Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Il viaggio” di Mariangela Casulli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Come sbarcare su Marte, proprio come sbarcare su Marte.

In realtà ero solo tornata a Palermo ma, appena atterrata, la sensazione fu di trovarmi a calpestare il suolo inesplorato di Marte.  Sentii le gambe molli, muoverle mi costava fatica, proprio come un astronauta che deve abituarsi a una forza di gravità differente da quella terrestre. Galleggiavo. Intorno a me avevo un’orda di vacanzieri pronti per il mare con borse, cappelli e persino un paio di ombrelloni. Ci accalcammo tutti verso l’uscita.

Era agosto, e io ero fuori dal mondo. Dal mio, per lo meno.

 

Avevo rincontrato Max su Facebook.

Prima di allora non conoscevo il significato di espressioni come mettere un like o taggare qualcuno, ma dal giorno in cui mi rintracciò, divenni un’esperta. A differenza di altri miei contatti, Max non soffriva di sovraesposizione virtuale, ma io controllavo ugualmente ogni suo ingresso nella piattaforma social. Volevo sapere tutto di lui, volevo sapere cosa era diventato.

Dato che le sue incursioni su Facebook erano rare, presi in esame le fotografie del profilo, che oltre a essere di scarsa qualità risultavano anche datate. In una Max era ripreso di tre quarti, appariva con un gruppo di amici che festeggiavano la laurea di chissà chi; un’altra lo ritraeva da solo con indosso degli occhiali a specchio  ma da lontano, da troppo lontano. Guardavo e riguardavo, però non riconoscevo il mio compagno di liceo. Della nostra classe conservavo una foto scattata durante il  primo anno delle superiori; anche quella era una immagine che non poteva dirsi proprio attendibile.

 

Da poco io e Beppe avevamo cambiato casa ed eravamo ancora in fase di sistemazione. Era stato Beppe a convincermi della necessità di traslocare, era convinto che mi avrebbe fatto bene cambiare aria.

Un pomeriggio mi ero inerpicata sulla scala a sistemare dei libri nello scaffale alto e me ne erano scivolati dalle mani un paio. Per non perdere l’equilibrio li avevo lasciati cadere. L’impatto con il pavimento aveva prodotto un suolo simile a uno sbuffo secco, capace però di fare espellere da uno dei libri la fotografia della nostra classe il primo anno delle superiori.

Mi venne da ridere. Avevo riallacciato i contatti con Max soltanto da un mese e la coincidenza mi era sembrata divertente.

Osservai uno a uno i volti dei miei compagni di allora, sforzandomi di ricordarne i nomi, infine arrivai a Max, il più vecchio della classe, perché era stato bocciato due volte, e anche il più alto. Se ne stava lì, in seconda fila, con un ghigno strano, come volesse fare un gestaccio in direzione del fotografo. Mi ritornò viva la sensazione di quegli anni, del tempo precedente al mio trasferimento a Bologna. Sedetti su uno degli scatoloni e iniziai ad andare indietro con la memoria.

Erano gli anni delle lunghe lettere scritte a Francesca, la mia migliore amica di allora, nonché mia compagna di classe. Quelle lettere si chiudevano immancabilmente con una postilla su cosa faceva Max, sull’ultima combinata da Max, sulla tipa di turno che Max si era fatto.

Innamorate di lui? Eravamo tutte innamorate di lui, il ragazzo poco raccomandabile con il pallino della fantascienza. Perché se da un lato Max era il più indisciplinato degli studenti della scuola, con il suo record di sospensioni ricevute, dall’altro era un bulimico consumatore di storie che proponevano mondi paralleli e viaggi intergalattici alla volta di universi sconosciuti. I maschi della classe lo rispettavano. Un paio di loro sostenevano che la sua fosse una posa, una mossa astuta per sedurre le ragazze; ma ognuno di loro segretamente, lo invidiava. Le femmine della classe, invece, pendevano dalle sue labbra quando raccontava di questa o quella storia aliena. Durante le lezioni leggeva Asimov, fregandosene bellamente dei professori, o ascoltava il tema musicale di “Guerre stellari” sparandoselo nelle cuffie del walkman. Il suo essere continuamente distratto aveva qualcosa di misterioso e romantico, perché Max era, al tempo stesso, fisicamente presente in classe e lontano anni luce da quello spazio. Così, quando durante una lezione di matematica mi capitò nelle mani un bigliettino con la frase “Sei più affascinante della principessa Leila”, non mi sembrò vero. Riconobbi la grafia di Max e un tremito sconosciuto si impossessò del mio stomaco. Mi voltai a incrociare i suoi occhi: due stelle nere che mi osservavano. Finito l’orario di lezione Max mi ignorò. Questo suo atteggiamento era la prova matematica che un turbamento nuovo lo aveva colto nell’attimo in cui ci eravamo guardati, un’emozione così intensa da risultare ingestibile. Max cominciò a flirtare con Giulia, la compagna seduta esattamente nel banco davanti al mio, la vera destinataria del bigliettino, secondo Francesca. A me non importava. Giulia poteva essere “più affascinante della principessa Leila”, ma io e Max avevamo stabilito un contatto profondo con un semplice sguardo; questo andava al di là di ogni frase stucchevole. C’eravamo visti e conosciuti; o forse è meglio dire “riconosciuti”. Da quel momento, le nostre anime avevano comunicato in un linguaggio tutto loro, fatto di silenzi da parte mia e di imbarazzi da parte sua; e anche se la lista delle conquiste femminili continuava ad allungarsi, Max non si innamorava mai, perché, in fin dei conti, era me che voleva. Solo me. E dentro di sé lo sapeva come lo sapevo io.

Per questo motivo conservai quel fogliettino come una reliquia, per anni.

Mi iscrissi all’università a Bologna e interruppi presto i contatti con Francesca. Diciamo appena dopo le morti di mio padre e di mia madre a  sei mesi l’una dall’altra. A Palermo tornai per i due funerali, non volli vedere nessuno, chiusi ogni possibile via di accesso.

 

Mi ero laureata, avevo trovato quasi subito un lavoro e un fidanzato siciliano: Beppe. La mia vita era andata avanti. Tutto sommato, aveva mostrato clemenza nei miei confronti. Certo, avevo avuto alti e bassi, come tutti. Solo negli ultimi tempi una sensazione di angoscia e ribellione mi era montata dentro arrivando a devastarmi, oltretutto non volendone assolutamente sapere di lasciarmi stare. Decisi di entrare in analisi un anno prima che Max mi contattasse via Facebook.  Desideravo comprendere l’origine della mia insoddisfazione esistenziale, peccato che quanto avevo immaginato essere un morbido tappeto di fiori –il lettino sul quale la mia terapeuta mi faceva stendere – si fosse velocemente tramutato in un roseto di sole spine.

Scoprii di voler vivere la vita di un’altra donna, nonostante alla mia non mancasse nulla; di volere una seconda possibilità, anche se non sapevo dire qual e perché.

E’ stato questo a farmi chiamare Max, di punto in bianco, credo.

In realtà stavo passeggiando, guardavo senza guardare quello che avevo intorno. Questo fino a quando mi si era parato davanti il cartellone pubblicitario di “Star Wars”, che annunciava il quarantesimo anniversario della saga ideata da George Lucas. Mi sembrò un altro segno del destino. Recuperai il numero di Max da una chat di WhatsApp creata da compagni di classe nel tentativo di fissare una “reunion” per festeggiare i venti anni dalla maturità. Max non rispose.  Mi richiamò invece dopo alcune ore, parlava con un tono di voce bassissimo, come fosse dentro un nascondiglio.

“Non potevo. C’è mia moglie che…”

Lo seppi così, perché disse “moglie”. Era sposato.  A distanza di anni voleva comunicarmi che c’era una causa di forza maggiore, qualcosa che si metteva nuovamente di traverso al nostro viaggio. Ma questo, invece di bloccarmi, non fece che aumentare il desiderio di sentirlo nuovamente. Tutte le volte che lo chiamavo, lui si schermiva con un “Non posso” e io immaginavo scenari in cui lei, la moglie, scoprisse i nostri messaggi e le nostre telefonate. Il solo pensiero mi intrigava da morire. Trascorsi mesi interi cibandomi di questa fantasia. Un “Ti richiamo” mi faceva presagire situazioni, spesso catastrofiche, in cui l’ordine delle cose si frantumava in mille pezzi. Poi Max non richiamava e io sentivo, come una sorta di telepatia, la costrizione a cui era soggetto, la sofferenza di non potersi svelare.

Lui mi pensava, mi cercava nelle sue cose di ogni giorno, si svegliava con me e andava a dormire con me. Io, da parte mia, sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene.

Se ne accorse persino Beppe nei nostri incontri sessuali: avevo rispolverato la vecchia passione. Stavo meglio adesso, lui era contento. Non che fossi mai stata di quelle donne che improvvisano un cerchio alla testa, ma da tempo il sesso si era ridotto a un mero dovere di coppia. Però da quando Max era rientrato nella mia vita, avevo avuto un ritorno di passione. Forse non ero mai stata così. Max non prendeva mai l’iniziativa, non era lui a cercarmi. Mi ha fatto piacere sentirti” scriveva, dopo due o tre battute di conversazione; chiudeva con un “A presto”.

Lo capivo. Se solo fossi stata nella stessa città, tutto sarebbe stato più facile, ma dovevo accontentarmi e andare avanti. Ecco, andare avanti. Per questo motivo sentirlo mi diventò indispensabile come l’aria che respiravo.

Con Beppe le cose andavano paradossalmente meglio.

Oltre al sesso, tra noi si era ripristinato il dialogo e, dopo un lungo periodo di stanchezze, era subentrato un nuovo entusiasmo di condivisione. Gli confidai che accarezzavo l’idea di scrivermi a un corso di arrampicata su parete per principianti. Glielo dissi in cucina, mentre stava affettando il pane. Beppe per poco non ci rimise il dito. In casa io sono la pigra, lui è lo sportivo.  Pensò di aver frainteso. Questo per far capire quanto stessi cambiando nella mia vita.

Alternavo momenti di energia per nuove cose da sperimentare a pensieri su Max, nella sua vita quotidiana, a Palermo, di come si comportava, di cosa faceva con la moglie, con i figli, con gli amici.

Una sera mi venne in mente il gelato e mi chiesi che gusto potesse piacergli. Lo annotai  mentalmente;  glielo avrei chiesto la volta successiva, quando ci saremmo risentiti. Poi, senza un perché, scoppiai a piangere. Da sola, o meglio, mentre Beppe e io cenavamo.

Beppe stava parlando di una cosa di lavoro, ma io correvo dietro le mie associazioni mentali sui gusti del gelato che  con lui non c’entravano un bel niente. Di tanto in tanto mi arrivavano brandelli di informazioni a cui annuivo come se stessi veramente ascoltando, ma la mia mente era altrove. E’ stato lì, seduta al tavolo da cucina, a cenare, che ho percepito netta e spietata la delusione di essere trattenuta lontana da Max.

Mi venne un’ansia terribile, come quando soffrivo di attacchi di panico; mi sentii in gabbia, il fiato farsi corto. Beppe, paziente, mi abbracciò.

Alla mia terapeuta raccontai l’accaduto. Lei era a conoscenza del mio amore a distanza come di ogni altro aspetto della mia vita, per cui non fece altro che mettermi davanti ala bivio, andare fino in fondo in questa storia o lasciar perdere per sempre.

Per me , disse, era arrivato il momento di conoscere, di vivere la realtà e non la fantasia.

Fu così che mi venne mente la riunione dei compagni di classe. Quale occasione migliore per poterci vedere, io e Max? Beppe, dal canto suo, mi lasciava libera di scegliere. Dopo quella cena, aveva notato un peggioramento nella mia condizione psichica e non voleva forzarmi in scelte che non avrei approvato, quindi acconsentì. Rivedere la mia città d’origine e le vecchie amicizie, mi avrebbe fatto bene, disse. Così acquistai un biglietto aereo per Palermo e mi imbarcai.

Appena atterrata, ebbi la sensazione di essere altrove, lontana dalle mie cose di sempre, proprio come su un altro pianeta. Mi sentii spaesata, in preda a capogiri inattesi.

E chiamai Max. “Il numero selezionato può essere spento o non raggiungibile” disse la voce metallica dall’altro capo del telefono. Ma io non mi arresi. Riprovai, riprovai, riprovai. Riprovai ancora.

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19 commenti »

  1. Complimenti Maria Angela! Ci lasci con la voglia di leggerti ancora… Ancora e ancora!!!

  2. Una storia moderna scritta con freschezza. Complimenti

  3. Cara Mariangela mi ha incuriosito il tuo racconto poiché la settimana scorsa anche i miei compagni del liceo hanno creato un gruppo al fine di organizzare un incontro entro giugno! Per fortuna non ho conti in sospeso con nessun Max … comunque a parte la mia esperienza personale ho trovato il tuo racconto molto gradevole ed aperto nel finale.
    L’importante é viaggiare, sperimentare per poi capire sé stessi e fare la scelta – che é la cosa più difficile! Io comunque faccio il tifo per Beppe! Complimenti

  4. Grazie Anna e Laura per i vostri commenti.

    Cara Lucia, ti ringrazio di avermi raccontato un evento della tua vita privata che coincide con un fatto riportato nel mio racconto…

    Personalmente credo che sia meglio lasciare il passato lì dov’è e andare avanti; ma mi incuriosiva la scelta del mio personaggio femminile… ho provato a seguirla nelle sue

    considerazioni, visto che si era proprio intestardita!

    Grazie per le tue parole, Lucia, un abbraccio.

  5. Un racconto nel quale la protagonista vive una storia coniugale perché così è la vita, senza convinzioni. La sua insoddisfazione la spinge verso un “canone inverso”, non coscienza di sé ma regressione verso antiche fantasie senza risposta. Decisamente molto attuale. Brava

  6. Nota a margine mi piacerebbe leggessi il mio racconto e mi dicessi in tutta sincerità che ne pensi. Ciao

  7. Grazie Anna Rosa per l’attenzione riservata al mio racconto.

    In bocca al lupo per il concorso.

  8. Che bel racconto! Sicuramente lascia con la voglia di un seguito.

  9. Grazie di cuore Egea.

  10. Mariangela Casulli un bel racconto che ho letto tutto d’un fiato, coinvolgente!

  11. ” La voglia di un seguito” é il più bel complimento che si possa ricevere. Grazie mille, Aldo Menghevoli.

  12. Brava Mariangela! Un racconto non distante dalla probabilità di essere storia reale. E poi un finale che apre la porta alla fantasia di ciascuno. Speranza, soddisfazione, delusione, dolore o chissà cosa? Salto da una possibilità all’altra…

  13. Grazie di cuore Ester per il tuo commento!
    Il finale aperto mi intrigava parecchio…

  14. Oibo’. Si legge tutto d’un fiato e si rimane con la voglia di sapere ! Complimenti.

  15. Grazie di cuore, Elena Marassini.
    Ne sono onorata

  16. Complimenti! Mi è piaciuto molto. Ho apprezzato lo stile molto essenziale che ha esaltato molto bene i fatti essenziali. Certo .., quel Max … potrebbe anche rispondere, no? 🙂

  17. Molto interessante, Mariangela. Trovo che illustri molto bene le dinamiche dei rapporti sociali (e sentimentali) dell’era contemporanea; da un lato fin troppo “accessibili”, dall’altro (e forse proprio per questo) generatori di indecisioni, ripensamenti, ambiguità. La tua protagonista di indecisioni non ne ha, anzi va dritta per la sua strada, e questo per un certo verso le fa onore – per quanto anche io faccia piuttosto il tifo per Beppe!
    Comunque brava, molto ben scritto e gradevole 🙂

  18. Grazie Giada, per l’attenzione dedicata al mio racconto… le tue parole mi hanno emozionata.

  19. Mi è piaciuto molto questo racconto, l’illusione che i grandi amori, in fondo, non finiscano mai, il coraggio di mettersi a nudo davanti ai propri sentimenti e l’amara consapevolezza che lo scorrere della vita è più forte di tutto, anche di quello che si credeva eterno. Scritto benissimo. Complimenti!

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