Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Synagoge” di Lucia Del Chiaro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Il tram giallo passa veloce e silenzioso lungo le vene elettriche della città, la città si chiama Dresda, è in Germania, ed è la mia città.

Non sono nata qui, ma qui vivo, e mi basta per sentirmi a casa.

Sul tram giallo mi piace guardare fuori dal finestrino il profilo della città al tramonto, una città distrutta e ricostruita, una quinta teatrale barocca di pietra nera e oro, che pare fatta del cartone magico di un palcoscenico di prosa.

Ci si aspetta quasi di poter vedere, un giorno, dall’alto di una torre o di un campanile, i cavi elettrici e i fari del teatro, ma no, è vita vera, pietra vera, neve vera quella che suona sotto i piedi e quella prigioniera sotto le suole degli scarponi che sporcano il pavimento del tram riscaldato, il tram che mi porta verso casa.

Sul tram non puoi perderti, è facile seguire le indicazioni, una voce di donna annuncia la fermata e un cartello luminoso annuncia le due successive.

Carolabrücke, Louisenstrasse, Albertplatz…

Synagoge.

La lettera “y” in tedesco viene pronunciata “alla greca”, come una “ü”: suonando quindi come “sünagoge” il nome della fermata e dell’edificio dal quale prende il nome.

La fermata Synagoge è quella alla quale scendo, è di fianco alla nuova sinagoga, moderna, lineare, lontana dalle linee orientaleggianti delle vecchie sinagoghe europee, costruita alla fine del lutto, affinché il lutto potesse essere portato.

Camminare per Dresda è come camminare nel Novecento.

La vecchia sinagoga fu distrutta durante la notte dei cristalli, la città intera fu rasa al suolo alla fine della guerra da un bombardamento anglo americano.

Nella piazza principale di Dresda una scritta rissume quanto successe: “l’orrore che la Germania portò nel mondo, quella notte piombò nelle nostre case”.

Quando scendo a Synagoge mi fermo, a volte, a guardare le linee del tempio che si innalzano verso il cielo, verso quelle nuvole che videro gli aerei sganciare le bombe al fosforo, verso lo stesso cielo che vide le fiamme bruciare la vecchia sinagoga, verso il cielo che acccolse il fumo di Auschwitz, alimentato dai treni della morte che da Dresda partivano o passavano, senza sosta, con rigida efficienza tedesca.

Quando scendo a Synagoge sento sui vestiti l’alito schifoso della guerra, sento il freddo della notte, il brivido del buio, lo scorrere, vicino, del fiume nero e gelido.

La lingua tedesca non aiuta, il nazismo ha rubato anche le parole, costringe tutti noi a ricordare anche quando non vorremmo, a fermarci davanti alle parole neutre, che neutre non sono più.

Il magazzino sotto alla sinagoga ha un cartello, che lo indica, col suo nome:

“Lager”.

 

 

 

 

 

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