Premio Racconti nella Rete 2015 “La scala dell’amore” di Rosa Amato
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Il corteo avanzava in silenzio, lungo la via che conduce a piazza Mercato, fra i singhiozzi e le urla disperate della gente che conosceva il giovane, rampollo di una delle famiglie più illustri di Napoli. Capeggiato dal Trombetta , grottesco annunciatore delle sentenze emanate dal Tribunale della Vicaria , il corteo era seguito dal Pennone che, fiero e baldanzoso in groppa al suo destriero, si ergeva tra la folla mostrando lo stendardo della giustizia vicereale. Nel bel mezzo del funereo e lugubre corteo, con passo moderato e autorevole, avanzavano i Bianchi della Giustizia che accompagnavano lo sventurato giovanotto, muto ed atterrito dagli eventi delle ultime ore. Le spalle dritte e l’andatura composta non lasciavano dubbi circa la sua appartenenza alla stirpe regale; il passo deciso e lo sguardo altero, mostravano i segni dell’educazione paterna: rigorosa, inflessibile ed autoritaria. A tratti si fermava a contemplare estasiato la vastità del cielo partenopeo e quel cupo ed opprimente tramonto che, circondato da nubi grigiastre, sembrava annunciare la manifesta ingiustizia. Tutt’attorno poteva scorgere le teste miseramente acconciate delle giovani popolane, quelle ricoperte di berretti di fortuna e le consunte pagliette degli uomini della folla. Di colpo le urla e i disperati pianti della gente ammassata in quel luogo, diventavano sempre meno vivi alle sue orecchie e, dileguandosi improvvisamente, lasciavano spazio al ricordo dolce e spensierato di colei che aveva in un attimo rapito il suo cuore.
Era avvenuto tutto due mesi prima, una domenica mattina, quando le foglie d’autunno portate via da un vento leggiadro e non ancora freddo, avevano creato una simpatica spirale attorno ai suoi piedi. Quell’insolito gioco di foglie aveva attirato l’attenzione di una graziosa fanciulla che, passeggiando sottobraccio con la madre, aveva incrociato divertita il suo sguardo. Madonna Lucia era mediamente alta e di corporatura sottile, agghindata e pettinata come si conveniva al suo rango. Vestiva un abito in broccato bianco con ricami d’oro, i lunghi boccoli scuri, sistemati con file di perle, cadevano liberamente sulle sue spalle, una decorazione di pietre preziose ne sottolineava il seno prosperoso e le maniche di raso avorio accompagnavano le braccia fino alle mani, dalle dita lunghe e sottili. Da quel momento non la rivide più ma i suoi occhi vivi e luminosi gli rimasero impressi nella mente e nel cuore. Le fanciulle, soprattutto di alto rango come lei, come s’intuiva dagli abiti raffinati che indossava, erano solite trascorrere il tempo nelle ricche stanze dei loro palazzi dedicandosi in particolar modo al ricamo e al cucito, sempre sorvegliate a vista da rigidissime governanti o dallo sguardo severo dei parenti. Unici svaghi, se così potevano definirsi, erano le messe domenicali alle quali partecipavano in compagnia di parenti o del personale di servizio. Era allora che le poverette, in quasi regime di clausura per l’intera settimana, sceglievano di lanciare sguardi furtivi e sorrisi ammalianti ai giovanotti che sedevano al lato opposto della chiesa. La severità ed il rigore familiare impedivano alle potenziali giovani coppie di frequentarsi e ciò non faceva altro che acuire le loro passioni. Perciò accadeva spesso che i giovanotti innamorati ricorressero ad espedienti pericolosi per incontrare le giovani fanciulle. I più temerari ed intrepidi adoperavano addirittura una scala di corde, nel tentativo di raggiungere di notte la loro camera da letto. Abitudine questa di cui ne approfittarono anche i truffatori, i ladri e i depravati, facendo piombare la città nel terrore di un agguato notturno in casa propria. Fu inevitabile per Don Pedro da Toledo , così come per altri viceré spagnoli che gli succedettero, emanare tra il 1532 e il 1553 una serie di bandi che vietavano l’uso delle scale in qualsiasi circostanza, pur di arginare il dilagare di questi terribili eventi notturni. In aggiunta ai bandi, Don Pedro intensificò l’attività delle ronde notturne, alle quali era stato ordinato di catturare chiunque fosse stato trovato sulle scale per poi condurlo, sine pietas, alla impiccagione o alla decapitazione.
Anche Colantonio scelse questo insano piano e trascorse ore insonni per pianificarlo. Passò un paio di notti presso la casa di Lucia, nascosto dietro ai cumuli di fieno o dietro ai portoni di vecchie case, trattenendo il respiro all’udire dei passanti, soggiogato dal timore che i battiti accelerati del suo cuore potessero tradirlo. Finché una notte, ormai certo che la ronda notturna avesse già svolto il suo servizio di sorveglianza lungo tutte le strade che conducevano alla casa di Lucia, armato di una scala di corda, robusta e lunga quanto bastava per compiere la scellerata azione, si avviò intrepido dalla sua amata. Arrivato al palazzo, dopo aver camminato per i vicoli bui col cuore in gola, con un lancio lungo e deciso sistemò la scala di corda sulla finestra e, in un attimo, veloce e scattante come un agile felino, s’intrufolò nella camera della fanciulla, facendo scomparire, tirandola dietro di sé, la scala amica. Così trascorsero tante notti amandosi fino all’alba!
In una di queste, si apprestava a sgattaiolare via da quel luogo di travolgenti passioni e di nuove promesse quando, avvinghiato alla scala di corda, a pochi passi dal suolo, si sentì afferrare i piedi e le gambe da mani robuste e vigorose, che lo trascinarono per terra immobilizzandolo in men che non si dica. Erano loro, i temuti uomini della ronda notturna, inaspettatamente di passaggio in quella via che avevano battuto un momento prima di congedarsi dalla sua bella amata. Ormai nelle loro mani, colto in flagranza di reato, malmenato più e più volte senza pietà, non aveva scampo e non servirono i pianti della sua dolce Lucia, le suppliche e le implorazioni accorate urlate dalla finestra, affinchè lo lasciassero libero. Colantonio fu immediatamente condotto alle carceri del Tribunale della Vicaria, sito nell’antica fortezza di Castel Capuano. Era un luogo terrificante, dove si contavano circa duemila persone rinchiuse ed ammucchiate in camere senza luce, costrette a cibarsi di pasti dall’odore nauseabondo e dal sapore ripugnante, continuamente vessati dalle angherie dei carcerieri. I nobili erano posti ai piani superiori, più spaziosi ed areati, dove potevano farsi accudire da servitori esterni in tutte le loro necessità corporali. Anche Colantonio, appartenente ad una delle famiglie più illustri di Napoli, fu condotto in una camera ai piani alti dell’edificio carcerario. Confortato per tre giorni di seguito dai frati preposti al servizio spirituale, sottoposto a rapido processo conclusosi con sentenza di condanna a morte, Colantonio venne condotto al patibolo. Dopo aver attraversato in corteo tutti i seggi di Napoli, giunse fino al Mercato dove avvenivano le esecuzioni capitali. Il suono della tromba, di solito preceduto dai colpi di tamburo, era seguito dal rituale messaggio di condanna pronunciato molte volte con voce chiara, ferma e solenne, dal buffo ed inquietante “trombetta della Vicaria” . Le grida di condanna piombarono come meteoriti funeste sulla testa del povero condannato che, esanime e cadaverico, stringeva un crocifisso di legno con tutta la forza che gli restava, come per afferrare gli ultimi istanti di vita. Lo stendardo del Pennone, agitato da un vento impetuoso, avvisaglia di un’ingiusta condanna, si ergeva fra tutti altero ed autoritario quale segno degli Organi della Giustizia, per suscitare timore ed obbligare all’osservanza delle leggi.
Mentre il corteo, con tutta la sua incombente e soffocante tristezza, rallentava il passo, Colantonio rasato, scalzo ed incatenato, veniva condotto sull’altare delle esecuzioni. Lo spregevole aguzzino, grosso e imponente come una colonna di marmo, aveva già sollevato da terra l’enorme mannaia ed era pronto, con indifferente ferocia, a decapitarlo come si fa con gli innocenti capretti. La gente si dimenava, gli urlava contro ogni tipo di bestemmia nel tentativo di fermare quella mano assassina che stava per compiere l’atroce delitto. Colantonio, inginocchiato e con la testa reclinata su un vecchio e macerato tronco di quercia, ascoltava e, aggrappandosi a quell’istinto di sopravvivenza, in cuor suo sperava fino all’ultimo nel ravvedimento del boia. Mentre la campana della chiesa di San Lorenzo batteva i suoi soliti rintocchi, in lontananza si udivano le urla strazianti di una donna alla quale era stato strappato con violenza inaudita l’amore della sua vita. In mezzo a folgori temporalesche, una scrosciante pioggia si abbatteva sulla folla che, piangente, si segnava col segno della croce alla vista del giovane innamorato decapitato.
Ndr:
Nicola Antonio Brancaccio, detto Colantonio, era un giovane nobile appartenente ad un illustre casato. Fu fatto decapitare, per aver trasgredito la legge che vietava l’uso delle scale, nel 1548 a Piazza Mercato a Napoli nonostante l’intervento della principessa di Sulmona Costanza del Carretto Doria e di quasi tutta la nobiltà, tra i pianti della folla che contestava la condanna inflitta dal vicerè spagnolo Don Pedro da Toledo .
Complimenti! L’accurato stile descrittivo catapulta chi legge in un passato reso emozionante dalla storia d’amore e reale dai riferimenti storici. Voto 10+
Concordo con il commento precedente.
Scritto molto molto bene.
Mi permetto di suggerire come ho fatto in un altro caso in questa sede la strada del romanzo poiché il tuo è uno scritto molto accurato e dettegliato e con il racconto breve rischia di essere mortificato.
D altro canto il racconto breve dovrebbe essere più sintetico e fulmineo.
“Era avvenuto tutto due mesi prima, una domenica mattina, quando le foglie d’autunno portate via da un vento leggiadro e non ancora freddo, avevano creato una simpatica spirale attorno ai suoi piedi. Quell’insolito gioco di foglie…..”
Ci tenevo a dirti che ho trovato molto poetica questa parte.
Molto bello. Hai descritto uno spaccato della storia di Napoli triste e romantico fondendo perfettamente storia e narrazione di gradevolissima lettura.
Complimenti.
Rosa ti ringrazio per il tuo commento: il realismo è dovuto al fatto che il racconto è in parte autobiografico.
Mi è piaciuto leggere il tuo: ci si immerge in modo efficace nell’atmosfera del tempo e lo stile è molto coinvolgente nei sentimenti. Non è facile partendo da episodi di storia.
Complimenti
Grazie, Rosa, per aver commentato il mio racconto. Confrontarsi per crescere: questo è il giusto spirito.
Ho letto con interesse “La scala dell’amore”. Il tuo racconto ha una doppia valenza. Da un lato c’è la descrizione puntuale di Napoli, dei quartieri, dei suoi personaggi, che abilmente proietta il lettore nel contesto storico in cui il racconto è ambientato. Dall’altro c’è la struggente storia di due giovani amanti, col suo tragico finale.
Lo stile del testo è scorrevole, agile, fluido. Si legge volentieri. Mi ha ricordato un bellissimo libro che ho letto qualche tempo fa:”Il resto di niente” di Enzo Striano. Complimenti e in bocca al lupo.
Ben architettato, tutto è detto al momento giusto. La descrizione della causa dell’esecuzione è inserita a tempo debito. Il corteo è inesorabile nel suo variopinto incedere. La tempesta finale non lava la coscienza del boia, che, spietato, ha già compiuto il suo dovere. La storia delle scale di corda è simbolo dell’invincibile sete d’amore. Non la conoscevo. Napoli è lo scenario perfetto per un racconto dalle forti emozioni come il tuo. Complimenti, contento di averlo letto
Detto fatto! Ho letto il tuo racconto e sono stato piacevolmente trasportato in un attimo nel lontano 1500 a conoscere una storia altrimenti a me nascosta! Cosa non si faceva per amore a quei tempi!!! Se penso a come viene trattato oggi questo sentimento…..Complimenti per la narrazione serrata e coinvolgente! In bocca al lupo!!
Da napoletano quale sono non potevo non apprezzare il tuo racconto! Sono stato colpito soprattutto dagli scenari, i quali mi ricordano molto “Il resto di niente” di Striano come già ha scritto Maria… poi la descrizione dei personaggi, presi per il loro essere ma soprattutto nel loro fare quotidiano, è sublime. Complimenti!
Grande! Complimenti per l’accuratezza: sembra di essere lì!
Io sono una patita della storia e spesso scrivo racconti storici.
Davvero brava!
Grazie Alessandro e Natalia per aver letto il mio racconto e averlo commentato!Incrociamo le dita e in bocca al lupo a tutti voi! :))
Vedo incedere quel corteo con la miseria che porta. Lento ed inesorabile. Scritto molto dettagliato ma non pesante, conduce con la giusta velocità il lettore ad un finale che coerentemente non cede al buonismo. Non so come altro spiegarmi, ma è un racconto con le giuste proporzioni.
Molto suggestivo questo racconto. Concordo con altri che mi hanno preceduto nella bella descrizione corale e popolana della Napoli del ‘ 500. Mi sconvolgono sempre le storie che hanno a che fare con le esecuzioni capitali perché sono molto distanti dal mio modo di concepire la gestione della “colpa”. Molto “cristica” la pioggia appena avvenuta l esecuzione: il cielo che lava l ingiustizia? Le lacrime dell amata che diventano pioggia? Un po’ come il velo del tempio che si squarcia, il cielo che si fa nero…
Complimenti x il bel ritratto storico e romantico!
Una narrazione dal sapore antico che ricorda tanti capolavori della nostra letteratura….uno stile molto preciso ed elegante, ti faccio i complimenti e ti ringrazio per aver letto il mio racconto 🙂
Un bel connubio tra cronaca e narrazione, un modo avvincente per farci conoscere uno spaccato della nostra storia.
Complimenti!
P.S. E poi: come non sentirmi solidale col protagonista, visto il mio cognome?
Adoro le storie che fanno rivivere il passato! I personaggi, gli eventi e i dettagli riprendono vita addensandosi, sì è vero forse anche un pò sacrificati nello spazio, in un tempo che dilatandosi permette al lettore di “vedere” come se fosse una cronaca di ora. Annullando il tempo e lo spazio…
Grazie per questa storia. E’ veramente ben scritta, con descrizioni che ti portano letteralmente li’, vicino ai personaggi.
In questo racconto io vedo i presupposti per un romanzo.
Complimenti
Ciao Rosa…ti ringrazio per avere commentato il mio racconto e ricambio in tutta sincerità i complimenti! Hai scritto un racconto bellissimo…non deve essere facile,( io non ci ho ancora provato) descrivere un tempo che non è il nostro, ma tu sei riuscita a farlo molto bene, secondo me, in modo dettagliato e delicato. Brava, in bocca al lupo!!
Letto e piaciuto molto. L’amore argomento che non ha epoca universale nei tempi nelle epoche e assurdo come i costumi di un tempo e il proibizionismo portassero gli uomini nelle condizioni di fare follie per vivere passioni nate da semplici sguardi. Il racconto e’ davvero dettagliato e coinvolgente ….grazie per le emozioni che mi hai regalato
Bello e ben scritto. Complimenti.
brava, e grazie per aver commentato il mio, il mio finale è aperto
Grazie a tutti per aver commentato il mio racconto! Il mio è un racconto storico che ha richiesto lo studio di fonti del Cinquecento a Napoli. Ho letto molti racconti che mi tolgono il fiato, che mi emozionano e rappresentano per me uno stimolo a scrivere sempre meglio perché quando un racconto ti lascia emozioni, quando ti fa riflettere e ti rimane impresso, ecco……allora vuol dire che l’autore ha raggiunto il cuore dei lettori! ! Grazie per i vostri insegnamenti!
complimenti Rosa! Hai saputo tratteggiare con eleganza un periodo storico importantissimo per la città di Napoli. E non sempre è facile narrare fatti storici con la tua leggerezza!
Ben scritto e ben costruito, con un ritmo uniforme e avvolgente – insolito in un racconto breve- sostenuto dai dettagli storici e di costume. Le frasi lunghe si adattano perfettamente alla vicenda e al periodo. Brava e in bocca al lupo.