Premio Racconti nella Rete 2010 “Quel tram venuto dal passato” di Tiziana Fratini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Era una mattina fresca e soleggiata di Febbraio del 2007 e mi apprestavo ad uscire di casa per andare al lavoro. Le cronache quotidiane avevano diffuso la notizia della ricorrenza del centenario della Linea 1, la prima linea tranviaria elettrica urbana di Firenze, che avrebbe coinvolto l’intera comunità del Quartiere Le Cure e non solo, con appropriati festeggiamenti. Mentre mi incamminavo verso la mia solita fermata, lungo i margini del torrente Mugnone, in Via Boccaccio, fantasticavo su quelle atmosfere che avevano dovuto caratterizzare quei luoghi, a me ora familiari, ben un secolo prima. Le strade non dovevano essere caotiche come oggi e i marciapiedi intasati di macchine, di motori, di segnali e di cassonetti per i rifiuti; a incorniciare le vie tra un palazzo e l’altro si potevano scorgere splendidi lampioni a gas e alti cancelli in ferro battuto, ampi spiazzi di verde e sinuose panchine.
Era ancora presto e l’aria pizzicava sulla pelle, dalle colline circostanti si alzavano vapori di nebbia che andavano a mescolarsi ai fumi maleodoranti e fastidiosi dei fondi stradali, e mi rammaricavo dei danni provocati alla bellezza della città d’arte in cui, nel presente, vivevo. Quando ecco finalmente l’autobus…una sagoma con il numero 1 rosso sulla fronte sbuca all’improvviso dalla curva e si avvicina interrompendo qualsiasi mia considerazione. Pian piano i suoi contorni si definiscono e mi accorgo che è un curioso veicolo, rumoroso e con una strana antenna, che al mio cenno si ferma. Ad aprire la portiera è un signore dal berretto col rigido ventino e dai modi gentili: “Prego signora, si accomodi, 20cent a biglietto, prego!”. Imbambolata, mi rendo conto che quello non è il mio autobus ma un vecchio tram! Ai lati di un unico vagone dalle finestre modanate sono seduti diversi passeggeri vestiti stile belle-epoque. Qualcuno sfoglia la “Gazzetta Sportiva” e qualcun altro mi osserva con insistenza. Sento intanto lo stridore delle rotaie sotto i miei piedi e mi ripeto che non ci sono rotaie su Via Boccaccio e lungo Via Borghini e che in quei giorni, per la ricorrenza della Linea 1, i cittadini del territorio delle Cure avrebbero avuto l’occasione di visitare alcuni veicoli da trasporto dell’epoca e che forse questa era una sorpresa, e che sorpresa! “Hanno montato le rotaie in una notte?”. Cerco affannosamente il mio biglietto sul fondo della borsa: “Ecco vede, ho già acquistato il biglietto a terra e mi scusi la distrazione”.
Il controllore con un paio di occhialetti a pince-nez sul naso mi scruta e accenna un sorriso sotto i lunghi baffi impomatati rivolti all’insù: “Signora mia, il biglietto per la Linea 1 non è questo: c’è uno spiacevole inconveniente. Dove è diretta?”. Come nel bel mezzo di una scena teatrale cerco di balbettare qualche spiegazione, di giustificare il mio aspetto e l’acquisto del mio ticket a orario e a quattro timbrature per arrivare fino a Piazza S.Marco, tra lo sguardo attonito del controllore e degli altri inusuali passeggeri. La situazione è al contempo incresciosa e sconcertante, tutti oramai mi fissano come se fossi venuta da un altro pianeta, ma il controllore mi rassicura che avrei potuto regolarizzare il mio viaggio con il pagamento posticipato alla Società dei tranvai fiorentini. Guardo per abitudine il mio orologio da polso, segna le 8.00 in punto e poi dal finestrino scorgo fuori le vedute della città che alla velocità di 20km orari mi passano davanti agli occhi come in un film. Che strano, il cielo è improvvisamente schiarito, di un azzurro terso e gli alberi di Viale dei Mille sembrano più lussureggianti, nessuna macchina in vista ma solo qualche passante qua e là, uomini con cappelli di feltro o pagliette e dame con l’ombrellino. Carretti dai tendaggi colorati con varie mercanzie si dirigono verso Piazza delle Cure per il mercato e qualche calesse con capotte ribaltabile si intravede stazionare o scomparire nelle stradine più interne. “Dove sono finiti tutti gli altri abitanti miei contemporanei? C’è stato lo sgombero per la rievocazione storica al passaggio del tram?”. Il tram intanto giunge dinanzi a Porta San Gallo per poi svoltare in Via Cavour fino alla mia fermata e andare oltre fino a Piazza della Signoria. Decido così di non scendere a Piazza S.Marco e di arrivare almeno fino al Duomo. Il cuore di Firenze pullula di pedoni e di moltissime biciclette, che in maniera sparsa e disordinata attraversano la strada e occupano i marciapiedi, tra venditori ambulanti e carrettieri, facchini e lustrascarpe, fabbricanti di calze. Davanti al Palazzo Medici-Riccardi passa una pattuglia di due carabinieri a cavallo, con ampio mantello e pennacchio rosso sul copricapo, mentre più avanti, al Caffè all’angolo di Via Pucci, un cameriere con gilè scuro e ampio grembiule stretto in vita, appoggiato all’uscio, attende nuove richieste dai clienti ai tavoli. Ciò che più mi stupisce è la pressoché totale assenza di autoveicoli, la confusione vivace e l’aria più pulita e rarefatta, in cui si mescolano le fragranze delle farmacie e delle latterie con l’insegna liberty, le dolcezze appena sfornate delle pasticcerie alla moda, l’odore acre del carbone bruciato emesso dalle stufe per il riscaldamento o del petrolio da illuminazione, e la polvere sollevata continuamente dai cavalli sulle strade. Un ragazzo urlante sul marciapiede agita un giornale nella mano: “Giornali a buon prezzo, comprate Signori e Signore!”. Guardo ancora una volta il mio orologio, ma è fermo alla stessa ora della mia salita, devo scendere in Via Martelli…. Squilla anche il mio cellulare ed un passeggero incuriosito mi chiede: “Che cos’è questo suono?”. Rispondo: “Il futuro!”. E con un velo di nostalgia scendo dal quel tram venuto dal passato, con il numero 1.
Un suggestivo ed inaspettato viaggio nel tempo, narrato dagli occhi sorpresi di una donna.
La forza del racconto sta sia nella minuzia delle descrizioni, brevi e precise, proprio come
gli sguardi attoniti e incuriositi della protagonista, sia nella scelta della tematica universale del tempo,
che passa e che tutto invade.
Nella risposta lampante alla domanda dell’uomo del passato “Cos’è questo suono?”, la protagonista
riesce a rivelare la condizione umana della meraviglia e nel contempo della “paura” di ciò che
ci è sconosciuto!