Premio Racconti nella Rete 2012 “La passeggiata” di Roberto Fanelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Da quando sono single la sera dopo cena spesso vado a fare una passeggiata, che siccome non c’è più nessuno che mi costringe a stare in casa, allora esco, e quando vado a passeggiare, chissà perché, vado sempre sul lungomare, a Marina di Montemarciano, o quasi sempre lì, e quando non vado lì vado in un parco che sta vicino casa mia.
Mi ricordo allora una sera d’estate che ero andato a passeggiare al parco, ed era pieno di lucciole, e la passeggiata era bellissima, il cielo era sereno, l’aria mite, la luna uno spicchio piccolo piccolo, e io, nonostante il buio, che non vedevo nemmeno bene dove mettevo i piedi, ero tranquillo, e mentre camminavo sul sentiero al buio ho visto una lucciola che se ne stava attaccata a un albero, ed era accesa che sembrava una lampadina, non si spegneva mai. Allora questa lucciola mi ha incuriosito così tanto che sono rimasto lì a guardarla per un bel po’ di tempo, e mentre la guardavo mi avvicinavo, e mi sono avvicinato così tanto per vederla da vicino, che per un attimo ho avuto l’impressione di sentire il calore della sua luce sulla punta del mio naso.
Allora, qualche giorno dopo, ho chiesto a un mio amico produttore di miele come mai di quella lucciola attaccata all’albero sempre accesa, che io una cosa del genere era la prima volta che la vedevo, e lui mi ha risposto
Sai che non lo so neanch’io!
perché anche lui, tante volte, si era domandato la stessa cosa, e mi ricordo che c’ero rimasto male, che quella era stata una risposta che io non me l’aspettavo da uno che secondo me se ne intendeva di lucciole. Ne è nata così una discussione importantissima, e siccome in quel momento il problema della lucciola che lascia la luce sempre accesa per noi era diventato di primaria importanza, ci siamo salutati con la promessa che lui molto presto avrebbe fatto una ricerca, e che nel giro di qualche giorno, che per me in quel momento sembrava un tempo d’attesa biblico, mi avrebbe fatto sapere, e io ancora sono qui che aspetto.
Marina di Montemarciano è un posto dove se hai una famiglia coi figli piccoli ci vivi bene, e anche se hai un cane ci vivi bene, che c’è un sacco di verde, ci sono un sacco di parchi, e i bambini possono giocare liberi, senza pericoli, e questo parco che sta vicino casa mia è bello grosso, e i cani possono giocare felici sul prato, e i genitori stanno tranquilli, perché i cani corrono in uno spazio fatto apposta per loro, recintato, dove sono liberi di fare quello che vogliono, che il giorno che mi sono accorto che c’era questo spazio recintato per i cani, mi ricordo che ho pensato che questo criterio di creare spazi recintati dovrebbe essere applicato anche all’umanità.
Allora poi, a pensare a questa cosa degli spazi recintati, mi sono fissato che anch’io volevo uno spazio recintato tutto per me dove poter fare quello che mi pare. Poi però mi sono reso conto che non avrei saputo cosa farmene in uno spazio tutto per me. Correre no di sicuro, sono troppo stanco per correre, forse potrei leggere, ma questo già lo faccio, o forse potrei piantare una tenda per dormire all’aperto, ma mi sentirei scemo a piantare una tenda e dormire all’aperto a cento metri da casa mia. Allora forse, ho pensato, potrei stare lì così, a non fare niente, ma non avrebbe senso nemmeno uno spazio recintato tutto per me solo per quello, io niente lo faccio già tanto bene a casa mia, sul divano, che ci sono giorni che non faccio altro, tanto mi viene bene.
Ad ogni modo quella sera sono uscito per fare la mia passeggiata, e sono andato sul lungomare, ed appena arrivato sulla strada che costeggia la scogliera che da sul mare, alzo gli occhi al cielo e vedo un oggetto volante non identificato che ho pensato
Evviva, un UFO!
Ecco, appena ho visto l’ufo, mi sono eccitato così tanto che ho accelerato il passo per raggiungere quella luce che sarà stata a trecento metri da me, nemmeno tanto alta nel cielo, e non vedevo l’ora di raggiungerla, e mentre camminavo svelto mi immaginavo che stavo per essere rapito dagli alieni, perché loro avevano bisogno di un essere umano da studiare, e rapivano me, perché ero quello più conforme alle loro esigenze, che erano quelle di studiare un essere umano praticamente perfetto, secondo il loro criterio, ovviamente!
Più mi avvicinavo, però, più questo oggetto volante non identificato non sembrava volante, che non volava per niente, era solo sospeso, e non sembrava nemmeno un oggetto, ed emanava una luce bianca, tipo quella dei satelliti, che sono rimasto un po’ lì a guardare la luce per cercare di capire cos’era, ma più fissavo quella luce, più non capivo niente. Allora ho pensato di telefonare a un mio amico astronomo per dirgli se prendeva quel telescopio che una volta ha cercato di vendermi e controllava se quella luce era un UFO, o un satellite, o un elicottero, o un uccello di fuoco, o una stella, o un vattelappesca qualsiasi. Avevo però lasciato il telefonino a casa, e appena mi sono reso conto che ero senza telefonino m’è salita l’agitazione, perché io sono separato, e ho un figlio che penso sempre possa avere bisogno di me, e quando sono senza telefonino finisce sempre che immagino chissà quali tragedie gli stiano capitando, mentre io, l’unico in grado di salvarlo, non sono rintracciabile. Allora sono tornato verso casa con passo svelto, e per strada rimuginavo su quella luce, che anche se era abbastanza evidente che non era un UFO, un po’ ero preoccupato, perché temevo che gli alieni invece stessero aspettando proprio me, e si erano mimetizzati da luce per non farsi riconoscere dagli altri umani, e stavo perdendo l’unica occasione della mia vita di stabilire un contatto ravvicinato con un abitante di un altro pianeta, e tutto questo perché sono paranoico e mi dimentico sempre il telefonino a casa.
Appena arrivato a casa ho controllato, ma non c’era nessuna chiamata senza risposta. Allora stavo per telefonare a quel mio amico, ma non l’ho fatto, che era già abbastanza tardi, e sono uscito in giardino a guardare quella luce, che io abito in una casa col giardino, ma sto giardino non è il mio, è della proprietaria dell’appartamento che abita sopra di me, e ‘sta proprietaria ‘sto giardino lo tiene benissimo, sempre pieno di piante e fiori, e c’è anche un orto, e le notti d’estate è pieno di lucciole pure lì, che tante volte, la sera, quando non vado a fare la mia passeggiata, mi siedo sul gradino che da sulla porta della camera di mio figlio, davanti l’orto, e resto a guardare per ore le lucciole.
La luce era ancora lì, e più la guardavo meno capivo cos’era, che come satellite, secondo me, era un po’ troppo grosso, e come UFO, sempre secondo me, era un po’ troppo bianco, e come aereo era un po’ troppo fermo, e come elicottero era un po’ troppo silenzioso, e come stella era un po’ troppo vicina.
Dopo un po’, però, mi sono rotto di stare a guardare quella luce, e sono rientrato in casa deluso e amareggiato. Sono andato in soggiorno e mi sono sdraiato sul divano a riflettere, che c’ero rimasto male che gli alieni non mi avevano rapito, che per me, gli alieni, me li sono sempre immaginati una razza super intelligente, e proprio non capivo perché non cercassero un contatto con me.
Allora, mentre rimuginavo sugli alieni, ho preso il telecomando e ho acceso la televisione, e ho fatto zapping, che da un po’ di tempo a questa parte, fare zapping, ci si mette un sacco di tempo con tutti ‘sti canali satellitari, e a forza di fare zapping sono capitato su Super Tennis, dove davano la replica della Sharapova contro la Ivanovic, agli internazionale di Roma del 2012. Allora zapping non l’ho fatto più, e mi sono messo a guardare quella partita, anche se era tardi, e a guardare quella partita mi è come venuto il sospetto che forse, per me, sarebbe molto meglio se un contatto ravvicinato lo cercassi con un tennista.
Sempre a guardare quella partita poi, mi sono anche venuti dei pensieri su certi detti, che secondo me, anche se sembrano veri, non sono veri per niente, che, sempre secondo me, certi detti li ha inventati qualcuno che non aveva le idee chiare per niente su come stanno le cose al mondo, perché infatti, a vedere la Sharapova contro la Ivanovic, mi era come venuto il sospetto che il detto che dice
Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace
non sia vero per niente. Che la teoria della relatività, in certi momenti, non è una teoria, è una stronzata, perché come fai a dire che la Sharapova e la Ivanovic sono relative. La Sharapova e la Ivanovic, per me, non sono relative proprio per niente.
è un ciclo interessante quello presentato da roberto: la contemplazione della luce, il mistero dell’insolito, l’oppressione del quotidiano, il sogno, la contemplazione della luce, il mistero dell’insolito e così via, in ciclo.
l’umorismo ed il senso del paradosso mi sembrano molto bilanciati rispetto al tema che, se preso al netto delle battute di spirito, è molto denso di significato e porta a riflettere sulle dimensioni fondamentali, il nostro spazio ed il nostro tempo, che per natura e per cultura siamo troppo avezzi a non considerare con la dovuta cura.
una lettura molto piacevole.
complimenti!
Grazie, non pensavo di aver messo così tante cose nel racconto. Il lettore va sempre più in profondtà di noi e vede cose che noi il più delle volte nemmeno ci accorgiamo.
Un personaggio ben caratterizzato, una narrazione esemplare che mi ha condotto con curiosità fino alla fine. Finalmente ho letto un racconto senza “trucchi”. Il racconto risulta molto scorrevole nonostante l’uso delle ripetizioni e l’abuso delle relative con il “che”. Davvero bravo. La Sharapova e la Ivanovic non sono relative nemmeno per me.
Un bel monologo dove, come dice Andrea, l’uso delle ripetizioni e l’abuso delle relative con il “che”, riescono a rendere ancora più efficace la rappresentazione del personaggio. Bravo.
Come dice Paolo Nori, che considero l’ispiratore della mia scrittura, è giunto il momento di parlare chiaro. L’uso del che per me è un modo di dare ritmo, di battere il tempo, come nel rock!