Premio Racconti nella Rete 2018 “La lista” di Massimiliano Ferraris di Celle
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018In rete non si parla d’altro. Il Direttorio ha stabilito che ciascuno debba preparare il proprio elenco e consegnarlo, e che tutto quel che non è compreso nell’elenco può essere suscettibile di sequestro. Non è che l’ultima di una serie di misure restrittive prese dal Direttorio. E ogni volta il tempo concesso per eseguire le istruzioni è minore. La notizia è stata diramata sulla loro pagina Facebook stamattina alle 8, e la scadenza è per le 11.
Alle 8 dormivo, ma mi hanno salvato i miei allarmi automatici, che mi avvisano ogni volta che viene pubblicato qualcosa nelle pagine chiave. Appena sento il beep del pc mi alzo, e vado sulla pagina indicata dall’allarme. Inizio a leggere. Ciascuno deve compilare l’elenco di tutto ciò cui non si può rinunciare. Penso di aver letto male, ma no, è proprio così. Mi metto a pensare. Una lista in cui ci sia tutto ciò che per me è importante. Tento di ripercorrere la mia vita, di rivivere i momenti salienti. L’adolescenza, l’università, il lavoro, il matrimonio, le figlie. Mi perdo nei ricordi. Guardo l’ora. Cazzo, le 10! Inizio a farmi domande, freneticamente. Quali affetti? Quali persone? Quali oggetti? Mi riesce difficile concentrarmi. Da una parte vago coi pensieri senza meta, dall’altra l’ansia sale, sento il diaframma che spinge e mi sminuzza la respirazione. Combatto con la sensazione di vuoto mentale, sul foglio traccio tre colonne, Affetti, Persone, Cose. Mi domando se abbia senso avere tre colonne, visto che Affetti e Persone rappresentano lo stesso concetto. Mi rispondo che sto perdendo tempo dietro ad aspetti marginali, e che devo concentrarmi sulla lista e basta. Guardo l’ora. 10 e mezza. Inizio a scrivere qualcosa. Di nuovo il vuoto. Rileggo. L’elenco è breve, brevissimo. Mi viene in mente qualcuno, qualcosa. Sembrano imprescindibili. Ma lo sono davvero? Magari c’è altro, più importante di ciò che ho scritto. Guardo l’ora. Mi restano si e no dieci minuti. Leggo e rileggo, oramai l’elenco posso recitarlo a memoria. Mi domando per l’ennesima volta se ci sia tutto, controllo, ricontrollo e ricontrollo ancora. E ancora. E ancora. Riguardo l’ora. Tre minuti. Mi precipito al pc e mi collego. Compilo il modulo, lo rileggo per l’ultima volta, poi premo invio. Clicco sul link che mi permette di stampare una copia dell’elenco.
Lo guardo. Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Lo sapevo, porca troia, lo sapevo! Ho dimenticato l’analisi! Come faccio ora? Come faccio senza la mia analista? Come faccio senza le mie sedute? Come è potuto succedere? Come ho fatto a essere così idiota?
La chiamo.
– Dottoressa! Un casino! Un guaio!
– Si calmi. Che è successo?
– Lei lo ha fatto l’elenco?
– Sì certo, ce l’ho fatta per un pelo.
– Non c’è!
– Cosa non c’è? Già gliel’ho detto, si calmi, così non capisco nulla!
– Lei! Lei! Lei non c’è! Non l’ho messa nell’elenco!
– Non sta dicendo sul serio, vero?
– Certo che sì! Come faccio ora? Si può cambiare? La prego, mi dica che si può correggere!
– Ma che cosa sta dicendo? Lei ha presente di che cosa stiamo parlando? Di una richiesta fatta dal DI-RET-TO-RIO! – Lo dice scandendo le sillabe come faceva mia madre quando ero piccolo e ad ogni sillaba corrispondeva uno sculaccione.
– Ma non è possibile, dottoressa, ci deve essere un modo! Avevo solo tre ore! Tre ore!
– Mi ascolti: lei è una persona intelligente.
Lo dice con voce dolce, ma poi comincia a urlare improvvisamente.
– LA USI, QUELLA CAZZO DI INTELLIGENZA! Dove cazzo ha vissuto negli ultimi anni? Ne abbiamo anche parlato qui, del Direttorio e di tutto quello che ha provocato, o non si ricorda un cazzo neanche di questo?
Dev’essere davvero furibonda, in quattro anni non ha mai detto una parolaccia. Continua a parlare, anche se non urla più.
– Lo fanno apposta, lo capisce? Lo fanno apposta perché ci si dimentichi delle cose importanti, e possano costringere le persone a lasciarle andare.
– Ma io nel suo elenco ci sono?
– Ma certo che c’è, c’è lei e ci sono tutti i miei pazienti, ci mancherebbe altro!
– Beh allora va bene così! Se io ci sono nel suo, posso venire da lei!
– Di nuovo, usi l’intelligenza. Se lei fosse parte del Direttorio, e avesse l’obiettivo di spaventare e controllare, darebbe un’interpretazione estensiva o restrittiva della reciprocità? In altre parole, se un padre avesse messo il figlio nell’elenco, ma il figlio si fosse dimenticato di mettere il padre, lei, se fosse il Direttorio, consentirebbe di continuare il rapporto tra padre e figlio?
Ammutolisco. È ovvio, non c’è alcuna possibilità che ci sia un’interpretazione estensiva. Mi sento perso, è come se fossi stato appena abbandonato in alto mare e le onde mi stessero travolgendo.
– Piuttosto, si è fatto l’unica domanda che ha senso? Si è chiesto perché ha dimenticato l’analisi?
Cerco di calmarmi e di raccogliere le idee.
– No, dottoressa, appena ho realizzato che non l’avevo messa in elenco l’ho chiamata.
– Ecco allora se lo domandi. Si è posto il problema di come sarà la sua vita ora?
Ho di nuovo il vuoto in testa, il panico mi ha agguantato e mi tiene stretto in una morsa paralizzante.
– Come sarà dottoressa?
– Ma insomma, non faccia il bambino, perdio! Non sono mica sua madre, sia uomo, cazzo! Provi a rispondersi da solo!
Sento che una lacrima rotola pigramente sulla guancia. Mi domando perché mi stia torturando, invece di aiutarmi.
– Non lo so, dottoressa, non lo so.
– Sì che lo sa. Sarà un casino, un ENORME casino! Si rende conto che in questo momento lei è in mezzo al guado? Non c’è niente che abbia risolto, niente che abbia realmente messo in ordine. È tutto in movimento, ma niente è concluso, niente è definito, niente è una soluzione! E lei lo sa, lo sa bene che una cosa, una volta smossa, non può essere rimessa nel posto da dove l’ha presa. Non si può. Si ricorda quando mi parlò della caverna coi forzieri?
Me lo ricordavo eccome. Le avevo detto, proprio all’inizio, che per me l’analisi era come entrare nella caverna di Alì Babà. Dopo le prime sedute, la sorpresa per me era stata scoprire che la parola magica per entrare nella caverna non era affatto difficile da trovare. E non era neanche difficile scovare i forzieri, né era difficile aprirli. La cosa difficile cominciava dopo averli aperti. Perché ciascun forziere, nessuno escluso, era pieno di merda fino all’orlo. E io dovevo svuotarlo. Con le mani. Nessuna paletta, nessun secchio, solo le mani. La cosa che mi aveva spiazzato però, era che in mezzo a tutta quella merda ogni tanto trovavo una gemma, quella sì ben nascosta. Era questo lo scopo del gioco: trovare quelle gemme, e pulirle per bene, liberandole da tutta la merda che le circondava e soffocava, e poi usarle, mostrarle all’esterno, in tutta la loro bellezza.
– Volendo usare la sua metafora, lei ha aperto una serie di forzieri, e ha messo le mani nella merda, anzi non solo le mani, ci ha ficcato dentro tutte le braccia. Non può semplicemente richiuderli e far finta di niente, lo capisce? Se anche all’interno non ci fosse alcuna pietra preziosa, lei quei forzieri DEVE svuotarli, altrimenti la merda che contengono finirà per contaminarla, se ne rende conto? Se lei proverà a richiuderli, la chiusura non sarà sigillata, e quella merda che stava lì immobile comincerà a putrefarsi e a colare fuori dai forzieri, spandendosi per tutta la grotta.
– Ma magari non succede, magari richiudo bene tutto…
– Ma cosa dice? Questo suo modo mi fa imbestialire! Di nuovo, cerchi di usare l’intelligenza. Ci conosciamo da quattro anni, e prima di me lei ha avuto altri due analisti. Non è esattamente un novellino. Non si nasconda, affronti il problema. Lei pensa che quello che abbiamo smosso parlando del suo rapporto con la sua professione sia qualcosa che si può “richiudere”, come dice lei?
Pronuncia quel “richiudere” con una punta di disprezzo. Non ho la forza di interloquire, ma anche se l’avessi non ci riuscirei, è un fiume in piena.
– O pensa che quanto abbiamo scoperto sui suoi rapporti col genitore normativo e con quello simbiotico siano cose che si possano dimenticare così, con uno schiocco di dita?
– Boh, forse no… No, non credo…
– Ma come non crede! È EVIDENTE CHE NON È POSSIBILE! Ma il problema non è il fatto di non dimenticare, il problema è che non siamo arrivati ancora ad una conclusione, non abbiamo compreso compiutamente da dove viene tutto questo, ed è questa mancata comprensione che rischia di mandare tutto in putrefazione, non solo annullando il lavoro fatto sinora, ma creando problemi aggiuntivi!
– Oddio dottoressa, ma allora come faccio?
– A me lo chiede? Lo chieda a sé stesso, lo chieda al suo inconscio. Gli chieda perché ha dimenticato l’analisi. Io so solo che non è un problema mio.
– Ma come sarebbe a dire non è un suo problema? Dopo tutti questi anni?
– No, non lo è. Non a questo punto. Non più. E non certo per mia volontà.
– Dottoressa ma che dice? Ma pensa che lo abbia fatto apposta? Io sono qui che mi tormento, che cerco aiuto, e lei mi dipinge come uno stronzo!
– Io non dipingo nulla, mi limito a prendere atto di quel che accade. Ma lei pensa davvero di essere il solo ad avere problemi? Pensa che io, in quanto analista, non abbia i miei? Beh, benvenuto nel mondo reale! I problemi ce li ho anche io! E se mi consente, vorrei anche iniziare a occuparmene. Lei ha pensato che probabilmente il Direttorio verrà a chiedere conto A ME del perché lei sia nel mio elenco e io non sia nel suo? Pensa sia un problemino da poco? O riesce a comprendere che sarà un cazzo di casino enorme?
– Lo capisco, lo capisco, ma io sono davvero disperato… non posso pensare che finisca tutto così, senza neanche la possibilità di un’ultima seduta… Mi dica almeno cosa posso fare, la prego!
– Sia contento di essere riuscito a chiamarmi. Niente è scontato, di questi tempi. Per quanto riguarda quel che può fare, le raccomando soprattutto una cosa. Lei deve assolutamente, per il suo bene, continuare a lavorare su…
Una voce metallica si inserisce e la interrompe.
– Ora basta, dottoressa. Parlo a nome del Direttorio. Le liste sono operative da ora. I contatti tra voi due sono vietati.
La comunicazione si interrompe, il telefono mi rimanda un tu-tu-tu e poi tace.
Bella fantasia!!! Racconto dal ritmo serrato, avvincente. Mi hai fatto venire l’ansia e l’hai confermata con il tu-tu-tu finale. Tanti complimenti, Massimiliano.
Grazie molte Pasqualina, l’intento era proprio quello di provocare ansia… 🙂
Visionario, angosciante quanto basta, un pizzico di Orwell e una tensione in crescendo che ti fa leggere tutto d’un fiato.
Ottima scrittura e abile uso dei dialoghi.complimenti Massimiliano.
Grazie Gianluca, di cuore.
Bravo Massimiliano, dialoghi efficaci e serrati, il racconto ha una bella tensione che si mantiene fino alla fine. Lo segno nella lista! 🙂
Una bravura mostruosa nel creare con stile personale un’atmosfera da Brave New World da togliere il fiato.
Un testo da esperto in scrittura, in strizzate di cervello e soprattutto da chi ne sa qualcosa degli elenchi che a volte tocca la vita ci costringe a fare.
Ho inviato senza rileggere… Un po’a vanvera, argh!
Una distopia che ti aggancia e ti avvince fino alla fine, in un crescendo di tensione. I dialoghi, come già altri hanno sottolineato, sono la vera forza del racconto,
Solo, una volta uscita dall’incantesimo, mi sono detta che – certo – meglio perderla che tenersela un’analista così ;-))
Max, per sicurezza ho cominciato a farmi una lista anch’io… Non si sa mai! Divertente, incalzante e ansiogeno a palla! Bravissimo!!!
Si percepisce bene il senso di angoscia nella compilazione della lista, il tempo che passa inesorabile su tutti noi. Fantastico finale. Forse in fondo il messaggio è: se dimentichi qualcosa che credi sia importante, guarda bene, potresti scoprire che non lo è 🙂
Un racconto divertente, pieno di fantasia e che mostra in modo esilarante quanto la nostra irrazionalità influisca sulle nostre vite. Lo leggo, lo rileggo e non mi annoia mai.
Bel racconto. Il fantomatico Direttorio che decide quali siano le persone che possono avere dei rapporti rafforza l’angoscia del protagonista. L’ambientazione distopica arricchisce il racconto. Bravo Massimiliano.