presentò proprio al punto giusto, trasformando l’affermazione di prima in una domanda: “chi sono?”
Non saprei bene da dove venisse fuori quel punto interrogativo ma probabilmente non lo sapeva neppure X e forse proprio il fatto che lo ignorasse potrebbe costituirne la spiegazione. (?). Chiaro, no?
In ogni caso, X era strabiliato: pensare era la cosa più divertente ed affascinante del mondo, tanto più se le cose a cui pensava prendevano forma! Qualcuno potrebbe dire che era solo questione di immaginazione e che non c’era nulla di concreto in ciò che stava accadendo o che al massimo si trattava di un equivoco per il quale gli apparivano come realtà dei semplici giochi di parole. Ma non bisogna dimenticare che X non sapeva affatto cosa fossero le parole o cosa fosse la realtà e non c’era niente e nessuno intorno a lui che gli dicesse se e perché stava sbagliando.
Per X era reale ciò che pensava.
Ai giorni nostri diremmo che una personalità del genere soffre di un qualche delirio di onnipotenza o di una forma grave di dissociazione dalla realtà. Bisogna considerare, però, che in quello strano mondo fatto di niente non esisteva alcuna realtà al di fuori di X e a ben vedere X in quel niente era davvero tutto…
TUTTO!
Ecco la risposta ! Dopo essersi a lungo concentrato, X tirò fuori questa parola e in quattro e quattr’otto materializzò TUTTO.
Se però pensate ad una esplosione, ad una specie di Big Bang da cui nacque l’universo di X, mi dispiace deludervi, ma non fu così che andarono le cose. X materializzò il tutto in quattro e quattr’otto: ossia, otto cose alla volta! E per arrivare a capire chi fosse si identificò in ciascuna di esse.
Le prime otto cose in cui si “materializzidentificò” furono: un naso, del pane, un rubinetto, un piede, una spiga di grano, le parole e un altro paio di cose che non vi voglio anticipare per non rovinarvi la sorpresa.
Come naso fu un enorme naso, grande poco meno del sole (X non aveva ancora alcun senso delle proporzioni) che si avvicinò al pane appena sfornato dalla sua fervida immaginazione e lo annusò.
Fu una vera soddisfazione, un appagamento quasi completo, al punto che per un attimo credette di aver azzeccato al primo colpo la sua vera identità. Poi, siccome simultaneamente aveva assunto anche la forma del piede cogliendone l’essenza (e che essenza!), ebbe un repentino ripensamento.
Come piede fu un piede normale, più o meno taglia 38. Mal odorante, come avrete potuto dedurre, ma anche essere piede gli diede delle soddisfazioni. Gli sembrò, dopo l’esperienza da piede, di aver acquisito in stabilità, di aver fatto un passo in avanti. Anzi, si ripromise di ripetere l’esperienza per perfezionare quell’invenzione: forse l’avrebbe duplicata per poter fare, almeno, due passi…
Come rubinetto provò sensazioni contrastanti: a tratti si sentì forte e sicuro di sé, in grado di controllare perfettamente il flusso dell’acqua, così come un essere umano potrebbe riuscire a controllare quello delle proprie emozioni; a tratti si sentì troppo chiuso in sé stesso, e, allorché si era sentito sotto pressione, lo aveva assalito la paura di non essere all’altezza della situazione, la paura di perdere… Non desiderò restare a lungo un rubinetto, ma senz’altro quella fu una tappa importante del suo percorso.
In veste di spiga provò l’umiltà: la consapevolezza di essere una piccola cosa importante.
Niente, come la spiga di grano, era stato fino a quel momento più vicino al sé stesso che cercava: sarebbe stato così per sempre se, via via che compenetrava il significato di un esistenza da spiga, non ne avesse colto l’essenza di un simbolo che lo spingeva a continuare nella sua personale ricerca.
Cose difficili da capire e ancor più da spiegare, ma X capì quanto sopra e, per sua fortuna, non doveva dare spiegazioni a nessuno. Così continuò a cercare.
Inventò allora le parole, ma, siccome era del tutto analfabeta, non fu in grado di leggerle e lasciò che svolazzassero per l’universo.
A quel punto però, ebbe una specie di blocco creativo e guardandosi intorno in cerca di ispirazione, decise di prendere a caso una delle parole che svolazzava nell’universo. La considerò attentamente, ma non sapeva proprio da che parte iniziare. La girò e rigirò in tutte le direzioni, ne scompose e ricompose le lettere, cambiandone l’ordine: si trattava della parola etnop oppure noept o forse era peont. In ogni caso, X la materializzò in ciò che gli parve più appropriato: un torrente. In realtà era la parola ponte: voi avreste saputo fare di meglio al suo posto?
X era fiero di sé: un’ invenzione di tale portata!
Iniziò a scorrere felice, limpido, puro, fresco e pieno di energia entro argini ancora incerti e mutevoli che lui stesso andava definendo e che a volte, euforico, oltrepassava. In fondo aveva il sospetto di obbedire a leggi al di sopra della sua portata e che non fosse proprio nel suo pieno potere decidere il suo corso. La cosa migliore sarebbe stata senz’altro accordare la sua volontà a quelle leggi, senza inutili tentativi di scorrere dal basso verso l’alto. Ma X ancora non ne sapeva niente di pendenze, di forza di gravità e vattelappesca cosa e nel frattempo, solo dando libero sfogo al suo impeto, riusciva a trovare una direzione. E non c’era nessuno a dirgli che fosse quella giusta.
Al massimo dell’esaltazione X pensò di volersi superare, di voler oltrepassare sé stesso e cos’è che oltrepassa un corso d’acqua ? Un ponte, naturalmente! E così X, guarda caso, si ritrovò ad essere proprio un ponte, teso nello sforzo di protendersi tra due sponde. Non si sa con precisione che tipo di ponte fu, se in pietra, in legno o in ferro, ma ciò ha scarsa importanza: quali che siano stati i principi statici che dovette assumere, X li fece suoi e, basandosi su tutte le sue forze, si mantenne in equilibrio per assolvere al meglio alla sua funzione, traendo grande vantaggio da questa esperienza: l’essersi messo alla prova con la capacità di trovare collegamenti, raccordi, equilibri, lo fece sentire, in qualche modo, intelligente e lasciato intravedere un senso nel caos di oggetti e parole che popolavano il suo universo. Così pensò che sarebbe stato pratico continuare a trarre ispirazione dalle parole e che, se avesse assunto questo modo di procedere come metodo di indagine, avrebbe potuto stabilire un certo ordine al succedersi delle sue metamorfosi.
L’esatto ordine del succedersi delle materializzazioni di X da qui in avanti, è però sconosciuto e materia di accese dispute tra gli esperti. E’ vero: al momento l’unica esperta sull’argomento sono io, ma non è da escludersi che in futuro le dispute si accenderanno proprio sui seguenti tre punti:
Punto 1: se X, trovato il modo di perfezionare il suo metodo delle attribuzioni di significato a tutte le parole, le abbia materializzate ordinatamente dalla lettera A fino alla Z, materializzandosi, alla fine, in Zuzzurellone.
Punto 2: se X, non procedendo con ordine, abbia deciso o meno di assumere in maniera stabile, anche se non definitiva, l’identità di uomo. La precarietà di questa scelta deriverebbe dal fatto che, pare, anche in seguito X continuasse a domandarsi: “Chi sono?”. Alcuni sospettano che proprio questa domanda insita nell’essere umano, ad esso connaturata, avrebbe spinto X ad identificarsi totalmente in un uomo.
Punto 3: se X abbia inventato prima l’uovo o la gallina, ma su questo argomento la discussione è stata già aperta da tempo anche in altre sedi e perciò non mi ci soffermerei oltre.
Vorrei aggiungere che di recente sono stati ritrovati alcuni vecchi manoscritti che narrerebbero episodi della vita di X. Il condizionale è d’obbligo, almeno finché non si accerterà l’ipotesi che il personaggio di cui viene narrata la storia, un certo Augusto, sia stato, in effetti, X in persona.
Infine ci sono delle voci, cui la ricerca scientifica pare dare scarso credito, ma che trovano seguito tra i fans più appassionati, secondo le quali X sarebbe attualmente in circolazione in incognito sul pianeta, continuando ad assumere le identità più svariate.
Non è facile capire come stiano effettivamente le cose, ma, Zuzzurellone, Uomo, Augusto, in incognito o incognita che sia, è probabile che X sia più vicino di quanto si possa immaginare…
Apparentemente un rompicapo, non proprio di facile comprensione per bambini, ma esprimi concetti profondi che non lasciano dubbi: X è tra noi.
Il Tutto e il Niente, l’Astratto e il Concreto, l’Immaginazione e la Realtà non sono mai completamente separati, si affiancano, si sovrappongono, a volte si confondono.
In questo racconto che sembra un’equazione matematica, fai scorrere le parole con fluidità, ti muovi con sicurezza tra le metamorfosi di X e lasci al lettore la soluzione, cioè stabilire l’identità di X. Io l’ho letto così.
Complimenti per l’originalità; Eleonora e in bocca al lupo.
Rita G.
Che bello! Finalmente un commento sul mio caro X! E che commento! Mille grazie.
Eleonora.