Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Il treno” di Deepa Minasi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Domenico chiuse la porta di casa dietro di sé. Alla cerimonia funebre avevano partecipato tante persone, ognuna aveva avuto splendide parole per Carmela, ma Domenico non riusciva assolutamente ad accettare che lei fosse morta davvero.

Si spogliò con lentezza, lasciò i vestiti a terra e si mise a letto. Pianse a lungo e fu tormentato dagli incubi.

La mattina dopo si svegliò di soprassalto sentendo il letto vibrare. Rimase in silenzio e in effetti il letto, la cucina e tutto l’edificio oscillavano visibilmente. Si guardò intorno nella luce del mattino e sentì un rumore lontano, un rumore metallico sempre più forte, sempre più vicino. La casa vibrò ancora di più quando Domenico percepì qualcosa che assomigliava all’avanzare delle ruote sui binari. È vero che giù verso il mare c’erano i binari di una vecchia ferrovia ma chissà da quanto tempo erano in disuso. Immerso in quel pensiero stava quasi per riaddormentarsi, quando gli parve di udire delle parole: «Parti, parti». Era come se uno sbuffo di vapore gli stesse dicendo qualcosa. Pensò di esser molto stanco e confuso, prese alcune pillole per dormire e si rimise a letto.

Il giorno dopo un rumore molto simile a quello della mattina precedente lo svegliò. Domenico si alzò, sentì il pavimento vibrare sotto le piante dei piedi e ricadde seduto sul letto. Lo sferragliare del treno si avvicinava sempre più e continuava a far vibrare la stanza. Domenico tese l’orecchio e sentì chiaro il fischio di un treno.

«Parti, adesso puoi». Stavolta era un suono metallico che sembrava articolare delle parole di senso compiuto. Domenico aveva sempre voluto lasciare quel piccolo paese e andare a vivere in città, ma era sempre rimasto là per Carmela, che in quei posti ci era cresciuta.

Si guardò intorno, i mobili che avevano scelto insieme, i regali che si erano scambiati, tutto lì dentro gli ricordava lei. Gli salirono le lacrime agli occhi. Aveva bisogno di uscire, di fare una passeggiata.

La terza mattina Domenico sentì nuovamente il passaggio del treno e quella sorta di voce fatta di metallo e vapore iniziava piano piano ad occupare i suoi pensieri. Era quasi affascinato dall’idea di partire. Carmela tante volte gli aveva detto che sarebbe stata disposta a mollare tutto, ma Domenico aveva sempre temuto che in città lei potesse sentirsi a disagio, così aveva messo a tacere questo desiderio.

Il giorno dopo Domenico si svegliò presto, voleva aspettare il passaggio del treno sulla veranda della cucina. Non erano ancora le sei, aveva il tempo di farsi il caffè. Lo bevve velocemente e uscì, si appoggiò alla balaustra e lasciò vagare lo sguardo sulla distesa di ulivi.

Poco dopo la casa iniziò a vibrare sotto i suoi piedi, sorrise e si sentì sereno, ogni parte del suo corpo oscillava in modo familiare. Udì alla sua sinistra lo sferragliare in lontananza e il fischio del treno. Strinse gli occhi e quando vide la locomotiva e lo sbuffo di vapore scuro salire a confondersi con le nuvole sorrise. Il treno si fermò in stazione.

«Parti, Domenico parti». Appena sentì il treno fischiare e ricominciare a muoversi verso la montagna, Domenico rientrò in casa.

Il quinto giorno si svegliò molto prima dell’alba, preparò alcune cose e uscì. Imboccò la strada verso la stazione dismessa, ci mise una buona mezz’ora per arrivare al piazzale della vecchia stazione. Rallentò il passo e si diresse verso il minuscolo edificio malconcio che stava alla sinistra del piazzale.

Entrò e dopo poco si ritrovò sulla banchina della stazione. I due binari erano completamente arrugginiti e invasi dalle erbacce. Nella tenue luce di quell’alba d’estate Domenico era solo, seduto sulla banchina abbandonata e in attesa di quel treno, del suo treno.

Il tempo passava, Domenico sentiva chiaramente il frusciare del vento e il rumore delle onde. Nessun treno, nessuna voce.

Domenico ebbe il dubbio che tutto fosse solo un’illusione, ma dopo qualche minuto udì un rumore lontano, sollevò il capo e si guardò intorno. A destra il buio. A sinistra, dove i binari si perdevano nella montagna, potè scorgere qualcosa in lontananza, mentre lo sferragliare diventava sempre più forte. Il treno si stava avvicinando lentamente. Domenico si alzò in piedi e aspettò.

Il rumore metallico aumentò fino a sovrastare gli altri suoni, Domenico sentì le ruote stridere sui binari, il treno rallentò finché non gli si fermò davanti.

Domenico lasciò vagare il suo sguardo per l’ultima volta e poi, dando le spalle alla stazione, salì e il treno se lo portò via.

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50 commenti »

  1. La fuga come rimedio a un dolore impossibile da sopportare. Suggestivo, struggente, malinconico. Un filo di speranza lungo come un treno che porta via, lontano, verso un altrove che ha il profumo della speranza.

  2. Ciao Deepa l’ho letto con piacere il tuo racconto.
    Il dolore a volte gioca brutti scherzi…..oppure no:-)
    Mi piace pensare che il tuo bel racconto non sia una illusione ma realtà. Carmela ha continuato ad amare suo marito indicandogli la strada.
    Complimenti perché il tuo modo semplice e diretto di raccontare ha descritto un bel sentimento.

  3. Grazie a te Liliana per aver letto e commentato il mio racconto. Nella realtà della storia il treno arriva davvero!

  4. Mi fa piacere che tu lo abbia apprezzato e che abbia colto il senso della storia. Grazie Luigi per averlo letto e commentato!

  5. Mi è piaciuto davvero molto… E approfitto per chiederti un parere sul mio “La Torretta di Guardia”.

  6. Dove lo porterà il treno? Da Carmela? In città? Nel futuro? Davvero bello. Mentre Domenico aspettava che il treno arrivasse anche io guardavo verso la montagna, in cerca di un segno. E quando ha scorto qualcosa in lontananza, verso la montagna…davvero toccante. Brava!

  7. Ho letto con piacere il tuo racconto Luigi e devo dirti che tutto mi aspettavo tranne che venisse fuori un dilemma filosofico così profondo. Mi hai davvero sorpresa! Bravo!

  8. Matteo ti ringrazio anche qui per aver letto e commentato entrambi i racconti. Molti di noi, chi consapevolmente e chi no, vorrebbero allontanarsi da un posto, da una persona, da una situazione… Domenico alla fine lo fa prendendo un treno che gli parla e che passa da una stazione dismessa. Per andare dove? Chissà!

  9. Felice di averti sorpreso… Posso chiederti di commentare anche in calce al racconto? Grazie mille.

  10. Assai emozionante il tuo racconto e scritto con un linguaggio adeguatamente evocativo.
    Conforta, nel dolore, la prospettiva di un possibile collegamento con chi ci ha lasciato, che ci consigli per il nostro bene.
    Occorre tuttavia tenere conto che la puntualità non è una caratteristica delle nostre ferrovie: quando io non ci sarò più, probabilmente mi rivolgerò ai miei cari modulando il rombo di un’autovettura.
    Bravo.

  11. Ciao Deepa. C’era una meravigliosa poesia di Ferlinghetti, magistralmente interpretata da Gassman, intitolata “La lunga strada” in cui la vita è paragonata a un treno che corre nel nulla La parola finale della poesia è Descend, si scende.La vita è finita, si scende dal treno. Ecco, il più bel complimento che posso farti è proprio questo: il tuo racconto mi ha fatto tornare indietro nel tempo, quando io ascoltai questa poesia recitata da Gassman. Versi che ho amato e amo tantissimo. Grazie.

  12. Grazie Roberto, simpatico il tuo commento! In effetti anche una vecchia autovettura può indicare la strada giusta da prendere.

  13. Ciao Duccio, ammetto la mia ignoranza: non conoscevo Ferlinghetti. Quindi sono io che ti ringrazio per avermelo fatto conoscere. Sono andata a leggere la poesia e l’ho trovata commovente. E’ un onore per me avertela ricordata. Grazie ancora per il tuo bel commento!

  14. @ Duccio, se hai tempo e voglia leggi anche l’altro racconto in concorso “Natale rosso, bianco e blu”. Sono curiosa di sapere che ne pensi!

  15. Ma allora anche tu sei un’inguaribile malinconica!!!!
    Hai conosciuto il dolore vero, e questo lo si capisce da come scrivi. Hai provato così tanto dolore che vorresti sparire, andartene lontano (come me!). Ma poi c’è la paura dell’ignoto, e c’è pure l’amore per quei luoghi che ti hanno resa felice. Tu ami quei luoghi, unici testimoni della tua felicità.
    Vorresti andare, ma non puoi.
    IL CUORE HA LE SUE RAGIONI, CHE LA RAGIONE NON COMPRENDE.

  16. L’ho trovato molto profondo. Anch’io ho una storia su un treno, anche se di genere diverso. Se ti va dagli un’occhiata. Si intitola: “L’ombra nella carcassa di ferro”

  17. Suona un po’ come ‘meglio tardi che mai’.
    Che rimorso non essersela portata via, povera Carmela. Il futuro è di chi resta, ahinoi…

  18. Il vecchio treno, malinconico e salvifico nello stesso tempo, metafora della vita e della morte, degli abbandoni (Carmela portata via dalla morte) e dei ricongiungimenti. Il treno su cui sale Domenico lo riporterà da Carmela? Mi piace pensare di si. Brava, complimenti

  19. Grazie Gabriele, sono passata molto volentieri a leggere il tuo racconto, carino davvero!

  20. Eh si Laura, mi hai scoperta! Tutti noi facciamo i conti con la morte prima o poi, io ho perso una persona cara, carissima qualche anno fa e la mia vita è cambiata completamente. Tante sono le cose positive e bellissime che sono successe dopo, ma ogni volta che qualcosa di nuovo arriva mi chiedo sempre come sarebbe se ci fosse anche lei… Ma la vita è questa: gioie, dolori, perdite ma anche viaggi meravigliosi che chissà dove conducono. Grazie per averlo letto e commentato.

  21. Ciao Arianna, grazie per aver letto e commentato il mio racconto: si di solito è “meglio tardi che mai”, ma il viaggio di Domenico è probabilmente l’ultimo.
    In bocca al lupo per il concorso.

  22. Ciao Ottavio, mi scuso ma mi sono accorta solo ora del commento che hai lasciato al mio racconto. Anche a me piace pensare che il treno lo conduca da Carmela… Anche se malinconica, sono anche maledettamente romantica! Grazie per averlo letto e commentato

  23. Poetico e malinconico. Ho apprezzato anche la brevità: il dono della sintesi.

  24. Bello. Sogno? Realtà? Pensieri? La realtà è quella che sentiamo dentro di noi, anche se altri non la vedono. Così non vedo tanto la fuga quanto un nuovo capitolo. Tutti abbiamo diritto a trovare una pagina bianca da riempire.

  25. Ciao Laura Daniele, grazie per il tuo apprezzamento

  26. Ciao Antonella, bella la tua interpretazione del finale.

  27. L’ho letto pensando a mio marito ogni parola. forse per questo ho visto Carmela come un treno che “passa a prendere” Domenico e lo solleva da un vuoto intollerabile. bello , triste, bello.

  28. Ciao Deepa, il tuo racconto mi è piaciuto ma non ho voluto leggere i commenti precedenti per confrontarmi con gli altri. Scusatemi. La partenza di Domenico, il quinto giorno dopo aver sentito lo sferragliare del treno, mi suggerisce la titubanza nel fare una cosa desiderata ma rifiutata o accantonata per non far soffrire qualcuno (per Domenico era Carmela). Poi fai la cosa perché nulla e nessuno ti trattiene. Il treno questo mezzo di locomozione è la metafora del movimento, dell’azione e del rinnovarsi quando è possibile, come la riattivazione della linea ferroviaria in disuso. In bocca al lupo.
    Emanuele

  29. Ciao Stefania, è proprio così, l’assenza di Carmela scava un vuoto intollerabile, ma il treno fa la sua parte per aiutare Domenico…
    Onorata che ti sia piaciuto. Grazie per averlo letto e commentato

  30. Sono molto tentato di non dare una lettura metaforica e malinconica, ma piuttosto surreale e positiva.
    Mi piace pensare che quel treno, realmente esistito un tempo, possa essere tornato ad esistere e che possa aver portato Domenico in città per scoprire e vivere una nuova vita.
    Complimenti e in bocca al lupo.

  31. A volte, l’unica cosa che rimane da fare, è andarsene.
    Ma se n’e’ andato con Carmela nel cuore.
    In bocca al lupo!

  32. Ciao Emanuele e Valerio,
    grazie per aver letto il racconto, ma vi ringrazio soprattutto per aver voluto portare alla luce un’altra possibile lettura del mio racconto, ovvero come “metafora del movimento, dell’azione, del rinnovarsi”, insomma una lettura “surreale e positiva”. Quella malinconica è in qualche modo più facile, ma questa vostra è più coraggiosa perché prendere per vero un treno che “parla” e che passa da una stazione in disuso, ormai quasi inesistente, vuol dire essere entrati nella storia e credere completamente alla sua verità. Per me è un grande risultato. Grazie ancora ad entrambi.

  33. È vero Carla, a volte l’unica cosa da fare è andarsene, altre volte invece è tornare, come nel caso del treno. Grazie per aver letto e commentato il mio racconto.

  34. Leggo nelle belle parole di questo racconto la malinconia di una grave perdita e, nel treno che passa e che porta lontano Domenico, la possibilità di rinascita attraverso la metabolizzazione del dolore. Sono contenta di averlo letto. Brava e complimenti per la vittoria. Sarà un piacere conoscerti!

  35. Tocchi un tema delicato con estrema sensibilità… brava, te la meriti davvero questa vittoria!
    Ci vediamo a Lucca… e complimenti per il tuo bellissimo nome, particolarissimo!

  36. Cara Deepa, anche se con ritardo ( sono stato fuori tutto il giorno e dove mi trovavo – alcune miglia dalla costa- il segnale di internet non c’era), volevo farti i miei complimenti per questa bella soddisfazione. Se non ti dispiace, approfitto del tuo spazio per rivolgere i complimenti più sinceri a tutti i vincitori. Auguri di cuore a tutti. Ottavio

  37. Ciao Deepa, trovo bello questo tuo racconto. Ci vediamo a Lucca.
    Emanuele

  38. Complimenti Deepa,sono felice della tua vitoria!! Ci vediamo a Lucca!

  39. Grazie Maria, sarà bello conoscerti!

  40. Grazie Marta, complimenti anche a te! Per quanto riguarda il nome, sono di origini indiane e il suo significato è “luce”.

  41. Caro Ottavio, io sono stata senza internet per una settimana e ho fatto i salti mortali per riuscire a leggere tutti i racconti vincitori che non avevo ancora letto. Ci sono riuscita solo con un paio. Mi scuso dunque se anche io rispondo in ritardo al tuo e a tanti altri commenti. Grazie per il tuo sincero apprezzamento, si tratta in effetti di una bella ed inaspettata soddisfazione, onestamente però mi aspettavo di vedere il tuo racconto tra i vincitori piuttosto che il mio, ma sono sicura che prima o poi O’ Cecato troverà un posto su un podio.
    Deepa

  42. Ciao Emanuele, grazie! Ci vediamo a Lucca!

  43. Grazie mille Matteo, anche io sono felice della tua vittoria! Ci vediamo a Lucca!

  44. Il significato del tuo nome è ancora più bello del nome stesso! Wow l’India, deve esser meraviglioso avere questo tipo di origini… tra l’altro adoro la cucina indiana, se hai qualche piatto tipico indiano da consigliarmi, sono tutta orecchie 🙂

  45. Nel rileggere il mio commento al tuo racconto, rettifico soltanto una lettera. Scusandomi immensamente per il refuso, ti ripeto brava. Ti sarà facile riconoscermi a Lucca, sarò quello con il capo cosparso di cenere.

  46. Non preoccuparti Roberto, non c’è alcun problema. Grazie ancora!

  47. Intenso e travolgente, a tratti commovente, complimenti per la vittoria, ti faccio di nuovo i miei complimenti!

  48. Bel ritmo nel tuo racconto intriso di nostalgia e di atmosfere particolari, in cui la realtà si mescola a qualcosa di difficile da definire, che sfugge al vivere quotidiano e che trasporta lontano, come il tuo treno. La realtà viene vissuta su vari livell e quelli che descrivi tu, non sono meno veri.

  49. Grazie Marta!

  50. A parte la scrittura che reputo lineare e semplice, come piace a me,
    ho apprezzato una storia breve, ma intensa e profonda,
    un racconto che parte da un dramma
    e si dipana poi attraverso le immagini eteree di un’illusione, quasi un sogno
    che pian piano diventa realtà.
    Complimenti e a presto, per la presentazione della raccolta.

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