Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Il gallo” di Felicia Ferlito

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

C’era una volta un bellissimo, enorme, coraggioso gallo:  il suo pollaio, situato in uno stanzone di 70 mq. scavato nella roccia, un tempo fungeva da cucina di una antica casa ma adesso era colmo di calcinacci, carbone, scalette di legno; lo arieggiavano due finestre quadrate i cui davanzali sporgevano sulle tegole di un grande tetto degradante su un terrazzo.
Dai cicli terreni l’estate aveva raggiunto il suo zenit, l’aurora offriva il suo bel viso a un cielo di blu, un raggio di luce filtrava su un’ala ancora addormentata. In quell’istante la cresta del gallo si eresse ed il becco lanciò il suo lungo chicchirichì,. Una gallinella giovane e tenera aprì le ali, scuotendole si mosse ondeggiando sulle zampe intorpidite, ficcò il becco insonnolito dentro le piume per ripulirsi dei “ piddizzuni “ ( pidocchio improprio, detto pollino, dei polli ) e allegra rispose al richiamo gridando coccodè coccodèee.
Uno stuolo di galline dietro lei si svegliava, buffamente correva, inciampava, si urtava per raggiungere chi le aveva chiamate; solamente rimase accovacciata, gonfia, raddoppiata, con le piume espanse, una gallina. Il gallo la vide, le si avvicinò, le diede una beccata amorosa e poi, diritto ed impettito, si diresse alla luce seguito dal codazzo delle sue signore. La porta del pollaio si aprì e comparve la nonna dai capelli di neve ed i vestiti d’ombra : piu, piu, piuuu, piuuuu, su venite, crusca e grano qui per voi.
Il gallo accorse e, dietro, le sue dame: in mezzo a tutte distribuiva, spezzava, divideva e quelle beccavano affamate finché una, più superba che sazia, con indifferenza, lentamente si avviò verso l’angolo del terriccio e delle pietruzze, zampettando su e giù, in largo e in tondo, alla ricerca di piccoli tesori. Il gallo la ignorò, continuò a distribuire grano e crusca e quando ebbe finito di far volare pezzetti di cibo, di corsa saltò sulla gallina e beccandola la richiamò all’ordine ed all’obbedienza. Intanto la nonna frugava negli angoli segreti, nei nidi caldi, finché trovò quello che cercava, uova fresche, tiepide di piume, macchiate, alcune, da venuzze di sangue; si diresse poi verso la gallina accovacciata, la tastò sotto le piume e seppe che era l’ora : – ti porterò di  là, nell’alcova da me preparata e fra qualche giorno i tuoi batuffoli di sole pigoleranno felici le ore dell’esistenza.
Marianna, Marianna, vieni ad aiutarmi, la chioccia è pronta.
Marianna era nella luce del sole, le sue dita creavano sogni colorati e la voce intonava inni alla vita. Perpendicolare un vertice azzurro penetrava l’arcobaleno, Marianna taceva.
La nonna si spazientì, prese da sola la chioccia e la sistemò sopra quindici uova.
Sul balcone campanule schiudevano il viola dei petali, il cielo era un tappeto di rondini, Marianna taceva ma l’oro colava dalle sue mani su bianche tele.
La bimba della nonna dai capelli di neve ed i vestiti d’ombra, un mattino, ebbe un amaro risveglio: come di consueto una vecchia le porgeva, per l’estrema carezza, una gallinella. Con le palpebre ancora pesanti di sonno, accarezzò la piccola testa il cui collo, rigido, si contrapponeva tragicamente ai piccoli occhi smarriti e vaganti per ogni direzione. – Non le fate male, vi prego! – e un bel bacio sulla cresta fu il suo addio alla vittima del giorno. La vecchia sorrise e la rassicurò ma la bimba aveva riconosciuto nella predestinata la sua compagna di letto di anni fa: immobile, allora, sotto le lenzuola , la testina sul cuscino, gli occhi chiusi nel sogno di un sogno, o di un affetto restituito, si contrapponeva al terrore di oggi, presaga del sapore di ben altri baci.

Nel pollaio, intanto, una spina di sole scese nel gozzo del gallo e lo trafisse, il suo chicchirichì risuonò feroce ed amaro, le piume vibrarono, la cresta ed i cartigli si distesero, rosse e gonfie di rabbia. Correndo in lungo e in largo, scrutando e chiamando a raccolta le sue galline sembrava dicesse – mai più, mai più, vi difenderò –”.
Era pomeriggio e Marianna con la cesta piena di cibo aprì la porta del pollaio ma non ebbe il tempo di chiamare le galline che il gallo di corsa piovve col becco inferocito sulle sue  gambe di latte : la donna lanciò un  urlo, lasciò cadere la cesta e fuggì .
Giorno dopo giorno, ogni volta che Marianna provava ad entrare nel pollaio, il gallo arruffava le piume, si preparava all’impari lotta, volava in picchiata e ne usciva vittorioso.
Non entrò più nel pollaio, vi provò la nonna verso cui il gallo fu più accomodante: le lasciava cercare le uova, tastare il sedere delle galline, dare loro un po’ di cibo ma sempre in guardia e sulle difensive. Anche la nonna subì delle beccate, ma le sue gambe coperte da calze lunghe e pesanti non subirono danni.
Il suo cuore, però, era triste: intuiva che prima o poi il gallo, il bellissimo gallo, sarebbe finito in pentola, ma contemporaneamente, mentre spargeva il cibo,  sperava che dalla nuova covata un altro gallo, bello e superbo, potesse rinascere…
Un mattino, sotto la chioccia caldissima, il sole riempì quello spazio di piume gialle e pigolanti, che la sera, nella cesta appesa, lontana dal gatto rosso, chiudevano il giorno in un decrescendo di pene e dolcezza.
Il gatto rosso guardava incuriosito ma il desiderio non azzannava la sua gola: aveva a portata di vibrisse topi, uccelli, lucertole e blatte.
Una volta gli occhi azzurri del micio incontrarono gli occhi verdi di una gatta nera, bellissima ma lontana, irraggiungibile. Furono giorni disperati, atroci nei miagolii del micio rosso a cui era negato l’unico suo grande amore.
La bimba guardava i suoi occhi trafitti da perle di gelo e , segretamente, parlava a Biancaneve di lui, dei desideri, dell’universo caduto nel cuore di un gatto e di un gallo.
Nel pallido meriggio in discesa verso la luna che si alzava, quella danzava sul terrazzo, il gatto dormiva rannicchiato a ciambella, pigolavano rugiada di sonno i pulcini, il gallo, per l’ultima volta, razzolava impettito chiamando a raccolta le sua dame.
In tre dovettero prenderlo e feroce fu la battaglia.
Dormiva la bimba, Marianna volava sugli arcobaleni e le piume impazzivano, le zampe si dibattevano sussultando.
Ahi lagrime amare, la bellezza è stata assassinata, non sorgerà un altro impavido, il coraggio deve attendere mentre il tempo sbircia dalle persiane e un afono grido lacera l’azzurro mattino incollato ai cieli di sempre!

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